I segreti di Brokeback Mountain Gli amori etero sono uguali a quelli omosessuali?

Natalia Aspesi, nel recensire su  Repubblica  il film di Ang Lee,  esclama: “finalmente una grande storia d’amore…”.  Un giornale americano di St Louis (StlToday) è arrivato ad affermare: “It’s simply one of the greatest love stories in film history”.  La grande maggioranza dei critici concorda nel ritenere che il fatto che la storia d’amore si sviluppi fra due uomini costituisce un fattore non rilevante anzi, “se la vicenda si svolgesse tra un uomo e una donna  risulterebbe melensa, sdolcinata” (Lietta Tornabuoni su La Stampa).

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La tesi dell’ equivalenza fra amori etero ed omosessuali era tata  più volte dichiarata negli scritti di vari autori, ma era mancata l’occasione per  propagarla attraverso il cinema, uno degli strumenti più potenti per la costruzione di una cultura popolare. Ora  questa opportunità è arrivata  e nel modo più eclatante: l’attenta regia di Ang Lee, la dolente sceneggiatura di McMurtry e Diana Ossana e l’ottima interpretazione di Heath Ledger hanno  fatto guadagnare al film il Leone d’Oro di Venezia e tre Oscar 2006, fra cui quello per la regia e la sceneggiatura non originale.

In realtà il film non sviluppa una tesi di equivalenza, ma qualcosa di più: occorre infatti sottolineare che i due protagonisti non sono omosessuali, intendendo con questa espressione delle persone che  percepiscono indifferenza se non avversione per l’altro sesso e attrazione per il proprio; non si tratta di un film alla Almodovar, tanto per intenderci. I due protagonisti possono venir definiti come persone normali (certo, con alcune debolezze caratteriali, ma chi non ne ha) che a causa di una situazione del tutto eccezionale (lunghi mesi passati da soli fra le montagne) hanno avviato un rapporto omosessuale. Quando sono ritornati a valle e la loro vita si è avviata su binari “tradizionali” (entrambi si sono sposati e hanno avuto figli)  ma hanno continuato a percepire quel loro rapporto sessuato come più forte, più intenso, quindi superiore agli altri affetti che si erano nel frattempo costruiti. Il messaggio che viene trasmesso è quindi molto più tagliente e conturbante: “Tu spettatore, che ti credi al sicuro perché ti consideri diverso da “quegli altri” sappi che in qualunque momento, dentro te stesso, può nascere quello stesso tipo di attrazione e ti accorgerai di non esser poi tanto diverso”.

Il fatto che la tesi sostenuta  sia stata percepita non come un gesto di rottura ma bensì come qualcosa che, se non generalmente accettato, almeno di ipotesi possibile, ciò è dovuto, a mio avviso,  a due lunghi cammini paralleli che si sono svolti negli ultimi decenni: un cammino discendente dell’amore uomo-donna che ha cessato di essere quello che deve essere e un cammino ascendente delle relazioni omosessuali che hanno travalicato il loro ambito.

Mi  limito naturalmente ad analizzare il fenomeno da un punto di vista mediatico,  in particolare come  esso è stato presentato attraverso cinema e di come tale messaggio è stato  accolto.

 

La discesa dell’amore uomo-donna

In Italia c’era un tempo in cui un ragazzo e una ragazza, ad un certo momento del loro sviluppo, si sentivano maturi per lasciare la propria famiglia e formarsene una propria trovando il compagno, la compagna della propria vita. Commedie semplici e divertenti come Poveri ma belli (1957) raccontavano di giovani che dopo aver sognato di vivere in mondi che non erano  i loro,  ritornavano alla non esaltante ma pur sempre alla “loro” realtà e si sposavano con ragazze del quartiere. Non occorreva avere una forte fede religiosa, ma era come presente nei cromosomi dell’intera società il principio che la vocazione all’amore e a esprimere la propria sessualità trovasse il suo luogo d’elezione nel matrimonio e di conseguenza  nel desiderare di avere figli da tale unione. Amore-sessualità- generazione di nuove vite erano, nella percezione comune, fra loro unificate in un’unica realtà: il matrimonio.


Come tutti sappiamo la società  si è poi trasformata, la giusta emancipazione femminile ha avuto una strana, non necessaria connessione con due leggi e poi con due referendum: quello sul divorzio e quello sull’aborto. Non sono stati certamente quei  due momenti referendari  le cause esclusive del cambiamento della percezione di certi valori, ma siccome ci stiamo occupando di messaggi mediatici, sono sicuramente stati dei forti marcatori di tale evoluzione. Mentre nel primo referendum tante buone persone andarono a votare per consentire a quelle poche (allora) unioni fallite di potersi sciogliere e l’impatto generale, non su pochi, ma su tutti, fu quello di un sempre maggior disimpegno dall’obbligo di fedeltà (oggi siamo arrivati al 40% dei divorzi fra le coppie giovani) e mentre nel referendum sull’aborto tante brave persone andarono a votare perché finisse la piaga  degli aborti clandestini (statisticamente poco rilevanti), l’impatto mediatico, non per pochi ma per tutti fu ben altro: la legalizzazione dell’aborto, punta estrema di una mentalità contraccettiva,  ufficializzava definitivamente il principio che la sessualità  ha un suo valore di per se stessa, svincolato dalla sua funzione procreativa e da qualsiasi riferimento familiare.

