42. LA VERA STORIA DI UNA LEGGENDA AMERICANA
La storia vera di Jackie Robinson, il primo afroamericano a giocare nella Major League Baseball da cui, negli anni ’40, erano esclusi atleti di colore.. Il titolo si rifà al numero 42 della maglietta dell’atleta che fu poi ritirata per onorare la fama di grande sportivo e campione indiscusso in questa disciplina. Disponibile su Amazon Prime, Youtube, Apple tv
Il signor Rickey Branch (Harrison Ford) è l’anziano e testardo proprietario dei Brooklyn Dodgers, una delle più importanti squadre di baseball americane e quando si mette in testa una cosa è impossibile fargli cambiare idea. Cosa vuol fare? Coinvolgere nel campionato maggiore di baseball, dopo un periodo di prova nella squadra minore, un atleta di colore. Il problema più grande? Imparare a gestire il temperamento dell’atleta che sarà messo a dura prova: sono molti a mal digerire il tentativo di eliminare ogni discriminazione fra le razze. Non passa molto tempo che il giovane scelto, Jackie Robinson, si ritrova in prima squadra. Duro come una roccia e sempre incoraggiato e sostenuto dal signor Rickey, Jackie riesce a sopportare le profonde e continue umiliazioni con grande fatica. Gli sono d’aiuto la giovane moglie, gli amici che man mano comprendono il significato profondo del suo voler competere nel massimo campionato e persone sconosciute che gli fanno comprendere che quello che sta facendo non è solo per sé stesso, ma per il bene di tanti. Se a questo si aggiungono le indiscusse qualità atletiche, il tutto sembra più semplice: ma così semplice non è…
Brian Helgeland
Brian Helgeland
Valori Educativi
La tenacia nel raggiungere un obiettivo. Lo spirito di squadra di alcuni che controbilancia atteggiamenti e parole razziste di altri. Il proprietario della squadra è un uomo di grande fede che richiama a comportamenti corretti tutti i suoi collaboratori. Il rapporto padre-figlio che viene alla luce in varie relazioni nel film
Pubblico
10+Qualche espressione tendente a sottolineare il clima di razzismo diffuso. Il protagonista sfoga la sua ira in un momento che è da solo e dopo essere stato pesantemente offeso
Giudizio Artistico
Come tutti i film sportivi non mancano sequenze di alto livello. Il racconto è chiaro e lineare senza salti narrativi. Fotografia limpida capace di rendere al meglio gli anni ’40. Interessante la carrellata fotografica finale che presenta i veri personaggi presentati nel film.
Cast & Crew
Chadwick Boseman
Harrison Ford
T.R. Knight
Nicole Beharie
Regia
Brian Helgeland
Sceneggiatura
Brian Helgeland
Our Review
Un bel film poco conosciuto in Italia: perché?… potrebbe essere la domanda scontata. Come semplice la risposta. Ha da cornice uno sport tutto americano: il baseball che per gli italici innamorati del calcio non sembra esser degno d’attenzione. Uno sport geograficamente limitato, è vero, ma con una storia senza confini. Qualche passaggio del film potrebbe non risultare chiaro se non si conoscono le regole del gioco e i meccanismi metasportivi che rappresentano la chiave interpretativa del tutto: per questo suggeriamo l’ascolto attento della voice over iniziale che offre delucidazioni importanti al fine della storia.
Chiariamo che siamo nel 1945 e i giocatori afroamericani erano costretti a giocare in campionati a loro riservati: qualcosa di assurdo per i nostri giorni, certamente. Ma questo ci aiuta a cogliere uno degli elementi importanti del film: la segregazione razziale e conseguente lotta per l’uguaglianza (anche attraverso lo sport). A tal riguardo è profondo e significativo il dialogo tra i due protagonisti principali, il giovane Robinson e il vecchio Richey che, nell’intento di incoraggiare il giovane e maltrattato atleta, gli racconta di aver visto, quella stessa mattina, un ragazzino in un parco pubblico, che lo imitava nel suo modo di giocare: (“si sporcava le mani con la terra come fai tu e saltellava da una parte all’altra imitandoti”). Non si tratta, quindi, solo di essere grandi atleti, ma di essere modelli positivi da imitare o – se ci si rende conto di cosa possa aver significato la segregazione razziale – e si tratta allora di diventare degli eroi: nel film non mancano scene e riferimenti che aiutano a comprenderne cosa significasse la segregazione razziale.
Il film, comunque, relega la parte sportiva a cornice di una storia, quella del protagonista, considerato uno dei più grandi atleti mai esistiti: già nel 1950 c’era stato un biopic celebrativo Jackie Robinson Story interpretato dallo stesso Robinson.
Robinson è considerato un eroe nazionale della lotta al razzismo, incarnazione di modelli di una resistenza passiva in grado di schivare ogni provocazione o – usando un’immagine che si rifà al film – ogni palla lanciata per colpire al volto il battitore.
Il film aiuta anche a riflettere sulla paternità: quella mancata dal protagonista per un padre che se n’è andato quando ancora era piccolo, quella tra il proprietario della squadra e il giovane atleta oppure, in negativo, quella tra un anonimo spettatore capace di trasmettere al piccolo figlioletto sugli spalti la malvagità che si porta nell’animo nell’offendere il giovane atleta di colore.
Il film non meritava di passare inosservato nella distribuzione italiana. Certamente lo consigliamo anche perché c’è una certa delicatezza in tutto il racconto: non scade mai nel dar spazio a modelli oggi diffusi che prestano il fianco ad ideologie miranti a disprezzare la naturalezza del vivere relazionale e ogni riferimento alla religione (anche se metodista).
Autore: Enzo Vitale
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