JOE BELL
Ispirato a una storia vera, un padre percorre gli Stati Uniti per denunciare la gravità del bullismo nelle scuole dopo che suo figlio, con inclinazioni omosessuali, si è suicidato. Un lavoro, altamente emotivo di denuncia ma senza proposte. Su Chili e Youtube
La Grande (Oregon), 2012. Jadin è un ragazzo di 15 anni che vive con la sua famiglia (il padre Joe, la mamma Lola e il fratello minore Joseph). Un giorno chiede di parlare a tu per tu con il padre e gli confessa di essere oggetto di derisione e violenze verbali da parte dei suoi compagni di scuola perché ha inclinazioni omosessuali. Joe ribadisce di volergli bene e cercherà di aiutarlo; accetta anche che faccia parte del gruppo delle cheerleader della scuola. Ma tutto è inutile: Jadin si suicida perché incapace di vivere in quelle condizioni e Joe ne resta sconvolto. Decide di attraversare gli Stati Uniti a piedi e fermarsi in ogni città per parlare alla gente dei pericoli del bullismo. Da una storia vera.
Reinaldo Marcus Green
Valori Educativi
Il film è un atto di denuncia contro il fenomeno del bullismo visto attraverso il dramma di un padre ma dal racconto non traspare nessun segno di speranza né suggerimenti per soluzioni valide
Pubblico
14+Sgradevoli situazioni di bullismo, un tentativo di suicidio, un bacio tra persone dello stesso sesso, linguaggio volgare, una invettiva contro i cattolici. In USA il film è stato classificato come “Restricted” (vietato ai minori di 17 anni non accompagnati) mentre lo US Bishop Movie Review lo ha catalogato come “adulti con riserva”. Common Sense Media suggerisce 15+
Giudizio Artistico
Il film non ha modulazioni espressive ma carica i toni del dramma in un orizzonte di incapacità e fallimento che travolge tutto come era già accaduto in “I segreti di Brockeback Mountain”, scritto dagli stessi sceneggiatori
Cast & Crew
Regia
Reinaldo Marcus Green
Our Review
Fin dalle prime sequenze vediamo Jadin che chiede di parlare con il padre. Quando gli confessa di essere omosessuale e di venir continuamente molestato dai suoi compagni di scuola, Joe risponde: “questa estate ti ho messo i guanti e ti ho insegnato a boxare: non è servito un bel niente!” Da buon americano, Joe risponde all’americana: i conflitti vanno risolti con una bella scazzottata e il padre è pronto a fare la sua parte. Ma come deve comportarsi realmente il padre di un figlio con inclinazioni omosessuali oltre a dirgli che gli vuole sempre bene e che lo sosterrà in qualsiasi circostanza? E’ questo il tema portante di questo drammatico film, ispirato a una storia vera e scritto da Diana Ossana e Larry McMurtry, gli stessi sceneggiatori di I segreti di Brokeback Mountain. In effetti, non pochi recensori pro-LGBT si sono indispettiti perché questo film non li aiuta nella loro causa, anzi quasi la danneggia e si concentra piuttosto sulle vicissitudini del padre. “Sì, agli americani bisogna dire che il bullismo non va bene. Ma nemmeno il suicidio lo è, e questo film suggerisce che il martirio di sé stessi finisce per diventare un messaggio significativo. Appare come la risposta di Jadin ai suoi bulli (in pratica: “Hai vinto – mi farò fuori da solo”). Un messaggio molto più chiaro di qualunque cosa suo padre abbia detto o fatto lungo il suo lungo viaggio” (traduzione personale da Yahoo! Entertainment).
