IL COLIBRI
Il racconto di una famiglia con molti problemi portato avanti lungo un arco di settanta anni che si disperde in molte sottotrame senza fornirci un senso globale compiuto di ciò che sta accadendo. In Sala
Negli anni ’70 Marco conosce al mare Luisa, una sua coetanea di origine francese e se ne innamora ma lei deve presto partire. Il tempo passa, Marco esercita ora la professione di dottore, si sposa con Marina e hanno una figlia, Adele. Un giorno Marco riceve nel suo studio Daniele Carradori, lo psicoanalista di Marina che gli rivela lo stato di elevata depressione nella quale versa sua moglie perché sa che lui ama un’altra. Marco confessa di incontrare saltuariamente Luisa, ma non si può parlare di tradimento perché il loro amore è solo platonico…
Valori Educativi
I protagonisti (almeno quelli non in stato depressivo) non sono in grado di dare una direzione positiva alla propria esistenza. Un caso compiaciuto di eutanasia
Pubblico
14+Tematiche dolorose e situazioni familiari pesanti rendono opportuno escludere i pre-adolescenti
Giudizio Artistico
Francesca Archibugi, pur brava nel dirigere gli attori e nel costruire ambientazioni suggestive, non riesce a trasferire in pellicola la complessa materia letteraria presentandoci un lavoro appesantito dal troppo materiale e con non poche contraddizioni
Cast & Crew
Pierfrancesco Favino
Kasia Smutniak
Bérénice Bejo
Laura Morante
Sergio Albelli
Benedetta Porcaroli
Nanni Moretti
Regia
Francesca Archibugi
Our Review
Il film di Francesca Archibugi, tratto dal libro omonimo di Sandro Veronesi, copre tutta la vita del protagonista, da quando, bambino cresceva troppo poco e il padre lo sottopose a una cura ormonale fino al 2030, quando è un nonno ormai malato. Anche se il film è corale (i genitori di Marco, suo fratello e sua sorella, sua moglie, sua figlia, sua nipote..) non è la storia di una famiglia nell’arco di settanta anni ma di un protagonista che contempla come dal di fuori la vita che trascorre e le persone che gli stanno davanti senza interferire nelle loro vite, trattando tutti con gentilezza ma proprio per questa sua inazione, finisce per far spesso più male che bene. Proprio come un colibrì che si agita molto ma resta fermo sul posto. Francesca Archibugi, qui anche sceneggiatrice, conferma la sua bravura nel dirigere gli attori con una particolare preferenza per i più piccoli e per disegnare gli ambienti raffinati in cui vive una famiglia agiata. Ma ci sono dei problemi proprio nella trasposizione sullo schermo di un racconto così ampio e complesso (il film dura due ore) che dovrebbe quindi stimolare riflessioni sul tempo che passa e sul destino dei personaggi.
Non ci troviamo di fronte a La meglio Gioventù (2003) di Marco Tullio Giordana, dove le vicende di una famiglia sono il pretesto per raccontare quarant’anni di storia italiana, né di fronte a La famiglia (1987) di Ettore Scola dove le generazioni che si susseguono affrontano lo stesso tema: l’amore vissuto in contesti che mutano. In questo Colibrì sembra prevalere il destino, un fato imponderabile di fronte al quale i protagonisti si trovano impotenti e impreparati. Ci sono troppe situazioni di instabilità mentale; ci sono troppe morti improvvise che accadono in giovane età. Come se non bastasse compaiono credenze superstiziose che svolgono una parte importante nell’economia del racconto. Il film presenta un messaggio fatalista, esistenziale? Scoprirlo vorrebbe dire aver trovato una coerenza nel messaggio trasmesso che invece non c’è. In un colloquio fra Marco, impegnato a far crescere da solo la nipotina e Daniele, lo psicoanalista di sua moglie, diventato ormai suo amico, discutono sul senso da dare alla vita. “Lei non può lasciarsi andare; deve pensare a come fare per trovare la forza ogni mattina dii alzarsi dal letto. Se lei si occupa di sua nipote con il vuoto nel cuore, le trasmette quel vuoto. Se invece cerca, quel vuoto, di riempirlo, non importa se ci riesce o no: basta che cerchi di riempirlo. Allora le trametterà quello sforzo che è semplicemente la vita”. Marco sembra aver compreso bene la lezione perché nelle sequenze successive lo vediamo frequentare un club esclusivo dove si gioca d’azzardo a colpi di migliaia di euro. Ancora una volta, su quei tavoli, il rapporto è con l’imprevedibile, con il caso. Non mancano incoerenze narrative. Partecipiamo agli incontri periodici a Parigi fra Marco e Luisa, ci immedesimiamo in questo casto rapporto, salvo poi scoprire che già da adolescenti, nelle vacanze al mare, lei lo tradiva. A un certo punto della storia vediamo Daniele che lascia il suo impegno da psichiatra per dedicarsi a una comunità di poveri. Bellissimo gesto che manifesta attenzione verso gli ultimi, sembra che lui comprenda che ogni vita vale. Peccato che subito dopo attivi, senza batter ciglio, la procedura eutanasica per un suo amico (nel 2030 si dà per scontato che sia lecito). A volte si ha nostalgia per i classici film di Hollywood, quelli con una sceneggiatura rigorosa come un teorema di geometria. Forse nell’adattamento del libro alla sala cinematografica sarebbe stato necessario più coraggio, con minori scrupoli sulla fedeltà.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Paese | ITALIA |
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Tipologia | Film |
Enzo Vitale
Ritengo che il film abbia una chiara intenzione: far passare l’idea dell’eutanasia.
E , guarda caso, nel film la richiesta arriva da un uomo che è da tutti considerato buono, con una vita che nonostante tutto ama e al quale non sembra non sì possa rifiutare.
L’ennesimo basso tentativo di usare il cinema per proporre scelte contrarie alla vita umana e disvalori da voler imporre a tutti.
Ritengo che il film abbia una chiara intenzione: far passare l’idea dell’eutanasia.
E , guarda caso, nel film la richiesta arriva da un uomo che è da tutti considerato buono, con una vita che nonostante tutto ama e al quale non sembra non sì possa rifiutare.
L’ennesimo basso tentativo di usare il cinema per proporre scelte contrarie alla vita umana e disvalori da voler imporre a tutti.