THE ELECTRIC STATE
The Electric State conquista per la bellezza del suo mondo visivo e l’atmosfera malinconica, ma fatica a coinvolgere davvero a causa di una narrazione debole e personaggi poco incisivi. Più forma che sostanza, per una visione comunque piacevole. Su Netflix
Michelle, un’adolescente orfana, intraprende un viaggio attraverso un’America devastata per ritrovare il fratello scomparso. Accompagnata da Cosmo, un robot misterioso, e da Keats, un contrabbandiere, Michelle scopre una cospirazione che minaccia l’equilibrio tra umanità e tecnologia.
Valori Educativi
Ci sono dei buoni e dei cattivi sia fra gli umani che fra i robot. La protagonista mostra rettitudine e onestà
Pubblico
10+Alcune scene di intensa violenza potrebbero impressionare i più piccoli
Giudizio Artistico
Il film raggiunge i suoi momenti migliori nella sua resa estetica: ogni inquadratura sembra una fotografia studiata, ogni ambientazione un piccolo mondo da esplorare. Eppure, questa cura visiva non basta a compensare una sceneggiatura debole e una direzione emotiva confusa
Cast & Crew
Regia
Anthony e Joe Russo
Our Review

Nel panorama sempre più affollato della fantascienza contemporanea, The Electric State si propone come un’opera ambiziosa, visivamente ricca e carica di promesse narrative, ma incapace, purtroppo, di sostenerne il peso. Tratto dall’omonimo romanzo illustrato di Simon Stålenhag, il film, diretto dai fratelli Russo e distribuito da Netflix, si avventura in una rilettura distopica dell’America anni ’90, in cui l’estetica rétro e la tecnologia decadente si fondono in un paesaggio affascinante ma emotivamente asettico.
La storia ruota attorno a Michelle, un’orfana adolescente interpretata da Millie Bobby Brown, che intraprende un viaggio per ritrovare il fratello scomparso. Ad accompagnarla, un robot assistente di nome Cosmo e un contrabbandiere disilluso interpretato da Chris Pratt. Sullo sfondo, un’America devastata da un conflitto tra uomini e intelligenze artificiali, dove droni abbandonati e torri in rovina punteggiano l’orizzonte.
È innegabile che l’impianto narrativo, almeno sulla carta, abbia un potenziale notevole: la commistione tra road movie, racconto di formazione e critica sociale sulle derive tecnologiche ha tutte le carte in regola per lasciare il segno. Tuttavia, il film fatica a rendere giustizia a queste tematiche, sacrificando la profondità della riflessione sull’altare dell’estetica e degli effetti speciali.
Visivamente, The Electric State è un trionfo. Le scenografie, ispirate direttamente dalle tavole di Stålenhag, restituiscono un mondo malinconico e affascinante, dove la tecnologia si è fossilizzata in rovine silenziose, creando una tensione poetica tra passato e futuro. I robot, realizzati con un convincente mix di CGI e animatronica, risultano espressivi e memorabili, evocando tanto l’immaginario infantile quanto quello distopico.
È proprio in questa resa estetica che il film raggiunge i suoi momenti migliori: ogni inquadratura sembra una fotografia studiata, ogni ambientazione un piccolo mondo da esplorare. Eppure, questa cura visiva non basta a compensare una sceneggiatura debole e una direzione emotiva confusa.
Il maggiore limite del film risiede nella scrittura. I personaggi, nonostante le interpretazioni dignitose di Brown e Pratt, rimangono piatti e scarsamente sviluppati. Michelle, che dovrebbe incarnare il cuore pulsante della storia, appare spesso come una figura passiva, priva di una vera evoluzione interiore. Chris Pratt, nel ruolo di Keats, non riesce a staccarsi dai cliché del contrabbandiere dal cuore d’oro, risultando prevedibile in ogni battuta.
Il ritmo narrativo è discontinuo: la prima parte si trascina tra spiegazioni poco ispirate e momenti di contemplazione visiva, mentre la seconda metà accelera bruscamente verso un climax che vorrebbe essere emotivo ma che si rivela piuttosto meccanico. La colonna sonora, discreta e coerente, non riesce ad elevare le scene nei momenti chiave.
The Electric State è un film che affascina per il suo mondo visivo, per la capacità di evocare un’atmosfera sospesa e malinconica, ma che delude nella sostanza. L’ambizione, in questo caso, supera la realizzazione. I fratelli Russo, noti per il loro lavoro nel Marvel Cinematic Universe, sembrano qui più interessati a costruire un universo visivo che a raccontare una storia coinvolgente e significativa.
Per gli amanti della fantascienza visiva e contemplativa, The Electric State può rappresentare un’esperienza apprezzabile, ma chi cerca una narrazione solida e personaggi complessi potrebbe uscire dalla visione con un senso di insoddisfazione.
Autore: Davide Amenta
There are no reviews yet.