LA PORTA DEL CIELO
Questo film realizzato proprio quando i tedeschi stavano per lasciare Roma, è uno dei pochi casi di finanziamento diretto di un film da parte del Centro Cattolico Cinematografico. Il racconto dei fedeli che prendono il treno bianco per raggiungere il Santuario di Loreto viene interpretato da Vittorio De Sica soprattutto in chiave umana attraverso tanti casi di sofferenza e di speranza. Su Youtube
In un “treno bianco” in viaggio verso il santuario di Loreto, facciamo la conoscenza con alcuni di questi passeggeri. Una vecchina che si reca alla Santa Casa per implorare la pace nella famiglia dove da tanti anni è a servizio come governante. Un bimbo paraplegico e ragazza orfana uniscono le loro solitudini sicuri che la loro solidarietà e un miracolo a Loreto potrà far cambiare le loro vite. Sarà un ricco industriale – anch’egli paraplegico – che alla fine provvederà al loro sostentamento. Un giovane operaio, divenuto cieco in un incidente sul lavoro, guidato da un suo compagno di lavoro tormentato da un rimorso che non riesce a confessare. Un valente pianista – a cui una paralisi alla mano ha troncato una brillante carriera – è salito anche lui sul treno senza alcuna fede ma preferendo incamminarsi verso un futuro che non conosce piuttosto che fermarsi alla tragica realtà del suo presente.
Valori Educativi
Persone che sono bloccate nella loro vita prendono il treno bianco diretto al santuario di Loreto. La speranza viene ritrova nella fede o anche nel condividere il proprio stato con tanti altri nelle stesse condizioni
Pubblico
10+Qualche tematica che riguarda la vendetta o la sofferenza può non essere adatta ai più piccoli
Giudizio Artistico
Vittorio De sica, supportato dal Zavattini come sceneggiatore, realizza un affresco vivo e sincero di un’Italia che cerca di ritrovare, con l’aiuto della propria fede, le radici della propria speranza
Cast & Crew
María Mercader
Giuseppe Forcina
Roldano Lupi
Marina Berti
Massimo Girotti
Regia
Vittorio De Sica
Sceneggiatura
Cesare Zavattini
Diego_Fabbri
Vittorio De Sica
Carlo Musso
Adolfo Franci
Our Review
“Durante la prigionia di Roma, lottando contro difficoltà di ogni genere, uomini del cinematografo italiano realizzarono questo film sospinti dal desiderio di servire, con l’arte, la fede cristiana”. Inizia con questa dicitura questo film del 1944 che in effetti inquadra bene il tempo e gli obiettivi. La frase “durante la prigionia di Roma” fa riferimento al tempo in cui furono fatte le riprese, nel ’43, durante l’occupazione tedesca ma ora, da quando, dal 4 giugno 1944, gli americani hanno liberato la capitale, si può tranquillamente parlare di Roma che ha vissuto un tempo prigioniera. Si parla di fede cristiana e ci sono validi motivi: la casa di produzione è la Orbis Film, un organismo dell’Azione Cattolica e finanziato dal Centro Cattolico Cinematografico, patrocinato e fortemente voluto da mons. Giovanni Battista Montini, allora sostituto alla Segreteria di Stato.
