ONE TREE HILL

20069 stagioni 187 episodi di 45 min

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Valori Educativi

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Pubblico

- Nessuno -

Giudizio Artistico

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Cast & Crew

Our Review

 

 

 La morale sportiva di One Tree Hill.

 

Nella provincia della North Carolina il basket riunisce i destini di due fratellastri che fino al liceo si sono accuratamente evitati. L’uno è Lucas Scott, nato da un errore di gioventù del padre Dan, ex cestista di belle speranze, che a suo tempo lo ha abbandonato per non mettere a repentaglio il proprio futuro da atleta al college. L’altro è Nathan, il figlio accettato, su cui Dan ha puntato tutto, una volta svaniti i suoi sogni di affermazione sportiva. Nathan è stato cresciuto da Dan a pane e basket, con metodo inflessibile – roba da fare impallidire Arrigo Sacchi – ed è l’arrogante star della squadra liceale dei Ravens, il vanto della cittadina di Tree Hill. Lucas, invece, è cresciuto con la madre, in ambiente modesto, ma più salutare, meno arrivista. Unico suo cruccio, il padre traditore e l’incomodo di poterlo incrociare per le vie di Tree Hill.

Tutto comincia quando l’allenatore dei Raven, una specie di Nereo Rocco all’americana, scopre su un play ground di periferia che anche Lucas è un campioncino, di più, è una sorta di Roberto Baggio del canestro, e lo chiama in squadra. È la scintilla che accende la Santa Barbara della serie per adolescenti One Tree Hill,  su Raidue, all’interno di una striscia di tre telefilm Usa indirizzati allo stesso target.

Lucas se la dovrà vedere con i compagni della “Tree Hill bene” che non lo vogliono nel team; con il fratellastro che, sentendo insidiate leadership nel team e fidanzata, gli organizza agguati; soprattutto se la vedrà con il padre che, inspiegabilmente, ritrovandosi per le mani, oltre a un Del Piero, anche un Baggio, non pensa che, invece di farsi cattivo sangue contro uno dei due, potrebbe raddoppiare le probabilità di realizzare la sua ossessione di piazzare un figlio nei Chicago Bulls.

Nonostante gli agonismi sul parquet della scuola superiore – lo spettatore assiste ad azioni da NBA, grazie a una regia strepitosa che esalta scarpe e magliette della Nike, come in uno spot girato ad alto budget – One Tree Hill resta, purtroppo, un prodotto dell’ultima generazione di telefilm per ragazzi. In maggio il Corrieretitolava a tutta pagina che le serie americane (nell’ultimo anno, incremento del 7% sui palinsesti italiani) sono il romanzo di formazione dei ragazzi di oggi. E’ una balla: sono una soap di deformazione. Si prenda la nostra O.T.H.: il potenziale di valori dell’argomento sportivo è ridotto a un escamotage, un’esca per attirare lo sfuggente pubblico adolescente maschile in una matassa familiare da inverosimile romanzo di appendice, matassa in cui le adolescenti sono già ben bene avviluppate. L’idea dello sport come palestra di vita, in cui le vittorie e le sconfitte levigano il carattere per farne brillare il meglio, si riduce ad una retorica del non arrendersi che condisce relazioni familiari intricate, verginità in bilico, pendolarismi sentimentali tra pon pon girls non del tutto perdute e ragazze di sani e flessibili principi.

Il pivot che detta il gioco al telefilm è, naturalmente, il Baggio di cui sopra: il personaggio di Lucas. E’ una miscela perfetta per suscitare fantasie romantiche nelle telespettatrici under 20. Dire che l’interprete del personaggio, Chad Michael Murray, è bello, è restare sul generico, cerco perciò di dettagliare. Lo sguardo di Lucas/Murray ha quel giusto che di miopia affinché il giovane appaia, allo stesso tempo, sognatore e precoce scrutatore dell’animo umano. L’aspetto nordico è vagamente androgino, acerbo, il che entra in coinvolgente attrito con il fisico da ragazzone, cui la regia occhieggia nei fumi dello spogliatoio. I capelli biondo cenere spettinati corti, tirati diritti con il gel in tutte le direzioni, sono da cantate di boy band. I modi sono pacati, dimessi, restii all’aggressività: un cucciolo perseguitato dal suo destino da feuilleton. E poi, decisivo, il personaggio ama la poesia e parla come un profeta.

Prendete questo dialogo conflittuale tra Lucas e l’allenatore che fatica a convincerlo ad entrare nella squadra. Il coach magnifica al ragazzo la palestra deserta che per lui è come una casa, di più: “è come una chiesa”, dato che anche lì, nell’agone, si prega. Lucas ne segue il discorso con scettica miopia, quindi, laconico, fredda così l’esperto trainer che si era illuso di essersi speso in vita sua per una giusta causa: “Chi prega qui dentro perde tempo, Dio non guarda lo sport”. Prendete anche i finali, in cui la voce di Lucas, messo da parte Dio, chiosa le storie di puntata all’insegna di una morale dell’autorealizzazione da attimo fuggente, tanto intensa, quanto politicamente corretta (cioè aperta a trecentosessanta gradi). Eccone un esempio: “C’è nelle cose umane una marea che, colta nel flusso, conduce alla fortuna, ma perduta, l’intero viaggio della nostra vita si arena sui fondali di miseria. Ora noi navighiamo in un mare aperto: dobbiamo dunque prendere la corrente finché è a favore, oppure, fallire l’impresa avanti a noi”.

Le personalità assemblate con successo per catalizzare le fantasie del pubblico si chiamano archetipi. In altre serie commentate in questa rubrica abbiamo incontrato l’archetipo del “piccolo Schopenhauer” (il protagonista di Dawson’s Creek) e quello dello “pseudoribelle”  (il protagonista di The O.C.). One Tree Hill, che attinge a piene mani ai successi appena citati, ibrida tra loro i due modelli  e intinge la mescola così ottenuta in una glassa atletica: nel mito del campione solitario che vince la sua insicurezza e finisce per trascinare tutta la squadra. E’ un mix accattivante, ma ha ancora poco a che fare con una storia di formazione.             

Per gentile concessione di Studi Cattolici

  

Autore: Paolo Braga

Details of Movie

Titolo Originale ONE TREE HILL
Paese USA
Etichetta
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