EROS

2004104\'Diseducativo  

Una coppia in crisi si aggira  tra spiagge e campagna in cerca di una possibile comunicazione. Poi però lui trova un’inaspettata soddisfazione tra le braccia di una donna appena conosciuta.

Un pubblicitario in crisi confida un proprio sogno ricorrente ad uno psicanalista che però è più interessato a spiare  dalla finestra con un cannocchiale e a lanciare aeroplanini di carta.

Un giovane sarto cuce i vestiti di una bella prostituta d’alto bordo e se ne innamora, seguendone con impotente e devota partecipazione l’ascesa e la caduta.

 


Valori Educativi



L’unico che parla realmente di Eros è Wong-Kar-Wai ma per lui l’amore non può che definirsi come rinuncia o come contemplazione feticista dell’oggetto amato e rinuncia impotente a stabilire con esso un vero legame

Pubblico

Diseducativo

Numerose scene di nudo e esplicitamente sensuali; diverse scene di sesso più o meno esplicite.

Giudizio Artistico



Soderberg: commediola psicanalitico-onirica; Antonioni: divagazioni celebrali; solo il racconto di Wong Kar-Wai ha uno sviluppo narativo nel suo personalissimo stile

Cast & Crew

Our Review

Superfluo, velleitario e celebrale. Queste sono le prime parole che vengono in mente davanti all’episodio di Eros diretto da Michelangelo Antonioni, che ne firma anche, con Tonino Guerra, la sceneggiatura (all’origine c’è un racconto di quest’ultimo). Se in passato Antonioni è stato celebrato come maestro del cinema e straordinario interprete dell’incomunicabilità e dell’inquietudine contemporanea, bisogna ammettere che l’esercizio di stile che ci presenta in quest’occasione non aggiunge nulla di particolarmente nuovo alla sua filmografia ed è, anzi, quasi imbarazzante nella sua pressoché incomprensibile pretesa di “artisticità”. Nulla ci dice sull’amore e, a ben vedere, molto poco anche sull’erotismo e il desiderio (i corpi nudi con cui è abbondantemente infarcito sono solo poco meno deprimenti di quelli di The dreamers di Bertolucci). I tre attori protagonisti non recitano, piuttosto declamano battute pesanti come macigni, che, se non nascessero dalla penna di un Maestro, nessuno esiterebbe a definire on the nose, mentre si muovono, a dir la verità un po’ impacciati,in inquadrature insopportabilmente lunghe e fitte di un simbolismo esasperato.

Si intuisce che Antonioni intende caricare gesti e oggetti di quei significati che, ahimè, si rifiuta di comunicarci per la via più semplice di una sceneggiatura degna di questo nome, ma sfortunatamente questi indizi rimandano ad un codice quasi incomprensibile per lo spettatore medio. Il filo pericoloso delle cose che costituisce il titolo dell’episodio, è destinato a sfuggirci, ma è difficile pensare che ne sentiremo mai la mancanza.

L’episodio di Soderbergh (Equilibrio), ambientato in un 1955 che più tipizzato non si può,ha qualche momento di umorismo in più, con lo psichiatra apparentemente serio che si distrae guardando dalla finestra con un binocolo e lanciando aeroplanini di carta, mentre un paziente in crisi gli racconta un sogno (erotico? non sembra nemmeno quello). A tratti, la pantomima fa venire in mente certe comiche mute nello stile Buster Keaton, salvo poi sorprenderci nel finale con un imprevisto capovolgimento di ruoli. Più che dalle parti dell’erotismo, se non fosse per qualche inquadratura un po’ esplicita del corpo della donna del sogno, però, siamo da quelle dell’esplorazione dell’inconscio, con in più l’impressione di trovarsi di fronte ad un giochino senza scopo.

L’unico episodio che abbia uno sviluppo narrativo degno di questo nome è quello di Wong Kar-wai, qui stilisticamente e tematicamente molto vicino al suo capolavoro, In the mood for Love, anche se, dato l’argomento assegnato per il “compito”, incline a qualche concessione alla fisicità. Laddove la passione dei due amanti di Hong Kong nel lungometraggio si consumava tutta in un gioco di sguardi e in un’impercettibile sfiorarsi, qui a diventare protagoniste sono le mani (e La mano è proprio il titolo dell’episodio). Le mani del sarto Chang e della signorina Hua, prima mantenuta d’altro bordo, poi semplice prostituta, per entrambi strumento di “lavoro”, ma anche straordinario veicolo di passione. Il regista cinese (che scrive e produce la storia) mette il suo inconfondibile tocco stilistico (la musica e l’atmosfera, la gestualità e fin anche lo stile degli abiti della protagonista Gong Li) al servizio di un’inusuale storia di feticismo e di amore “ancillare”, che è forse la sola a suggerire quell’erotismo chiamato in causa come motore di tutta l’operazione.

Quello che colpisce di più nella pellicola, tuttavia, è la confusione che ne è la genesi: il titolo Eros, pur rimandando ad uno dei concetti cardine del pensiero occidentale, promette di fatto incursioni sulla sessualità e l’erotismo.

La canzone che accompagna le immagini di raccordo (scritta ed interpretata da Caetano Veloso e dedicata allo stesso Antonioni) ci parla, però, di amore, definendolo peraltro in termini piuttosto riduttivi e pessimistici (“un angolo vuoto… una finestra inutile”).

Un aggettivo, quest’ultimo, senza dubbio applicabile alle celebrali divagazioni di Antonioni o alla commediola psicanalitico-onirica di Soderberg.. E in ogni caso, l’unico episodio che abbia davvero a che fare con l’amore è quello di Wong Kar-wai, come al solito abilissimo nel creare atmosfere di tragica ineluttabilità, ma come in altri casi, prigioniero di uno stile e di una filosofia in cui l’amore non può che definirsi come rinuncia o come contemplazione feticista dell’oggetto amato e rinuncia impotente a stabilire con esso un vero legame. Una visione profondamente romantica, ma nello stesso tempo disperata e senza uscita.

Di fronte ad operazioni di questo genere, la tentazione sana è di gridare che “Il re è nudo”, ma forse basta limitarsi a consigliare a Wong Kar-wai di tornare a lavorare da solo, a Soderbergh di trovarsi qualche argomento più solido a cui appigliarsi e ad Antonioni, spiace davvero dirlo, di prendersi tutto il riposo a cui ha diritto.

Autore: Laura Cotta Ramosino

Details of Movie

Titolo Originale EROS
Paese USA/Hong Kong/ Francia Italia Lux.
Etichetta
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