Il fenomeno più vistoso, conseguente a tale approccio è stata la diffusione della pratica della convivenza (possibile solo grazie a una visione non generativa dell’unione uomo-donna) e più in generale l’impiego della sessualità come forma espressiva di  rapporti non legati a solenni promesse ma più genericamente ad  “affettuose amicizie”.

E’ a questo punto della storia che si è reso necessario enfatizzare un tipo di amore più consono alla  situazione che si era venuta a creare.

Un amore cioè rinchiuso all’interno dei due amanti, che solo da loro due trae alimento ed energia (ma allo stesso tempo la può perdere), decontestualizzato,  come sospeso nel vuoto, fuori da qualsiasi impegno per costruire qualcosa o dall’esplicita volontà di generare un figlio. Amore vero, dirà qualcuno, perché non condizionato da alcunché ma anche così fragile, perché privo di ogni necessità di agganciarsi alla realtà esterna; un amore che arriva misteriosamente e misteriosamente se ne può andare.

Questo amore vive del solo presente, coincide con ciò che ci si sente dentro;  se il cuore batte forte tutto va bene; se si raffredda, è tempo di lasciarsi. Si tratta di un amore che è rimasto come bloccato in una fase adolescenziale.

Non è più l’espressione di una persona matura che decide di prendere in pugno la propria vita, di trovarsi il proprio compagno/a con cui condividerla e di incamminarsi insieme lungo binari che loro stessi si sono costruiti.  Questo amore maturo non resta chiuso in se stesso ma si protende verso il futuro e verso gli altri, prima di tutto nei confronti dei figli che attende con ansia e poi verso la famiglia allargata dei parenti di cui si sente  parte integrante. Per quest’ultimo tipo di amore ritengo molto valida la definizione data dagli antichi: “volere le stesse cose e rifiutare  le stesse cose” che rende bene l’idea di un progetto condiviso.

I film di Muccino hanno rappresentato molto bene questa nuova generazione di trentenni rimasti adolescenti: ne L’Ultimo bacio (2001): c’è chi, pur in attesa di un figlio, non resiste alla tentazione di concedersi un avventura con una liceale ; chi è sposato e alle prese con un figlio appena nato, non sa fare altro che litigare con la moglie per questo “fastidio” che sta tarpando le ali alle sue migliori fantasie. Alla fine la combriccola dei trentenni decide di  partire per l’ Africa, in cerca di sempre nuove avventure.

L’italiano Manuale d’amore (2005)  teorizza bene questa nuova forma di amore deresponsabilizzato e incontrollabile:  "L'uomo non sa perché si innamora: ne viene travolto e basta", mentre il film inglese Love Actually (2003; potremmo tradurre: “l’amore per davvero”) conferma che con questo tipo di amore  tutto è lecito (anche sottrarre la moglie al migliore amico, abbandonare una famiglia con tre figli) perché “ciò che ci si sente dentro” è un dittatore a cui non ci si può e non ci si deve opporre.

 

I segreti di Borkeback Mountain, finanziato dalla associazione dei cow boy gay canadesi, riproduce questo stesso tipo  di amore  deresponsabilizzato, puramente sensitivo e  psicologicamente sterileapplicato a una relazione omosessuale.I due giovani, dopo quella loro estate sulle montagne, si sposano ed hanno dei figli ma nonostante questo, quando si rivedono scoprono il riaccendersi dell’antica passione e decidono appena possono, di incontrarsi come amanti clandestini per brevi weekend ai bordi di romantici laghetti.

Sono questi i passaggi dove la storia stride maggiormente e dimostra la voglia di sviluppare una tesi: Ennis ha una moglie dolcissima e comprensiva e due bambine che frignano la notte ( ma quale padre chi non  ha superato felicemente questi momenti?); Jack, invidiato per la sua bella moglie, ha contasti con il suocero (alzi la mano chi non ha problemi simili):  sono le classiche situazioni, sperimentate da tante coppie, che servono per maturare, per riconfermare il proprio affiatamento e ritrovare l’orgoglio di far crescere la propria famiglia. Niente di questo succede in Jack e in Ennis: anche loro si mostrano degli adolescenti mal cresciuti alla “Muccino”, che preferiscono riprodurre all’infinito quell’unico momento magico vissuto ormai tanti anni fa, sradicato da qualunque riferimento alla vita reale. Dal dialogo fra i due si accenna al loro desiderio di decidersi a vivere finalmente da soli ma le convenzioni correnti e perfino la minaccia di rappresaglie cruente li trattengono (il film è ambientato negli anni '60, quando certe forme di intolleranza accadevano). A questo punto il pubblico inizia a commuoversi, immedesimandosi in quest’amore sfortunato. In realtà, con o senza la presenza di ostacoli esterni, il  disagio che essi provano e che nessuno potrà loro eliminare è quello degli amanti di sempre, sia etero che mono, che vorrebbero abbandonare la  famiglia: quello di aver perso l’armonia con se stessi e con le persone di cui ci si è assunti delle responsabilità.  

