UN PONTE PER TERABITHIA
La vita, in prima media, non è facile per nessuno. Ma per Jesse non lo è in modo particolare. I suoi genitori faticano a far quadrare i conti alla fine del mese, le sue tre sorelle lo tormentano, i bulletti di terza lo vessano. Per fortuna in classe arriva una nuova compagna: Leslie. In lei Jesse troverà finalmente un’amica che lo capisce e che gli insegnerà a evadere dalla realtà rifugiandosi in un mondo fatato creato dalla loro fantasia.
Valori Educativi
Il protagonista trova finalmente un’amica che lo sa comprendere ma dal film sembra che l’evasione fantastica sia l’unica via di salvezza da un mondo troppo brutto per essere sopportabile.
Pubblico
TuttiGiudizio Artistico
Le soluzioni narrative adottate siano decisamente banali, l’impostazione molto semplificatoria e la tesi generale sfuocata e sommaria
Cast & Crew
Regia
Gabor Csupo
Sceneggiatura
Jeff Stockwell
David Paterson dall’omonimo libro di Katherine Paterson
Our Review
Parafrasando Chesterton verrebbe da dire che, sconsacrato tutto, si finisce con il prendere per sacra ogni cosa. E nel disincanto contemporaneo, dove ogni aspetto della vita tende ad essere ridotto alla sua mera dimensione secolare, una delle cose che si è maggiormente inclini a considerare sacra – e dunque salvifica – è la fantasia.
È questo un motivo ampiamente diffuso nella nostra cultura e che trova espressione in numerosissimi film (basti pensare, limitandoci ad un recente successo, a Neverland, del 2004, sulla genesi di Peter Pan, con James M. Barrie interpretato da Johnny Depp).
Un ponte per Terabithia, da questo punto di vista, è paradigmatico nel ribadire una formula collaudata: un bambino infelice a causa di circostanze amare e difficili; una figura di mediatore (una delle infinite variazioni possibili del Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie) fra il mondo reale e l’altro mondo; un universo parallelo che, in modi diversi, trasfigura quello reale.
Ed è appunto qui – nel rapporto che stabiliscono fra l’universo reale e quello fantastico – che le declinazioni di questa formula collaudata devono essere valutate. Qual è, infatti, la relazione corretta in cui vanno tenute la realtà e la fantasia?
Se è unanime – nella cultura contemporanea – il biasimo per le posizioni eccessivamente “realiste” (che tendono a svalutare i voli della fantasia), dove è opportuno che si fermi l’esaltazione delle possibilità della fantasia? Quand’è che sognare comincia a diventare una pericolosa evasione dalla realtà? A che punto la trasfigurazione immaginifica va stigmatizzata come vana illusione?
Sono domande decisive per ogni cultura, e in particolare per la nostra, dove le possibilità di evasione in mondi fantastici, virtuali, sono state enormemente ampliate dalla tecnologia. Peccato dunque che gli autori del film non sembrino affatto averle affrontate nella la loro piena rilevanza: ciò ha, infatti, comportato che le soluzioni narrative adottate siano decisamente banali, l’impostazione molto semplificatoria e la tesi generale sfuocata e sommaria. Il film risulta narrativamente goffo ed emotivamente confuso (nonché noioso) soprattutto perché da un lato continua a ribadire che il mondo della fantasia (il mondo di Terabithia) non esiste, essendo una mera proiezione di Jesse e Leslie (e dunque le piccole, appena tratteggiate, avventure che i due bambini ci vivono non ci emozionano mai); dall’altro continua ad incensare l’evasione fantastica come l’unica via di salvezza da un mondo troppo brutto per essere sopportabile.
Autore: Francesco Arlanch
Details of Movie
Titolo Originale | UN PONTE PER TERABITHIA |
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Paese | USA |
Etichetta | FamilyVerde |
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