VERO COME LA FINZIONE

2006113'14+  

 Sovrapponendo due territori già esplorati in precedenti film, il rapporto tra l’artista e la creazione letteraria (Neverland) e il mistero dei percorsi della mente umana (Stay-Nei labirinti della mente), il regista Marc Forster ha realizzato Vero come la finzione, un nuovo viaggio sospeso tra la realtà e la fantasia, in un mondo che ha molte delle caratteristiche di quello reale, ma che, nello stesso tempo, è frutto di un evidente artificio.

Valori Educativi



La storia offre una morale senz’altro corretta, molto yankee, sulla necessità di prendere in mano la propria vita e i propri desideri per cambiare non solo un destino già scritto, ma anche le esistenze delle persone intorno a sé

Pubblico

14+

Una scena sensuale

Giudizio Artistico



Il film non sembra all’altezza dell’intuizione iniziale che viene affossata da un ritmo troppo lento e da una sceneggiatura che punta su personaggi e contrapposizioni prevedibili, manichei, ai limiti della stilizzazione.

Cast & Crew

Our Review

Cosa può succedere se un uomo qualunque si accorge di essere il protagonista di un romanzo in fieri? L’idea è ardita, certamente stuzzicante per chi ama concedersi, ogni tanto, un piccolo deragliamento dai comandamenti di verosimiglianza del cinema narrativo classico. Lo svolgimento, tuttavia, non sembra fino in fondo all’altezza dell’intuizione iniziale: sebbene proponga una parabola umana compiuta e positiva, infatti, la storia di Harold Flick, novello “personaggio in cerca d’autore”, viene affossata da un ritmo troppo lento e da una sceneggiatura che punta supersonaggi e contrapposizioni prevedibili, manichei, ai limiti della stilizzazione. E così, anche se non mancano ammiccamenti e citazioni, soprattutto a livello stilistico, al noto Truman Show, evaporano in Vero come la finzione la potenza visionaria e la forza provocatoria del film di Peter Weir.

Che la vita di Harold Flick abbia bisogno di un bello scossone è evidente fin dalle primissime sequenze: il timido e metodico esattore delle tasse al centro del racconto della scrittrice Karen Eiffel, infatti, è uno che conta il numero di colpi di spazzolino ogni mattina! Come se non bastasse, tutte le azioni di Harold, incredibilmente monotone e ripetitive, sono scandite da un puntualissimo orologio-cronometro e visualizzate da griglie di numeri, tanto per sottolineare che il nostro protagonista vive la vita come uno schema, senza chiedere né desiderare nulla di più.

Basterà pochissimo a cambiare le carte in tavola: la scoperta di essere il protagonista di un racconto dal finale tragico, e, soprattutto, la folgorazione per una bella fornaia anarchica e colorata, come da copione tutto il contrario del noioso Harold.

L’idea che sia il personaggio, forte di un cambiamento interiore vissuto nella vita reale, a prendere in mano la propria vita, fino a cambiare un finale già scritto, è buona e poteva essere giocata in tanti modi. Diciamo che il film di Forster sceglie la via più lineare e indolore per il suo Harold, che senza eccessivo sforzo trova in breve tempo quello di cui la sua vita era del tutto mancante, l’amicizia e l’amore.

La love story risente di una evidente costruzione a tavolino, ma sta in piedi per la bella alchimia che scatta tra il monocorde Farrell e la sensuale Gyllenhaal; l’ingresso nella storia del professor Dustin Hoffman e della sua bizzarra consulenza letteraria regala un pizzico di vivacità in più, la Thompson è brava nel restituire le crisi e la fragilità di una scrittrice con il blocco della pagina bianca; la storia offre una morale senz’altro corretta, molto yankee, sulla necessità di prendere in mano la propria vita e i propri desideri per cambiare non solo un destino già scritto, ma anche le esistenze delle persone intorno a sé (il cambiamento di Harold, infatti funziona come catalizzatore per la trasformazione della stessa Karen, che per la prima volta nella sua carriera scrive una storia a lieto fine). Così come apprezzabile è l’idea che, dentro l’esperienza dell’amore e del risveglio della propria individualità, le cose più banali diventano improvvisamente significative, se non decisive.

Peccato, però, che tutti questi ingredienti siano dosati e amalgamati in modo piuttosto scolastico, senza aperture impreviste della trama e senza veri elementi di perturbazione nel percorso dei personaggi, che risultano incapaci di coinvolgere profondamente lo spettatore, perché usati in fondo come gli elementi di una formula. Il risultato è un film lento, a tratti noioso, pieno di metafore spiattellate (l’orologio, i numeri, i dolci) ma visivamente poco coraggioso, troppo programmatico per tradurre in una storia davvero toccante l’originalità dell’idea iniziale.

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale Stranger Than Fiction
Paese USA
Etichetta
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