RAPITO (Franco Olearo)

2023134 min14+ Amore e Famiglia, FedeAmore per i figli

Il regista Marco Bellocchio impiega la sua consumata professionalità nel proporci il caso Mortara non sottolineando l’eccezionalità di quell’evento in un contesto storico molto particolare ma impiegandolo come paradigma di validità universale per dimostrare come qualsiasi fede possa generare solo intolleranza e crudeltà. In Sala

 

La sera del 23 giugno 1848, a Bologna, che a quel tempo  faceva parte dello Stato Pontificio, la Gendarmeria bussò alla porta di casa di Momolo e Marianna Mortara e dei loro otto figli. Avevano l’ordine di prelevare uno dei loro figli, il piccolo Edgardo di sei anni, per educarlo alla fede cattolica, dal momento che a loro risultava battezzato. Alla fine i genitori dovettero cedere ma attraverso le comunità rabbiniche d’Europa e d’America, riuscirono a organizzare  una campagna internazionale diplomatica e di stampa contro la decisione del Papa. Il Papa non cedette e Edgardo fu educato nella Casa dei Catecumeni a Roma con la possibilità di vedere saltuariamente i genitori. Incontrò anche più volte il Papa Pio IX che si mostrò  affettuoso nei suoi confronti.  Quando, dopo la Seconda Guerra di indipendenza, Bologna entrò a far parte del Regno D’Italia, i coniugi Mortara riuscirono  a intentare un processo civile contro il domenicano Pier Gaetano Feletti che aveva emesso l’ordine di prelevare il ragazzo. Durante il processo si comprese meglio ciò che era accaduto. Era stata la domestica cattolica dei Mortara, Anna Morisi,  che vedendo Edgardo di pochi mesi gravemente ammalato, lo ritenne in fin di vita e gli impartì il battesimo. Gaetano Feletti venne assolto da ogni accusa perché si era limitato ad eseguire degli ordini. Nel 1867 Edgardo entrò nel noviziato dei Canonici Regolari Lateranensi e quando, dopo la breccia di Porta Pia, nel 1870, poté incontrare di nuovo i genitori e il fratello maggiore Riccardo, ora tenente dei Bersaglieri, Edgardo confermò la sua fede cattolica e la sua vocazione sacerdotale, rifiutandosi di tornare in famiglia.


Valori Educativi



Marco Bellocchio recupera il “caso Mortara” per dare sostegno alla sua fede atea, indicandolo non come una caso eccezionale avvenuto in tempi eccezionali ma additandolo a paradigma di cosa succede, allora come ora, a chi si affida a una fede religiosa che genera solo intolleranza e crudeltà. Per ottenere questo risultato costruisce due sequenze di fantasia per fa deviare il racconto a vantaggio della propria tesi

Pubblico

14+

Le sequenze del piccolo sottratto ai genitori potrebbero impressionare i più piccoli. Occorre una certa maturità e preparazione culturale per interpretare criticamente il messaggio tendenzioso trasmesso dall’autore

Giudizio Artistico



Il regista e sceneggiatore Marco Bellocchio dà ancora una volta prova di grande professionalità. Resta il limite di un lavoro “a tesi” che cerca cioè di dimostrare, anche falsando alcuni aspetti dell’accaduto, la superiorità della sua “fede laica”

Cast & Crew

Fausto Russo Alesi

Salomone Mortara

Barbara Ronchi

Marianna Mortara

Leonardo Maltese

Edgardo da Ragazzo

Sceneggiatura

Marco Bellocchio

Sceneggiatura

Our Review

Bisogna subito riconoscere che questo Rapito di Marco Bellocchio è un film impegnativo, non adatto per tutti i palati.

Basti solo dire che le sequenze nelle quali assistiamo a preghiere, celebrazioni liturgiche, sia in latino che in ebraico sono quasi maggiori, in termini di tempo, a quelle nelle quali i protagonisti parlano fra loro.

Ovviamente si sviluppa la storia del piccolo, poi giovane, Mortara e bisogna riconoscere che Bellocchio si è ben documentato e a parte, due sequenze di fantasia, introdotte dal regista, di cui parleremo fra poco, che deformano il senso generale della storia, possiamo considerare tutto il resto, rispettoso dei fatti accaduti.  Ma allora perché tante sequenze all’interno di una chiesa, dove i bambini recitano diligentemente le preghiere in latino? Oppure in casa Mortara, quando la mattina, all’ora di pranzo e alla sera, l’intera famiglia recita le preghiere di rito?

Sappiamo che Bellocchio è un ateo dichiarato e ha promosso questo suo credere in tanti film precedenti ma questa volta, cosa ci vuole dimostrare?

Prima di rispondere occorre preliminarmente fare un’altra osservazione: Bellocchio non ha sviluppato un film “emotivo”. Non ha mostrato cattivissimi uomini che con la violenza portano via il bambino fra le urla della madre. Lo stesso funzionario pontificio, incaricato del prelievo, mostra il suo sincero imbarazzo e poi decide di rinviare di 24 ore l’esecuzione del mandato, per dare il tempo ai genitori di assorbire la novità. In generale tutti i personaggi, cattolici, ebrei, funzionari del neo Regno d’Italia, sono persone umane, con la testa sulle spalle che però debbono eseguire degli ordini. Ma allora, perché tra tante persone “normali” si è sviluppata, secondo Bellocchio,  una tragedia di questo genere?

La risposta non è difficile. Ce lo spiega lo stesso regista in una recente intervista, dove ha dichiarato onestamente le sue intenzioni:  “non mi interessa assolutamente scatenare polemiche ma sottolineare come la fede, come la religione, siano inevitabilmente intolleranti, perché sono costruite su una verità che non può essere contestata”.

