HABEMUS PAPAM
Alla morte del vecchio Papa, il Conclave si riunisce per eleggere il nuovo pontefice. La scelta cade sul cardinal Melville, ma il prescelto cade preda di dubbi e fortissime ansie - dovute al timore di non essere in grado di salire degnamente al soglio pontificio - Per risolvere la situazione, il Vaticano decide di rivolgersi a uno psicologo, il professor Brezzi, ma la situazione si complica per il fatto che il conclave non è ancora ufficialmente chiuso e i cardinali restano bloccati in Vaticano....
Che succederebbe se un Papa appena eletto, fosse colto da crisi depressiva e dichiarasse di rinunciare? Habemus Papam di Nanni Moretti è una commedia molto divertente ma la sua debolezza sta nel fatto che l'autore ha ritratto un mondo che non ha cercato affatto di conoscere e comprendere
Valori Educativi
Nanni Moretti ritrae la Chiesa, non in modo ostile, ma si vede che di questo mondo non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, è privo della dimensione religiosa.
Pubblico
TuttiGiudizio Artistico
Nanni Moretti scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Come commedia è irresistibile ma la macroscopica debolezza del film consiste proprio nell'aver ritratto un mondo che l'autore non ha cercato di conoscere
Cast & Crew
Regia
Nanni Moretti
Sceneggiatura
Nanni Moretti
Francesco Piccolo
Federica Pontremoli
Our Review
E se un odierno successore di Pietro si affaccia dal balcone vaticano, guarda la piazza gremita di gente all’inverosimile – un popolo plaudente, lieto, rassicurato e desideroso di conoscere il volto del nuovo pastore – e inaspettatamente dichiara di rinunciare alla missione? Su questo assunto si regge il nuovo, undicesimo lungometraggio di Nanni Moretti, Habemus Papam.
Ci perdonerete: abbiamo svelato il finale, cosa che non si dovrebbe mai fare. Ma non c’è alternativa, poiché di questo, e soltanto di questo, parla il film: della rinuncia. È morto un Pontefice. Vediamo con immagini di repertorio il funerale di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Attacca la finzione, nel conclave quasi totalmente composto da vecchietti timorosi, pieni di acciacchi, con il comodino ingombro di medicine. Pregano questi cari vecchietti. Pregano il Signore che li risparmi dalla prova finale: la conduzione della barca. Alla fine ci si orienta su Melville (un misurato e bravo Michel Piccoli). È fatta. Applausi, baci, inchini. Abito da cerimonia, acconciato in fretta. Stola rossa. La grande finestra aperta sul mondo, ecco la lieta novella: «Habemus Papam». Il cerimoniere felice si gira per introdurre il nuovo nocchiero della cristianità. Non esce nessuno. Anzi, si odono grida, richieste di aiuto. Il Papa è in preda alla paura. Il sorriso si spegne sulle labbra di tutti. Il silenzio cala gelido sulla folla festante. Comincia l’avventura di un povero vecchio, che smette subito la veste bianca, intimorito e schiacciato dal peso della responsabilità. Da giovane voleva fare l’attore. Ma fu costretto a rinunciare. Così ha intrapreso un’altra carriera, che l’ha portato, di teatro in teatro, al più grande palcoscenico della storia.
E Nanni Moretti? Eccolo accorrere al capezzale del Santo Padre in stato confusionale. Ha il volto severo dello psicologo di fama, il «migliore»: separato, lavoratore, saccente, non credente, vestito come un prete. In La messa è finita, nel 1985, Moretti era un giovane sacerdote, senza barba e con la tonaca, alzata con le mani per correre senza impacci appresso al pallone in oratorio. Don Giulio era arrabbiato, autoritario, tagliente, intransigente. Curava le anime: un terrorista, un omosessuale, la sorella intenzionata ad abortire, il padre scappato di casa con una più giovane. E gli toccava di vegliare il corpo della madre suicida. Ora, in abito scuro, è al capezzale del Papa tormentato. Cerca di soccorrerlo non con le Sacre Scritture, ma con il verbo di Freud, «maestro del sospetto» somministrato quale estrema medicina.
Moretti è in grande forma. Scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Costretto a convivere col collegio cardinalizio, organizza tornei di pallavolo, batte con astuzia i cardinali alle carte, e prova a parlare col «paziente». Dai discorsi sono banditi però riferim enti a sesso, madre, infanzia (solo di sfuggita e con tanta cautela), sogni. Quindi non si parla di nulla. Si sospetta un «deficit di accudimento»: ma è solo un’ipotesi. Bene. Siamo al finale: la grande rinuncia. La Chiesa ha bisogno di un profondo rinnovamento, deve amare tutti, dice il Papa prima di eclissarsi per sempre. Se prendessimo Habemus Papam per una pura e semplice commedia, ci sarebbe poco da aggiungere. Quando Moretti si impegna è irresistibile. Ma chiudiamo qui? Ce la caviamo con la commedia, le risate, la caricatura grottesca? In realtà Moretti aveva in mente ben altro progetto. Voleva – come ha sempre fatto – ritrarre il mondo, magari deformandolo. La macchina da presa doveva scandagliare il fondo dei Sacri Palazzi. E qui, proprio qui, sta la macroscopica debolezza del film. Di questo mondo Moretti non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. Non mostra nessun rancore verso la Chiesa come istituzione. E riesce anche a trasformare, con autentica simpatia, i vecchierelli cardinali in allegri ragazzotti, impegnati a ribattere il pallone dall’altra parte della rete. Moretti nel suo cinema non è mai stato ostile alla religione. Come non è mai stato ostile alla vita. Probabilmente, come molti della sua generazione, è stato attratto da Giovanni Paolo II (Melville, per sua stessa ammissione, a lui rimanda).
L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, però, è privo della dimensione religiosa. Potrebbe essere fabbro, medico, attore, venditore ambulante. Ma non uomo di fede. Si può fare un film su un uomo di fede (anzi, sulla guida di un’immensa e planetaria comunità religiosa) staccandolo dalla prospettiva divina? Il giovane don Giulio, nel finale di La messa è finita, prima di partire per un posto lontano, spazzato dal vento, finalmente rideva. Sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi, il mondo si fermava, e tutti i presenti iniziavano a ballare.
Habemus Papam si chiude nel silenzio, nel buio, nell’angoscia. Caro Moretti, per il prossimo film perché non richiami don Giulio dall’esilio in Patagonia?
Autore: Claudio Siniscalchi
Details of Movie
Titolo Originale | HABEMUS PAPAM |
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Paese | ITALIA |
Etichetta | Non classificato |
Silvio Pisani
Avevo molte remore a vedere questo film, ma a parte le solite esagerazioni Morettiane, il risultato è molto buono ed è stata eccellente l’ interpretazione di Piccoli! È un film che ti lascia qualcosa da pensare
Avevo molte remore a vedere questo film, ma a parte le solite esagerazioni Morettiane, il risultato è molto buono ed è stata eccellente l’ interpretazione di Piccoli! È un film che ti lascia qualcosa da pensare
Alfio Pelleriti
Film noioso, che non fa affatto ridere o sorridere, e soprattutto irride la dimensione spirituale dello spettatore che per ventura decide di seguirlo fino alla fine, essendo blasfemo.
Film noioso, che non fa affatto ridere o sorridere, e soprattutto irride la dimensione spirituale dello spettatore che per ventura decide di seguirlo fino alla fine, essendo blasfemo.