IL PEGGIOR NATALE DELLA MIA VITA

201293 min14+  

Vacanze di Natale. A bordo di una city car elettrica perché privo di patente, l’impacciato Paolo (De Luigi) sta raggiungendo sua moglie Margherita (Capotondi), che è in dolce attesa e i suoceri Giorgio e Clara (Catania e Bonaiuti) tra le nevi valdostane. A ospitarli, durante il periodo natalizio, è Alberto Caccia (Diego Abatantuono), capo e miglior amico di Giorgio, che da poco vive in uno splendido castello con sua figlia Benedetta (Laura Chiatti), anche lei, come Margherita, incinta. Sorpreso da una tormenta di neve, Paolo avrà le sue difficoltà per raggiungere il maniero, riuscirà a distruggere il bar di un taciturno locandiere perché non ha messo le catene alla macchina, e innescherà così una catena di disastri senza fine.

L’idea degli autori è di fornire un’alternativa più garbata alle commedie scollacciate, cercando di far ridere con un umorismo meno becero ma ugualmente immediato. Il risultato però è modesto e  manca una mano sicura nella regia.


Valori Educativi



Alcune belle scene di vita familiare ma il film non fa cenni di distinzione fra una maternità naturale ed una ottenuta tramite inseminazione artificiale

Pubblico

14+

Turpiloquio, alcune scene sguaiate

Giudizio Artistico



Un film svogliato, che non fa ridere e non cerca di nascondere i suoi intenti commerciali Manca una mano sicura nella regia.

Cast & Crew

Our Review

 

Sequel stanco de La peggior settimana della mia vita (2011), che era ispirato alla sitcom inglese The Worst Week of My Life. Esaurito lo spunto dell’originale (l’accumulo d’imbarazzanti gaffe di un uomo che riesce a farsi odiare dai quasi suoceri una settimana prima di sposarsi), gli autori cercano di misurarsi con l’istituzione nazionalpopolare del cinepanettone. Non sul terreno della volgarità e del cinismo per fortuna (il secondo è qui del tutto assente, la prima quasi del tutto…), ma su quello dell’ambientazione natalizia: la Val d’Aosta, la neve, l’albero, la slitta, il caminetto… L’idea degli autori è di fornire un’alternativa più garbata alle commedie scollacciate, cercando di far ridere con un umorismo meno becero ma ugualmente immediato (che pesca anche dalla serie Ti presento i miei con De Niro e Ben Stiller e che non risparmia facili gag con protagonisti uccellini nascosti nei pantaloni, pentole scambiate per water… non proprio il massimo della raffinatezza).

Sulla carta i presupposti per far bene ci sarebbero (il cast, la situazione “archetipica” del conflitto genero-suocero) ma qualcosa va storto. Non a caso, secondo noi, il regista Alessandro Genovesi nasce come scrittore (aveva scritto la commedia teatrale Happy Family e la sceneggiatura del film omonimo diretto da Gabriele Salvatores) e tale dovrebbe restare. La storia è esilissima ma così deve essere: ciò di cui si sente la mancanza, piuttosto, è una mano sicura alla regia, qualcuno che dia alla storia la verve e il ritmo necessari, che scandisca i tempi comici e diriga gli attori. Ci sembra che si pretenda qui di coniugare l’umorismo inglese, freddo e fondato sul “sottotesto”, con la comicità italiana, più esplosiva ed esplicita: non avremmo mai pensato, per dirne una, di vedere un Diego Abatantuono così sottotono, così fiacco. Per quello che riguarda la squadra degli attori, poi, rispetto al primo episodio, si sente la mancanza di Alessandro Siani ed è difficile per lo spettatore accettare che un anno prima Clara, la suocera di Paolo, fosse interpretata da Monica Guerritore e in questo film da Anna Bonaiuti.

Veniamo alla storia. La commedia dovrebbe far riflettere, con il sorriso, sul tempo che passa. L’anfitrione è un uomo che è diventato saggio dopo essere sfuggito per miracolo alle grinfie di una malattia grave. Non ha più paura di morire, dice, da quando ha rischiato davvero di farlo (compito involontario di Paolo sarà, con la sua sbadataggine, provare la tempra di quest’uomo, che più volte rischia di finire davvero al camposanto). Verso la fine del film, in una scena addirittura commovente, Margherita partorisce e contempla la sua bambina insieme al marito. È l’occasione, per Paolo, di riflettere sull’eccezionalità di ogni nascita, del diventare genitori, della bellezza della vita. Clara, infine, non è pronta a diventare nonna, uno spunto che – come molti altri – si perde sotterrato da gag che dovrebbero far ridere senza riuscirci: Margherita, che non riesce ad avere l’attenzione di sua madre, troppo concentrata sull’ossessione di diventare vecchia, un attimo prima di partorire le rompe il naso con un cazzotto. Forse ora le cose andranno meglio tra loro due… Mah! Così anche il rapporto tra Paolo e i suoi suoceri si risolve in facili gag “à la Zio Paperone”, in cui il suocero tenta di strozzare il genero.

Così procede il film, dove tutto, dalle battute alla recitazione, sembra finto. Molti passaggi, poi, girano a vuoto: la Capotondi e la Chiatti interpretano due amiche che in realtà non si sopportano, e che rappresentano due diversi tipi di maternità. La Capotondi è rimasta incinta dopo essersi sposata, la Chiatti si è fatta inseminare artificialmente a Londra. In nessun momento del film si sottolinea la differenza sostanziale tra queste due maternità: se con una mano si celebra la famiglia tradizionale, con l’altra si cerca di “sdoganare” altro. Il film fa il tifo per la famiglia ma lo fa con superficialità. A un certo punto entra in scena anche il padre di Paolo, accompagnato da una bambina che dice essere sua figlia. Paolo, però, non la conosce e non si sa fino alla fine chi sia la madre. Ha un senso nell’economia della narrazione? No, perché questi personaggi scompaiono estemporaneamente così come sono entrati in scena (come se provenissero da un altro film e fossero lì solo di passaggio).

Un pregio? A un certo punto alcuni personaggi intonano “Astro del ciel”, in italiano, canto popolare in cui il protagonista è il Festeggiato, di solito il Grande Assente nei film ambientati a Natale. Così anche è bello vedere nel finale di un film una famiglia radunarsi commossa attorno alla nascita di una bambina. Però il cinema non può essere strumentale a una singola scena: per quella sarebbe bastato girare uno spot televisivo. In conclusione, un film svogliato, che non fa ridere e non cerca di nascondere i suoi intenti commerciali (sforziamoci il minimo, tanto a portare la gente al cinema ci pensa il successo dell’episodio precedente). Alessandro Genovesi è rimandato al prossimo film. Da non credere: Carlo Vanzina, al confronto, pare un regista da Oscar.

Autore: Raffaele Chiarulli

Details of Movie

Titolo Originale Il peggior Natale della mia vita
Paese ITALIA
Etichetta
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