E’ questo il punto. Tutte queste brave persone non riescono ad essere se stesse, perché schiacciate da un “credo” chiuso e ottuso che non li fa essere pienamente umani, come lo sarebbero senza la cappa di una rigida fede. Il regista non fa dei distinguo fra fede cristiana e fede ebraica (significativa la sequenza in parallelo dove mentre Edgardo prega in chiesa, la famiglia Mortara, in casa, recita lo Shema Israel) ed entrambe, perdono molto tempo in rituali  che al regista appaiono indicativi del “non senso” della loro fede.

Se ci fossero ancora dubbi, è significativa una delle sequenze finali dove l’ormai giovane adulto Edgardo si reca al capezzale della madre morente (una delle due sequenze di fantasia dell’autore, secondo una sua stessa dichiarazione). Ormai è passata tanta acqua sotto i ponti, madre e figlio si ritrovano finalmente insieme; perché non abbracciarsi in questo momento estremo, dimenticando un passato così travagliato? Ebbene no: Edgardo annulla ogni suo umano sentimento ed estrae dalla tasca una bottiglietta d’acqua per cercare di battezzare la madre ma lei sdegnosamente rifiuta. Ecco la prova estrema: la fede genera odio, divisioni e schiaccia i sentimenti più naturali. In nome poi di cosa? Di tante noiose liturgie? Secondo il regista il caso Mortara non è un evento eccezionale accaduto in tempi e in condizioni particolari ma è un esempio perenne di cosa può accadere, allora come ora, per chi si ostina a perseguire una fede religiosa, non importa quale. In tutto il film, c’è un personaggio che si dimostri generoso, altruista, che trascenda se stesso secondo il giusto spirito del Vangelo, magari pronto a perdonare? No. Bellocchio non contempla questo tipo di comportamento e molto probabilmente non lo crede possibile.

E’ un vero peccato che il regista non abbia colto come al contrario, la fede non sia statica ma  “feconda”, perché  animata da una continua riflessione sulle parole del Vangelo (non è opportuno parlare di Spirito Santo a chi non crede) che spinge  continuamente il singolo cristiano, il Papa, tutta la Chiesa a porsi più saldamente alla sequela di Cristo. Se la norma della validità del  sacramento del battesimo per chi è in fin di vita è stato valido nel caso di Mortara e lo è ancora per oggi, lo “spirito” di chi è cristiano si è continuamente perfezionato.

Nel caso specifico del caso Mortara, è vero, era il tempo nel quale le varie fedi erano fra loro non comunicanti.  Chi non è più giovane si ricorda che quando da piccolo studiava (e anche imparava a memoria) il catechismo di San Pio X, poteva notare come  le fedi non cristiane fossero messe sullo stesso piano ed era importante pregare per la conversione  di  ebrei, mussulmani, protestanti, ecc. ossia i non cattolici. Ma poi è arrivato il Concilio Vaticano II che non solo ha promosso l’ecumenismo ma il dialogo interreligioso.  “Dio, attraverso le vie che lui solo conosce può portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il Vangelo alla fede necessaria alla salvezza” (Ad Gentes, 7).

I gesti di avvicinamento fra cattolici ed ebrei sono stati numerosi.  Già san  Papa Giovanni XXIII, nel 1959 aveva cancellato dalla liturgia l’allocuzione Oremus et pro perfidis Judaeis che, tradotto direttamente come “perfidi”, poteva generare confusione.; nel 1986 san Giovanni Paolo II si recava in visita alla sinagoga di Roma e chiamava gli ebrei “i nostri fratelli maggiori”. Nello stesso anno veniva indetta la Giornata mondiale della pace ad Assisi con i rappresentanti di tutte le religioni. Durante l’anno santo 2000 veniva indetta La giornata del perdono. Lo stesso Papa Francesco continua  incontrare rappresentanti di altre religioni proponendo un’intesa comune nel nome della pace.

Bellocchio sviluppa un  racconto carico di una tensione ininterrotta nell’arco delle sue due ore di durata, mostrando ancora una volta la sua consumata professionalità anche nella conduzione degli attori. Ottimo Paolo Pierobon nella parte di Pio IX: sa essere umano e comprensivo con le singole persone ma pienamente consapevole, quando necessario, dell’autorità che gli deriva dall’essere il successore di Pietro (e titolare, anche se per pochi anni ancora del potere temporale sui territori dello Stato Pontificio) . Non possiamo dire lo stesso di Edgardo Mortara giovane (Leonardo Maltese). Il che è comprensibile: questo personaggio sfugge agli schemi geometrici che si è costruito il regista, che fa fatica a comprendere come Edgardo, ormai maggiorenne, abbia scelto la fede cattolica e il sacerdozio.

Ecco quindi il ritratto di un pusillanime, facilmente influenzabile e suggestionabile. Il regista costruisce la sua seconda  sequenza di fantasia (secondo le sue stesse dichiarazioni) dove immagina Edgardo presente, la sera del 12 luglio 1881, alla traslazione della salma di Pio IX. Alcuni facinorosi cercano di buttare la salma nel Tevere e vediamo un Edgardo, che fino a un momento prima era stato uno dei devoti al seguito della salma, allinearsi, preso dall’esaltazione del momento, con coloro che gridano “il Papa al Tevere!”. Si tratta di una interpretazione del personaggio decisamente sbrigativa che squalifica il Mortara a giovane che coglie l’opportunità del momento, senza coerenza interiore .

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Etichetta
Paese FRANCIA Germania ITALIA
Tipologia
Tematiche (generale)
Tematiche-dettaglio
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