Occorre anche evidenziare che riguardo ai numerosi interventi fatti da Joe presso scuole, chiese, boy scout, comunità, durante il viaggio compiuto lungo le strade degli Stati Uniti e raccontate giorno per giorno su Facebook (https://www.facebook.com/JoesWalkForChange), il film non entra nel dettaglio di cosa abbia detto e che risposte abbia ricevuto: ancora una volta il focus del film non sta nell’approfondire le problematiche relative alla diversità e al bullismo ma alla crisi di un padre. La sua drastica decisione: sospendersi dal lavoro (ricordiamoci che aveva pur sempre una moglie e un figlio: nella realtà aveva tre figli) e dirigersi a piedi fino a New York appare come espressione del desiderio di sensibilizzare la gente contro il bullismo ma anche come strumento di espiazione personale. Nel colloquio a tu per tu che Joe ha con lo sceriffo della contea di Lincoln (avvenuto realmente), i due padri si confidano e si confrontano su come hanno affrontato il problema di avere un figlio gay. E’ Joe che in quella circostanza confessa che: “ero troppo preso dal pensare quello che gli altri avrebbero pensato per capire come deve essersi sentito lui. Avrei dovuto sapere quanto soffriva. Invece ho ritenuto che il fatto che lui fosse gay era un problema di Joe Bell. Una questione mia non di mio figlio”.
Al di là del turbamento di un padre, ritorna la domanda: il film è utile per evidenziare cosa avrebbe dovuto fare Joe? Il film analizza alcuni aspetti. Jadin vuole entrare a far parte delle cheerleader della scuola e il padre non si oppone (gli consiglia solo di allenarsi in un luogo dove non può essere visto: precauzione inutile perché poi tutti lo avrebbero visto allo stadio). Si tratta di una decisione che fa riflettere. In questi casi, a nostro avviso, vale la regola che il rispetto deve essere reciproco. Se è giusto rispettare Jadin nelle sue inclinazioni, è anche giusto che Jadin rispetti le secolari tradizioni degli altri (il fenomeno cheerleader, nato nel 1880, diventò tutto al femminile già agli inizi del 1900 e oggi, inevitabilmente, il pubblico si aspetta da loro movenze femminili e gambe in evidenza). Nella realtà, con il pretesto che Jadin fu scoperto a fumare, venne, per punizione, presto allontanato dalla squadra delle cheerleader. E’ questa una situazione dove il padre avrebbe dovuto usare maggiore prudenza e non esporre suo figlio a un pubblico vasto e indistinto. Altra domanda che sorge spontanea: Joe andò a protestare presso le autorità scolastiche? Nella realtà Joe e Lola lo fecero e fu particolarmente grave la responsabilità della scuola, che considerò il bullismo una ragazzata e di fatto nessuno fu punito. Occorre aggiungere che nella versione italiana del film, la sequenza dei due genitori che vanno a lamentarsi a scuola, è stata inspiegabilmente tagliata (altre sequenze violente sono state tagliate, probabilmente per abbassare il livello del divieto ai minori). Una parte delle responsabilità della crisi di Jadin viene addossata a un sacerdote cattolico che, vedendo il ragazzo entrare in chiesa, come racconta il padre, avrebbe detto che se era gay doveva venire all’altare e pentirsi dei suoi peccati. Se ciò è realmente accaduto (non ci sono testimonianze in proposito se non dello stesso Joe) il sacerdote ha una grave responsabilità perché gli avvenimenti sono del 2012 mentre già il Catechismo della Chiesa Cattolica, che è del 1997, indicava chiaramente che coloro che hanno inclinazioni omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”.
In conclusione, questo film mette sicuramente in evidenza la delicatezza della gestione della diversità riguardo all’inclinazione omosessuale ma non emerge alcuna conclusione propositiva. Il protagonista del film non è il ragazzo omosessuale con le sue sofferenze ma lo sono le persone che ruotano intorno a lui e che commettono svariati errori (la scuola, il sacerdote, il padre stesso). A ciò occorre aggiungere che il tono del racconto è altamente melodrammatico: emoziona senza risolvere.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Paese | USA |
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Pubblico | 14+ |
Tematiche (generale) | Da una storia vera Omosessualità |
Tipologia | Film |
Tematiche-dettaglio | Bullismo |
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