LA GUERRA DI MARIO

2005100'14+  

Il piccolo Mario, vittima di maltrattamenti familiari, viene affidato dal tribunale a una coppia non sposata della borghesia intellettuale napoletana. L’inserimento nella nuova famiglia non va come previsto: Giulia ricopre Mario di un amore generoso, ma privo di regole; Sandro non riesce a entrare in rapporto con lui, e finisce per allontanarsi anche da Giulia; Mario si chiude in un mondo inaccessibile, fatto di ricordi, immaginazione e durezze. 

Valori Educativi



Grande merito dell’autore è aver affrontato il tema dell’adozione, anche se sembra che propenda più per un amore senza regole, più che verso un impegno educativo

Pubblico

14+

Una scena sensuale, linguaggio volgare

Giudizio Artistico



Ottima interpretazione di Valeria Golino. Capuano, con uno stile scabro, che concede poco al patetismo a alla lacrima facile e una sceneggiatura molto attenta alle parole, sa affrontare un difficile problema con una difficile soluzione

Cast & Crew

Our Review

La guerra di cui parla questo intenso e problematico film di Antonio Capuano è quella che tutti dobbiamo combattere, ogni giorno, contro una realtà che ci chiama continuamente a rischiare, a esporci, ad azzardare un contatto. È la guerra che dobbiamo fare a noi stessi, in ogni istante, per entrare in comunicazione con l’altro. La guerra di Mario, bambino difficile, alle spalle un’infanzia di abusi e violenza, che si chiude in un mondo impenetrabile di ricordi e immaginazione. La guerra di Giulia, la sua madre “temporanea”, che lo investe di un amore incondizionato eppure insufficiente, fatto di trasporto sincero ma anche di evidente inadeguatezza.

Sono molte le provocazioni messe a fuoco da questa storia di un affido familiare non riuscito, ambientata in una Napoli poco conciliante, divisa tra i bassifondi degradati di Ponticelli e le panoramiche mozzafiato di Posillipo, che invano si sforzano di stabilire un dialogo.

Ma al centro della riflessione di Capuano non c’è tanto un atto di accusa contro la società e la sua divisione in caste, così estrema ed evidente in una città come Napoli: c’è piuttosto un viaggio, più profondo e radicale, nel concetto stesso di accoglienza. Cosa significa accogliere? Come si può aprirsi veramente all’altro, procurargli quello di cui ha bisogno?

“Come farà a essere felice?” È questa la domanda che accompagna il bel personaggio di Giulia, splendidamente interpretato da una intensa Valeria Golino. Giulia è benestante, colta, bella, in più ha anche un grande cuore, e con Mario ha davvero voglia di mettersi in gioco, senza riserve. Eppure tutto questo non basterà. Non solo perché le assistenti sociali e la psicologa, con i loro scrupoli giusti ma un po’ “burocratici”, cercano di dare delle regole alla impulsiva permissività del suo amore. Non solo perché Sandro, il suo compagno, nonostante tutta la buona volontà, non riesce a entrare in rapporto con Mario, che lo tiene fuori dal suo mondo, allontanandolo a poco a poco anche da Giulia. Non solo perché Mario non è semplicemente la somma dei suoi problemi. Non solo perché Giulia commette un errore nel tentativo utopico di mantenere i rapporti con la famiglia di origine, una coppia che vive nello sfacelo, prima umano che sociale.

A ben vedere, il vero errore di Giulia – e di Capuano, che tifa chiaramente per lei nel “braccio di ferro” con le assistenti sociali – è quello di pensare che “Mario non vuole essere educato, vuole essere accolto”.

Il punto è che accoglienza ed educazione sono due facce della stessa realtà: non educhi se non accogli, ma non accogli veramente se non educhi. Perché Mario cresca libero e felice, come Giulia giustamente si augura, ci vuole anche qualcuno che sappia dirgli di no, che gli dia un’ipotesi di vita, e non si limiti a lasciarlo esprimere. Contrariamente a come li rappresentano Capuano e tanti altri cineasti, i bambini non sono creature “pure” e sapienti che hanno solo da insegnare ad adulti immaturi: al contrario, per crescere felice, un bambino ha strutturalmente bisogno di non essere sempre assecondato, di capire che non tutto ciò che è auto-espressione è automaticamente buono. Essere introdotti alla realtà significa anche questo, ed è più facile impararlo dentro una famiglia, in cui padre e madre si sostengano e si completino nel ruolo educativo.

Infatti, anche se nel film suona come una palese “ingiustizia” (almeno come contraccolpo emotivo), la considerazione finale delle assistenti sociali, e cioè che Mario abbia bisogno di una famiglia unita, con un padre e una madre regolarmente sposati, non è affatto inadeguata.

Ma resta profondamente vera anche l’intuizione iniziale di Giulia, e cioè che se per prima cosa non si accoglie, non si potrà mai entrare in contatto con l’altro. Infatti Sandro, ancora troppo poco disposto a “rischiare”, rimane tagliato fuori dal misterioso, imperfetto eppure forte, reale, commovente legame creatosi tra Mario e la sua madre temporanea, che a poco a poco, dopo aver tanto aspettato, si sente finalmente chiamare “mamma”.

Giulia, che con Mario ha conosciuto la “gioia della responsabilità”, ma ha scoperto anche la sua manchevolezza, si troverà infine di fronte a una maternità naturale, del tutto imprevista. E solo allora si renderà conto di quanto, a sua volta, le sia mancato un esempio positivo a cui guardare. Di quanto sia dura crescere un bambino, se per primi si è stati abbandonati. Di come essere soli renda il compito educativo ancora più difficile.

Con uno stile scabro, che concede poco al patetismo a alla lacrima facile, e una sceneggiatura molto attenta alle parole, Capuano ci mette di fronte ad alcuni nodi fondamentali della nostra esperienza e della nostra società: la maternità, l’accoglienza, l’educazione, la necessità di avere qualcuno da cui imparare tutto questo. La chiave è problematica, non ci sono risposte chiare, anche perché la storia lascia irrisolti alcuni fondamentali punti interrogativi, non spiegandoci i motivi per cui hanno ragione o sbagliano Giulia e gli assistenti sociali. L’impressione finale, comunque, è che il film sia sbilanciato verso un elogio dell’amore senza regole, che tuttavia non può essere una vera risposta al problema educativo. Resta il merito di aver affrontato l’argomento, e con grande radicalità. Di questi tempi non è poco.

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale LA GUERRA DI MARIO
Paese Italia
Etichetta
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