PRIVATE

200290'14+  

Mohammed, scrittore e docente di inglese palestinese, vive con la moglie e i cinque figli in una casa situata tra un villaggio palestinese e un insediamento israeliano.  A causa della sua posizione strategica, l’abitazione finisce per essere occupata da soldati israeliani, che si insediano al secondo piano. Persuaso della possibilità di una convivenza non violenta, Mohammed rifiuta di abbandonare la sua casa ed esorta la famiglia a unirsi a lui nella pacifica resistenza. Non tutti, però, sono convinti che quella sia la  via giusta...

Valori Educativi



Senza fare sconti alla realtà di un conflitto radicato nel sangue, Costanzo non mette in scena buoni e cattivi, ma uomini travolti dalle logiche impazzite della Storia. Bella figura del padre impegnato in una convivenza non violenta

Pubblico

14+

Una generale atmosfera di tensione e di violenza psicologica

Giudizio Artistico



I convulsi movimenti di macchina, la fotografia sporca, la recitazione concitata danno un immediato e chiaro imprinting al film: non un documentario, ma piuttosto uno “psicodramma” in cui lo spettatore finisce per essere un secondo intruso, costantemente sballottato da una messa in scena mai distensiva, e che perciò può risultare faticosa.

Cast & Crew

Our Review

Due piani, una rampa di scale, tante stanze, una famiglia numerosa.

Nient’altro per mettere in scena una guerra e raccontare l’eterna, assurda ciclicità della violenza: è la scommessa vinta da Private, opera d’esordio del giovane Saverio Costanzo, premiata con il Pardo d’oro allo scorso Festival di Locarno.

Non facile, visto il tema scelto, sfuggire alla retorica delle buone intenzioni: il conflitto tra palestinesi e israeliani era un tema insidioso per un regista italiano al primo lungometraggio, e il rischio di uno schieramento ideologico, così come quello di un astratto e facile pacifismo, aspettavano dietro l’angolo. Invece, ciò che non troverete nel film di Costanzo è proprio la retorica.

Il titolo è una semplice parola che già ci consegna la chiave di lettura del film: Private in inglese significa sia “soldato” che “privato”.

Senza troppi preamboli, le primissime inquadrature ci scaraventano dentro la casa della famiglia B.: una villetta priva di intonaco, stranamente somigliante alle case abusive del Sud Italia (il film è stato girato a Riace, in Calabria), piantata in mezzo a un campo sterrato. Una messa in scena essenziale e simbolica, ridotta ai minimi termini per andare al fondo: niente carri armati o sparatorie, solo l’irruzione di un invasore nelle stanze della propria casa, nell’intimità radicata delle proprie abitudini. Le regole della convivenza coatta sono poche e chiare: casa divisa in due, il piano di sopra diventa il quartiere generale dei soldati israeliani, quello di sotto l’unico agibile per la famiglia palestinese. Prendere o lasciare.

Il capofamiglia, un illuminato professore di inglese, cerca di tenere uniti i suoi nella resistenza non violenta. La figlia maggiore, impulsiva e battagliera, vorrebbe reagire, la moglie lo implora di abbandonare la casa per mettere in salvo la famiglia, il figlio adolescente sogna di diventare un terrorista e pianta bombe in giardino. I più piccoli non capiscono, ma si adeguano alla situazione, non senza ferite psicologiche.

La casa diventa una scatola di tensioni, in cui la circostanza più banale può diventare fatale. I convulsi movimenti di macchina, la fotografia sporca, la recitazione concitata danno un immediato e chiaro imprinting al film: non un documentario, ma piuttosto uno “psicodramma” in cui lo spettatore finisce per essere un secondo intruso, costantemente sballottato da una messa in scena mai distensiva, e che perciò può risultare faticosa. Anzi forse proprio a causa della “scomodità” di fruizione, nonostante il battage messo in atto dai media, il film non ha avuto il successo commerciale che i produttori speravano.

Private è un continuo e impegnativo gioco di attese disilluse, in cui nessuna scena si conclude come ci immagineremmo. Così la tensione non si allenta mai: merito anche degli attori, professionisti palestinesi e israeliani, costretti a una eccezionale e forzata convivenza sul set, che ha arricchito notevolmente la sceneggiatura. Senza fare sconti alla realtà di un conflitto radicato nel sangue (è emblematico che due popoli che vivono nella stessa terra, per comunicare, debbano usare il medium dell’inglese), Costanzo non mette in scena buoni e cattivi, ma uomini travolti dalle logiche impazzite della Storia. Spiati dall’occhio della giovane palestinese che si avventura di soppiatto al primo piano (forse anche troppe volte), i soldati israeliani, ragazzi con interessi e passioni del tutto normali, appaiono impauriti e “costretti”  quasi quanto gli invasi palestinesi. 

Ma è riduttivo pensare che la forza di Private stia in una sorta di accomodante equità bipartisan, per cui si afferma semplicemente che ciascuna delle parti ha le proprie ragioni e le proprie colpe. Private azzarda un giudizio più profondo: anche di fronte al dramma incomprensibile della guerra, una guerra atroce e logorante come quella israeliano-palestinese, non si può non partire dall’uomo. Dal privato, appunto. Per entrare nel cuore di un cancro che sembra inestirpabile, forse per cominciare a capirlo, forse per cercare di spezzare la catena, forse solo per iniziare a desiderarlo, si deve guardare a se stessi e ai propri desideri profondi. “Essere o non essere” si chiede il padre all’inizio del film. E la scelta è per continuare a “essere”: una scelta coraggiosa, scomoda, perché passa attraverso la paura, il sacrificio, la resistenza paziente alle provocazioni e al proprio desiderio istintivo di reagire o di fuggire. Ma abdicare alla propria identità, alla propria “casa”, questo significherebbe “non essere”: l’insegnamento portato dal bellissimo personaggio del padre, autorevole e nello stesso tempo amoroso, finalmente viene abbracciato anche dalla figlia, quando, in una delle ultime sequenze lo guarda e gli dice “Ora comincio a capirti”.

Ma poi la violenza ricomincia. Sulle note struggenti della musica di Roger Waters che accompagna la scena finale, in un altissimo crescendo emotivo. Come se il cerchio del male fosse comunque destinato a perpetuarsi, inesorabile, fagocitando ogni timido germe di cambiamento. Eppure, quando si è intravisto uno spiraglio, non è così facile dimenticarlo.

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale PRIVATE
Paese Italia
Etichetta
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