LA GRANDE BELLEZZA

2012142 min18+  

Jep Gambardella ha 65 anni; vinse il premio Bancarella molti anni fa ed ora si accontenta di fare il giornalista per la pagina letteraria di una rivista romana. E’ ben addentro nel bel mondo e partecipa stancamente ai vari eventi mondani della capitale. Più volte viene invitato a tornare a scrivere ma lui non riesce a recuperare l’entusiasmo di un tempo. La notizia che una ragazza, sua fiamma di gioventù è morta, gli fa ancor più percepire che il bel tempo è passato…

Ripubblichiamo questa recensione per contribuire alla discussione in atto sul significato e il valore del film. Jep, giornalista e scrittore per una sola volta, è ben introdotto nelle notti romane: un’opera malinconica ma troppo ambiziosa, che manca del senso della misura


Valori Educativi



Rappresentazione di un mondo in decadenza che si autocompiace della sua dissoluzione: un’amicizia disinteressata di vecchia data è l’unica nota di calore che si riesce a intravedere

Pubblico

18+

Frequenti scene di nudo femminili e uno maschile

Giudizio Artistico



Bella la fotografia di una Roma antica e melanconica, bellissima la colonna sonora, bravo Toni Servillo ma il film è troppo ambizioso e il tanto materiale messo sul fuoco fa perdere il controllo e si smarrisce la visione d’insieme

Cast & Crew

Our Review

Fellini. Certo che ricorda il Fellini de La doce vita. Lo ricorda nei molti personaggi visti come attraverso  una lente deformata: la donna grassa e quella nana, la vecchia suora dal volto mummificato e poi le suorine che corrono,  i preti in tonaca lunga che vanno in altalena.  E’ lo stesso modo di raccontare: la storia è come spinta in avanti dall’ingresso e dall’uscita di sempre nuovi personaggi non per raccontare la trasformazione del protagonista ma per descrivere un ambiente, per cogliere una suggestione visiva o aggiungere una riflessione.  C’è anche Roma, ma una Roma molto diversa: là c’era una Roma attraversata come da un fremito vitale, qui c’è una Roma ferma, estaticamente ammirata ma non amata.

Le diversità maggiori si trovano nell’atteggiamento di fondo: Fellini aveva un suo senso morale che ci faceva percepire il degrado dell’ambiente che andava raccontando: Sorrentino è più semplicemente un cinico: vede la decadenza, ne coglie la malinconia ma non cè riscatto: c’è solo un lento cammino verso la morte.

Ci sono molte battute polemiche verso Roma ma non è simpatico prendersela con i cadaveri: Fellini ci raccontava una Roma pulsante, al centro della cinematografia mondiale; ora il cinema romano boccheggia e la capitale non può neanche essere considerata come  il centro della cultura nazionale. Può essere vista al più come luogo politico e Sorrentino si affretta a presentarci un faccendiere che viene portato via in manette dal suo bell’appartamento con la vista sul Colosseo. 

In effetti il protagonista dichiara di avere 65 anni e altrettanto non giovani sono i componenti del suo circolo di amici. Non rappresentano più la Roma che decide e i loro discorsi ruotano intorno ai successi del passato o a quelli che non si sono mai raggiunti. Se Jep passa una notte con una delle signore che ha incontrato in uno delle sue serate  mondane, non c’è nessuna ricerca di affetto ma diventa solo un modo piacevole di far passare un’altra notte, una delle tante, in attesa del termine di un declino che appare inesorabilmente troppo lento.

Fellini ritorna di prepotenza nel finale: La dolce vita si concludeva con una sequenza-verità: Marcello all'alba, dopo una notte di bagordi,  con lo sguardo alterato dal troppo alcool, vede da lontano sulla spiaggia la giovane Paola: non riesce a sentire quello che dice ma intravede il suo volto sorridente che gli offre fiducia e speranza per una vita diversa. Ma gli amici di scorribanda lo invitano a raggingerli: Marcello si allontana per ritornare a quel mondo da cui non riesce a fuggire.
Jep all’imbrunire ha un ricordo: un suo amore giovanile, una serata estiva al chiaro di luna sugli scogli: lei accetta di farsi baciare e gli sorride. Jep si sta ancora domandando perché poi lei  decise di lasciarlo. E’ molto probabilmente questa la grande bellezza che non si è più ripresentata.

Il film è una esposizione non organizzata di continue suggestioni, molto improntate alla malinconia, ma Sorrentino non mostra questa volta di avere il senso della misura: il film risulta troppo lungo, troppi personaggi si accavallano; sgradevole la caricatura di Madre Teresa di Calcutta, ridotta a una vecchia, decrepita e malferma: proprio lei che ha dimostrato di avere una energia smisurata nell’affrontare situazioni  impossibili.

Molto bello il colore e bellissima la colonna sonora:  forse anche Il vecchio frac di Domenico Modugno sarebbe stato particolarmente appropriato.

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale La grande bellezza
Paese ITALIA
Etichetta
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