Possiamo facilmente immaginarci le discussioni animate che si saranno svolte fra De Sica e Zavattini. Pur nella piena libertà di espressione del regista e dello sceneggiatore, le richieste del committente erano chiare: esaltate la fede di tanti malati che si recano ogni anno al santuario di Loreto per implorare di essere liberati dalle loro sofferenze, l’abnegazione di tante crocerossine e tanti volontari che si pongono al servizio dei fedeli su quel treno che partendo dalla punta dello Stivale percorre lentamente tutta l’Italia e a ogni fermata lascia salire altri infermi. Sviluppare un film apologetico che si concludeva anche con una guarigione miracolosa sarebbe stato più facile e avrebbe senz’altro soddisfatto il committente. Ma De Sica, avrebbe tradito se stesso. De Sica ci fa calare da subito in un contesto realista: ecco che vediamo i fedeli assiepati nella stessa cabina che si lamentano perché uno di loro si è alzato ed è caduta una valigia dalla rastrelliera ma a poco a poco finiscono per comprendersi e alla fine sollevano insieme il ragazzo paraplegico che sta con loro perché possa guardare per un po’ il paesaggio dal finestrino. Fra le tante crocerossine che si prodigano fra i malati c’è anche quella inesperta che viene redarguita perché non si è messa la cuffia. La loro superiora si lamenta (di nobile origini: è una contessa) perché portano a lei solo problemi ma poi tutto si risolve per il meglio e verso sera queste ragazze biancovestite possono guidare la recita del rosario fra i vari scompartimenti. Altri dettagli: il ferroviere che si intrufola pericolosamente fra due vagoni per agganciarli, il gruppo di ragazze che sale su treno scherzando e cantando ma poi si accorgono di trovarsi in un vagone pieno di persone che hanno ben poca voglia di ridere. Sono tante piccole pennellate che colorano questo affresco di un popolo di semplici che si muove verso la speranza.
Su questo sfondo agiscono i protagonisti dei quali, con flashback veniamo a conoscere la storia. Non si tratta solo di infermità fisiche come il giovane ragazzo gentile che chiede scusa per trovarsi su una sedia a rotelle o il famoso musicista con una mano rattrappita che ha dovuto rinunciare a ciò che più amava ma anche una domestica, una dolce vecchina che va a pregare perché ritorni la pace familiare in quella casa dove ha servito per tanti anni e ha visto crescere tutti i figli. Oppure l’operaio che non trova la forza di accettare la sua terribile colpa. Alla fine al santuario di Loreto si ritrovano tutti insieme, dietro il sacerdote che porta il santissimo a invocare la santa Madre di Dio la loro guarigione. Non si vedono miracoli ma tante trasformazioni dei cuori di chi finisce per accettare la propria infermità o ha il coraggio di confessare la propria colpa.
L’avventurosa realizzazione di questo film merita un film a sé stante. De Sica era stato convocato da Goebbels a Venezia dove sarebbe dovuto nascere la cinecittà della repubblica di Salò. Fu Maria Mercader, sua prossima seconda moglie, già ingaggiata per La porta del cielo, a salvarlo: insistette e ottenne da Giovan Battista Montini, che fosse lui il regista del film. De Sica a sua volta volle avere come sceneggiatore Cesare Zavattini anche se non fu facile convincere un miscredente come lui , a scrivere una storia dove si parlava di fede e di miracoli. Sempre Montini diede l’autorizzazione perché le riprese potessero venir realizzate all’interno della Basilica di San Paolo fuori le Mura, che godeva dell’extraterritorialità. Le riprese iniziarono ad ottobre del 1943 quindi un mese dopo l’armistizio dell’8 settembre, nel periodo in cui le truppe tedesche occupavano la città. Fu l’occasione per nascondere nei sotterranei un numero imprecisato di persone ricercate (ebrei, renitenti alla leva, rifugiati politici) e le riprese si protrassero per ben sette mesi, in attesa che Roma fosse liberata. Come ha raccontato Cristian De Sica nel suo libro Figlio di Papà: , questi rifugiati “abusarono dell’ospitalità loro offerta bivaccando, cucinando, fumando e amoreggiando dove capitava, con scandalo dei monaci.”
Alla fine il film fu terminato, fra lo sbigottimento dei committenti, che trovarono la basilica in uno stato pietoso e non apprezzarono che il film non avesse raccontato nessuna guarigione prodigiosa. Sarà per questo motivo che il film venne presto ritirato e per molto tempo non se parlò più. E’ stato solo alla Festa del Cinema 2022 di Roma, nell’ambito della sezione “Storia del cinema”, che è stata proiettata la pellicola finalmente restaurata, presente il figlio del regista, Christian De Sica. Auspichiamo che il film venga preso reso acquistabile; in questo momento è disponibile solo una copia di qualità appena sufficiente su Yutube.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Etichetta | FamilyOro |
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Paese | ITALIA |
Tematiche (generale) | Ispirazione Cristiana |
Tematiche-dettaglio | Storie Laiche |
Tipologia | Film |
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