SYRIANA

In un paese del Golfo Persico Nasir, il figlio maggiore dell’Emiro, concede ai cinesi i diritti di sfruttamento del petrolio fino a quel momento appartenuti agli americani della Connex. La compagnia decide allora di acquisire la più piccola rivale Killin, che ha ottenuto, probabilmente grazie alla corruzione, i diritti di sfruttamento dei giacimenti del Kazakistan. Questa decisione e gli intrighi che ne seguiranno coinvolgono da una parte all’altra del mondo il non più giovane agente CIA Robert Barnes, esperto di Medio Oriente preoccupato della sparizione di un missile forse finito nelle mani di terroristi islamici, l’analista finanziario Bryan Woodman, che vede in Nasir una speranza di riformismo in un intero Paese, ma anche l’avvocato Bennett Holyday, incaricato di mettere sotto il microscopio la fusione Connex/Killin. Ognuno di loro si troverà faccia a faccia con gli intrecci tra politica e affari, mentre i grandi movimenti nutrono le frustrazioni di due giovani pakistani affascinati dalla predicazione di un egiziano che parla di martirio per la fede.

Valori Educativi



Il film individua con lucidità alcuni dei punti dolenti dell’attuale panorama internazionale (sul modo di fare affari, sporchi, sul ruolo delle istituzioni e sull’operato degli U.S.A. nel mondo) ma poi non ci fornisce nessuna soluzione per venirne fuori; sembra quasi che l’unica vera forza pragmaticamente efficace nello scacchiere mondiale sia il fanatismo religioso di matrice islamica.

Pubblico

18+

Alcune scene di violenza e una scena di tortura piuttosto impressionante.

Giudizio Artistico



La trama è a volte è ardua da seguire e si appesantisce, specie all’inizio, con dichiarazioni di principio
Lo spettatore rimane confuso dall’andamento contorto di un thriller che sceglie la via della continua complicazione, della sovrapposizione dei punti di vista e della moltiplicazione delle situazioni.

Cast & Crew

Our Review

D allo sceneggiatore di Traffic. Stephen Gaghan, era difficile aspettarsi una pellicola lineare, in cui la suspense si limitasse a crescere sulla scorta di un intrigo svelato (o sventato) nello spazio di un paio d’ore. Il protagonismo disperso, l’unità più tematica che puramente narrativa, la costruzione a mosaico, sono i segni distintivi di questo scrittore passato alla regia con un progetto ambizioso che ben si inserisce in un trend di “critica politica” all’imperialismo americano condotto a colpi di pellicole.

A produrre (ma anche a dare volto e corpo – appesantito- ad uno dei protagonisti, l’agente della CIA che mette in guardia in vano i vertici dai rischi di una strategia non tanto spregiudicata quanto poco lungimirante) c’è George Clooney, che ormai guadagna più copertine grazie alle sue dichiarazioni sulla politica interna ed estera americana (e non solo) di quando era “solo” la più amabile faccia da schiaffi del cinema statunitense. Insieme al socio di sempre Steven Soderberg c’è la Participant Production di quel Jeff Skoll che, dopo aver sfondato con Ebay, ora è impegnato sul fronte dell’impresa sociale e dello sfruttamento delle fonti alternative al petrolio.

Il film, dunque, ambisce a dare un quadro composito e complesso di un orizzonte, quello della politica internazionale legata allo sfruttamento delle preziosissime risorse energetiche, in cui, come recita uno dei lanci del film, tutto è connesso e la corruzione (da uno dei personaggi persino elogiata – con tanto di citazione di un premio Nobel – come fondamento di un’intera economia) non è solo un male inevitabile, ma il più normale dei carburanti della vita di tutti i paesi, dalle democrazie occidentali alle dittature mediorientali.

Su questo sfondo le vite di diversi individui più o meno consapevoli e più o meno motivati si incrociano con forze di portata molto più grande, facendo scattare, a volte anche per caso (come per l’accordo che coinvolge la società di Bryan ed è connesso alla morte del figlio di lui nella piscina dell’Emiro), processi dagli esiti imprevedibili.

È così che dei missili che in una delle scene iniziali del film l’agente Barnes vende a due iraniani (in realtà lo scopo è di far saltare in aria i due) finisce nelle mani di un terrorista egiziano che lo userà proprio per colpire gli interessi americani (o meglio quelli della Connex), usando come kamikaze due pakistani rimasti senza lavoro a causa degli accordi che il principe Nasir ha concluso con i cinesi anziché con gli americani.

È solo un esempio dei molti fili che si intrecciano in una trama che a volte è arduo seguire e che si appesantisce talvolta, specie all’inizio, con dichiarazioni di principio (sul modo di fare affari, sporchi, sul ruolo delle istituzioni e sull’operato degli U.S.A. nel mondo) fin troppo esplicite.

Di fronte a Syriana, però lo spettatore rischia di rimanere spiazzato, confuso dall’andamento piuttosto contorto di un thriller che sceglie la via della continua complicazione, della sovrapposizione dei punti di vista e della moltiplicazione delle situazioni, rinunciando ad una vera presa emotiva sugli spettatori a favore di una visione del mondo in cui nessuno esce pulito (tutto il contrario di Traffic dove il peso dei drammi individuali impediva di cadere nell’astratto).

L rete del potere e del denaro legato alle risorse petrolifere e al loro sfruttamento (ma anche le prospettive individuali limitate quando non anche meschine) prevale sui destini dei popoli e delle singole persone, corrompendo ogni fedeltà e ogni valore. Dai grandi petrolieri con passatempi curioso (safari nel parco di casa) ai burocrati dell’Agency (divisi tra missili comandati a distanza e vetture familiari), dagli analisti finanziari con prole agli illuminati monarchi arabi (una figura, quella del principe riformatore anti-americano e filo-cinese, che forse esiste solo nella fantasia di Gaghan) passando naturalmente per spie dall’animo tormentato; tutti i personaggi di questa storia sono persi in eventi che non possono o non vogliono comprendere. Né d’altra parte lo spettatore può mai comprendere le motivazioni più profonde delle loro scelte, buone o cattive che esse siano.

Nella prospettiva degli autori, del resto sembra che per chi si ostina a credere in qualcosa (agli ideali, per la verità un po’ confusi, di un certo patriottismo – come Barnes – in una fede religiosa – come il giovane pakistano conquistato al martirio da kamikaze) resta solo la morte; tra l’altro l’accostamento finale tra i due morti (così diversi ma forse entrambi a loro modo “puri di cuore”) pare francamente azzardato.

Nell’ansia di sottolineare che gli interessi particolari, perseguiti con miope egoismo, finiscono per tradursi in un disastro collettivo, gli autori del film procedono per via di sottrazione rendendo talvolta quasi impossibile comprendere la direzione degli eventi, mentre lo spettatore investe emotivamente poco sui personaggi.

Se pure l’effetto di distanziamento fosse voluto, resta la sensazione di un’operazione che, pur individuando con lucidità alcuni dei punti dolenti dell’attuale panorama internazionale, dipinge il quadro secondo categorie un po’ troppo astratte, suggerendo infine che l’unica vera forza pragmaticamente efficace nello scacchiere mondiale (forse perché tragicamente precisa e lineare nei suoi obiettivi) è il fanatismo religioso di matrice islamica dal quale, sembra di capire, nessuno può o vuole salvarci.

Autore: Luisa Cotta Ramosino

Details of Movie

Titolo Originale Syriana
Paese USA
Etichetta
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