L’ascesa dell’amore omosessuale

Passiamo ora all’altro aspetto del problema e facciamo un rapido excursus su come è stata trattato il tema dell’omosessualità nel cinema: non parlo di film per il circuito gay, ma di come produzioni per il grande pubblico hanno affrontato l’argomento.

Per molti anni l’omosessuale è stato tratteggiato con atteggiamenti ironici se non di derisione: fra i tanti, potrei citare il barbiere effeminato di Aurora (1927) o il sarto che ne approfitta mentre prende le misure a Spencer Tracy in Il padre della sposa (1950) . Gli autori potevano permettersi quelle caricature non per voler essere  irriverenti ma perché sapevano di trovare, purtroppo, la connivenza di un vasto pubblico. Ancora nei film alla fine degli anni ‘50 non si poteva trattare dell’argomento se non come preludio a una tragedia: riferimenti  chiari ma sempre impliciti ci sono venuti dalle trasposizioni cinematografiche dei drammi di Tennessee Williams (La gatta sul tetto che scotta del ’58 o Improvvisamente l’estate scorsa del ’59). Successivamente è iniziata la fase della denuncia delle discriminazioni subite, soprattutto nel mondo del lavoro, sotto forma di dramma (Philadelphia -1993: un avvocato perde il lavoro) o di commedia (In &Out -1998:un professore viene allontanato dall’università) anche se non mancano scherzose allusioni a una forma di privilegio alla rovescia per chi è omosessuale come in L’apparenza inganna (Francis Veber – 2001).

Si è trattato di un atteggiamento intorno al quale poteva venir raccolto un ampio consenso, che  avrebbe  potuto chiudere un lungo periodo di discriminazioni nell’ambito dei diritti civili che in Italia avevano avuto l’epicentro  ai tempi del fascismo (così ben raccontate in Una giornata particolare di Ettore Scola – 1977). Si sarebbe potuto lavorare per garantire un rispetto reciproco nella diversità, definire una chiara legislazione contro ogni discriminazione nell’ambito del lavoro e pari dignità in ogni impegno civile, ciascuno restando se stesso e garantendo comunque a tutti la libertà di espressione su questo tema.

Le cose non stanno andando in questa direzione.

La finestra di fronte(2003)in modo più sfumato e ora I segreti di Brokeback Mountain in modo più esplicito stabiliscono, sempre dal nostro punto di osservazione, quello filmico,  un nuovo traguardo: la dichiarazione di uguaglianza non arriva solo a equiparare l’amore di persone con inclinazioni diverse, ma nel film di Ang Lee diventa una variante di scelta potenzialmente accettabile all’interno di ciascun uomo.

L’incontro fra i due cammini

La proposta di inserimento nella nostra legislazione nei PACS, validi sia per coppie eterosessuali che omosessuali, sancirebbero definitivamente l’incontro dei due cammini.  

Se ci sarà una legge e magari un referendum sui PACS, se dovesse venir applicata la recente risoluzione di Strasburgo sulla omofobia che propone la promozione nelle scuole di una mentalità di non discriminazione nella uguaglianza, invece che di non discriminazione nella diversità, le solite persone buone saranno favorevoli all’iniziativa perché riterranno giusto concedere una forma di matrimonio a questa minoranza (forse non più del 2% della popolazione è realmente omosessuale) ma in compenso, ciò che avrà un impatto non per pochi, ma per tutti, sarà la costruzione di un “comune sentire” di accettazione di tale equivalenza.

La lancetta dell’orologio della sessualità, se prima era rimasta ancorata alla  sua funzione generativa  e poi, una volta svincolata, aveva iniziato a spostarsi nel quadrante delle affettuose amicizie ma pur sempre eterosessuali; ora si andrebbe  a spostare,  nella percezione  comune, nel settore  delle  amicizie dello stesso sesso, del cameratismo, della generica compagnia.

Allora alle generazioni che nasceranno  dopo tale legge, quando confideranno  ai genitori di essersi innamorati, bisognerà sempre accertarsi se stanno parlando di un "lui" o di una "lei".

Secondo il  mio punto di vista,  se siamo arrivati a questa prospettiva di congiunzione dei due cammini ciò è dovuto, più che al successo di chi ha propagandato l’ideologia gay, al demerito di chi ha sistematicamente screditato i valori dell’amore coniugale.

Al cinema si evita sempre di rappresentare situazioni “normali” perché attirano poco il pubblico. Dal momento però che lo sposarsi, restare fedeli è diventato un atto eroico, come ha così bene dimostrato il film Casomai (2002), è probabile che si troveranno presto sceneggiatori disposti a raccontare storie di coppie che cercano di costruire insieme  un piccolo ma magnifico progetto, adatto per donne e uomini forti.

Autore: Franco Olearo

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Titolo Originale I segreti di Brokeback Mountain
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