BAND OF BROTHERS
Dal campo di addestramento in Georgia allo sbarco in Normandia, quindi nelle Ardenne e in Germania, fino alla presa della residenza estiva di Hitler sulle Alpi Bavaresi, la serie racconta le azioni di fanteria paracadutistica della compagnia Easy, l’epopea struggente di un gruppo di uomini che la morsa del fronte ha cementato in valoroso sodalizio
Valori Educativi
Per soldati forzati a familiarizzare con la morte, prendersi cura gli uni degli altri fu il modo di tenere accesa una luce di umanità nel buio dell’immane carneficina cui prendevano parte.
Pubblico
10+ Per la tensione delle scene di guerra e immagini esplicite di feriteGiudizio Artistico
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“Banda di fratelli”, così nell’Enrico V di Shakespeare il re si rivolge ai suoi prima della battaglia di San Crispino. Il passaggio è citato in Band of Brothers, il titolo del best seller di Stephen E. Ambrose diventato nel 2001 un omonimo e premiatissimo adattamento televisivo. La miniserie americana, già trasmessa nel 2003 da Retequattro, negli scorsi luglio e agosto è andata in replica sullo stesso canale alle 23.00 del sabato. Dieci puntate da un’ora hanno catapultato nel cuore tragico ed eroico della Seconda Guerra Mondiale un pubblico selezionato dalla stagione estiva, dalla trama frammentaria e dal cruento realismo delle scene belliche che ha imposto l’orario di seconda serata.
Dal campo di addestramento in Georgia allo sbarco in Normandia, quindi nelle Ardenne e in Germania, fino alla presa della residenza estiva di Hitler sulle Alpi Bavaresi, la serie racconta le azioni di fanteria paracadutistica della compagnia Easy, l’epopea struggente di un gruppo di uomini che la morsa del fronte ha cementato in valoroso sodalizio. Questo, infatti, il messaggio della serie, ispirata a personaggi ed eventi reali: per soldati forzati a familiarizzare con la morte – tangibile, concreta e accerchiante – prendersi cura gli uni degli altri fu il modo di tenere accesa una luce di umanità nel buio dell’immane carneficina cui prendevano parte.
Band of Brothers deve moltissimo al film capolavoro sul D-Day, Salvate il soldato Ryan. Steven Spielberg e Tom Hanks vi hanno canalizzato l’esperienza fatta in occasione di quel gigantesco sforzo spettacolare. Insieme con la rete via cavo HBO e con la BBC – limitatasi a fornire supporto promozionale in cambio dell’inserimento nel cast di attori inglesi – i due cineasti hanno coprodotto il telefilm, sfruttando il materiale di ricerca storica, il set e i sistemi di effetti speciali serviti per il blockbuster.
Quale derivato televisivo di una ciclopica impresa cinematografica, la serie consta di adrenaliniche riprese sul campo e di pittorici campi lunghissimi del tutto inusuali sul piccolo schermo. Più in generale, il telefilm conserva la medesima atmosfera iperrealistica del film di Spielberg: stessa fotografia desaturata per suscitare nel pubblico il senso della storia che riprende vita; stessi scontri all’arma bianca resi senza alcuna edulcorazione; stesse impressionanti immagini di soldati lanciati all’assalto; stessi corpi dai quali all’improvviso un proiettale asciuga via la vita, lasciando cadere esanimi le membra ancora in corsa, come una marionetta sfuggita alla mano che la governava.
E’ diversa dal film, invece, la prospettiva adottata nella scrittura dei personaggi. Dieci episodi sono un arco eccessivo per una centratura sul protagonista e sul suo dilemma morale – in Salvate il sodato Ryan, il Capitano Martins/Tom Hanks e la sua progressiva adesione del costo carissimo da pagare alla libertà –. I sette sceneggiatori della serie hanno pertanto impostato un racconto corale: ogni episodio affronta la guerra con gli occhi di un diverso soldato della Easy. Per questo, dato il numero elevato dei personaggi e il tempo ridotto lasciato per tratteggiarli dai tantissimi combattimenti, la sceneggiatura impone nelle prime puntate uno sforzo notevole di attenzione. Tolto il personaggio principale, il Capitano Winters (Damian Lewis), gli altri protagonisti chiedono tempo per delinearsi nel loro caratteristico reagire alla disumanità del conflitto. Il premio alla sua attenzione è raccolto dal pubblico nelle puntate finali, quando il rapporto costruito con ciascuno dei personaggi, dopo dieci settimane, genera forte empatia: come se anche lo spettatore avesse in parte condiviso lo sforzo di orientarsi in un mondo ostile e caotico.
Il racconto seriale sfrutta il suo respiro ampio per corredare l’esemplarità della vicenda con materiale psicologico su cui riflettere. Posto infatti che la miniserie celebra il coraggio dei figli d’America gettatisi nella Fortezza Europa, il coinvolgimento nella vicenda scaturisce soprattutto dallo scavo, essenziale ma efficace, nel vissuto dei protagonisti. Il militare promosso e sottratto all’azione che si preoccupa dei compagni rimasti al fronte, il soldato che si rifugia nel distacco emotivo, il medico costernato dal vano tamponamento di ferite comunque mortali, il leader naturale e l’aspirante tale che lentamente delude i commilitoni: sono tutte personalità che la serie introduce con pochi, incisivi tratti, e fa poi lievitare. La prerogativa migliore dello sceneggiato di Hanks e Spielberg è proprio questa esplorazione di animi calati nel crogiolo della Storia. Lo è tanto quanto il fuoco ultraverosimile delle artiglierie, che pure occupa più dei tre quarti della fiction.
Band of Brothers si conclude nel modo più toccante. Visti all’inizio di ogni episodio in un breve montaggio di testimonianze, i volti dei reduci che con le loro interviste hanno ispirato il telefilm sono per la prima volta accompagnati, nell’ultima puntata, dall’indicazione del nome. Tra le rughe, negli occhi di queste persone, lo spettatore ha così modo di riconoscere i personaggi cui si è affezionato. Un brivido di commozione nasce allora dal leggere nella pacatezza degli sguardi il ricordo di eventi epocali, il crisma dell’umile dedizione e del sacrificio.
Per gentile concessione di Studi Cattolici
Autore: Paolo Braga
Details of Movie
Titolo Originale | BAND OF BROTHERS |
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Paese | Usa |
Etichetta | FamilyVerde |
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