RITORNO A BRIDESHEAD

2008133'Diseducativo  

spirante pittore di origini modeste, conosce ad Oxford, dove è andato a studiare, Sebastian Flyte, fragile e originale rampollo della nobile famiglia cattolica dei Marchmain, che affoga nel bere i suoi conflitti interiori. Sebastian, che prova per Charles un attaccamento molto più che affettuoso, lo porta nella dimora di famiglia di Brideshead, dove Charles conosce il resto della famiglia: la religiosa Lady Marchmain, che ha un controllo assoluto sulle vite dei figli, e soprattutto Julia, la sorella di Sebastian, di cui Charles si innamora ricambiato. Ma il peso della loro educazione religiosa e l’influenza materna faranno sì che la felicità continui a sfuggire sia ai giovani Flyte che a Charles…

Valori Educativi



venta il simbolo e la più completa espressione della “libertà” moderna. Manifesto anticattolico grossolano, infarcito di luoghi comuni e pregiudizi.

Pubblico

Diseducativo

Per li disvalori presenti, come indicato accanto, per le scene sensuali e di nudo, baci omosessuali

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Ogni storia, al di là del suo plot, che magari a distanza di anni può in parte sfuggire anche al lettore attento e appassionato, ha un cuore e un senso suo proprio, quello che il suo autore ha voluto infondervi, la ragione stessa per cui quella storia è stata raccontata. Così, per esempio, le varie prove che Dante affronta nella Divina Commedia non avrebbero senso se non nella prospettiva del cammino di salvezza per cui il poeta è condotto, e I promessi sposi traggono il loro significato dalla valutazione finale che Manzoni mette in bocca a Lucia.

Anche Ritorno a Brideshead, l’opera forse più acclamata di Evelyn Waugh, non è semplicemente il racconto della giovinezza di un artista, Charles Ryder, o delle disavventura della famiglia Marchmain, ma, nelle intenzioni del suo autore «ha a che fare con la Grazia, cioè l’immeritato e unilaterale atto d’amore con cui Dio continuamente chiama un’anima verso di Sé».

Date queste premesse, c’è da stupirsi di fronte alla leggerezza con cui gli autori di questo adattamento (tra cui, sfortunatamente, c’è anche  Andrew Davis, che a suo tempo dimostrò ben altra sensibilità adattando una celebre versione di Orgoglio e pregiudizio per la BBC) procedono ad un generale travisamento dell’opera originale.

Così la trasformano in un manifesto anticattolico calligrafico e piuttosto noioso, infarcito di luoghi comuni e pregiudizi, a partire da quello, tanto diffuso quanto fasullo, del cattolicesimo come religione del «senso di colpa» (traduzione della cultura contemporanea del «senso di responsabilità»), in opposizione alla «libertà» offerta dalla modernità, fuori dai legami famigliari e confessionali, una licenza di cui il sesso diventa il simbolo e la più completa espressione.

In questi casi viene da chiedersi se gli autori non avrebbero fatto meglio a lasciar perdere l’operazione, se erano così convinti di far dire a una storia esattamente il contrario di quello che l’autore aveva voluto comunicare.

I due fratelli, Sebastian e Julia Flyte, sono presentati come due individui repressi dall’asfissiante religiosità materna: lui con chiare tendenze omosessuali (giusto perché nessuno abbia dubbi fin dal primo momento Ben Whishaw ne fa una specie di caricatura tra Il vizietto e il bambinesco, orsacchiotto alla mano, occhioni e sculettamenti), lei imprigionata in un fidanzamento e poi in un matrimonio di convenienza (Lady Marchmain è chiara sul fatto che la figlia dovrà sposare un cattolico, quindi l’ateo Charles è fuori gioco) da cui non ha la forza di liberarsi.

Niente di tutto questo corrisponde se non in modo vaghissimo e superficiale a quanto è raccontato nel romanzo: l’amicizia «romantica e affettuosa» tra i due ragazzi viene esplicitamente riconosciuta (anche da un personaggio «irregolare» come Kara, l’amante di lord Marchmain) come passaggio d’età, necessario, eppure necessariamente effimero, verso la maturità dei legami adulti. Il problema di Sebastian, nel romanzo, è l’incapacità di diventare adulto, che il ragazzo affronta dandosi al bere in modo sempre più autodistruttivo, mentre qui il personaggio viene trasformato in un omosessuale represso da una madre arpia e invadente, che vorrebbe invece solo essere libero e felice (se non avessero temuto di eccedere nell’anacronismo, gli autori avrebbero certamente usato il termine gay) e che a Oxford si accompagna con una cerchia di amici dalle stesse tendenze, mentre a casa è costretto a fingere.

Viene da chiedersi se un fraintendimento così plateale derivi semplicemente da una strategia di marketing (gli autori speravano di «vendere» alla comunità gay il film spacciandolo per un nuovo Another country o Maurice, come dimostrano anche certi manierismi recitativi dei giovani protagonisti) o più profondamente dall’incapacità di una certa cultura contemporanea di concepire un legame di affetto tra persone dello stesso sesso che non abbia risvolti sessuali, in questo precludendosi la comprensione di una buona metà della produzione letteraria dell’Occidente.ro come vorrebbe Jarrold, si faticherebbe a capire, comunque, perché questa madre tirannica e fondamentalista (anche la recita di un Padre Nostro e di un Salve Regina nella bella cappella di famiglia ha toni oppressivi e inquietanti che non stonerebbero in un madrassa islamica) insisterebbe per far accompagnare il figlio dissennato in viaggio a Venezia per visitare il padre che vive colà con l’amante, da un giovane che si dichiara ateo e per cui il figlio nutre una così sospetta simpatia.

Tutto l’impegno che gli autori hanno infuso nel caricare sessualmente il legame tra Charles e Sebastian, fa sì che il pubblico si perda per strada la vera grande storia d’amore del romanzo, quella tra Charles e Julia, che resta priva quindi di molta della sua carica romantica (sia nella sua parte «affermativa» che in quella finale di rinuncia) e si riduce ad un affaire un po’ squallido.

A completare la falsificazione, il marito di Julia, Rex, che in originale lei sposa con l’opposizione materna proprio perché non è cattolico, diventa qui ricco, cattolico, ottuso, e, per non faci mancare nulla, anche filo-nazista…

La falsità di questa ricostruzione raggiunge il suo apice nel finale, che stravolge completamente il significato di quanto Waugh aveva messo nella sua storia: anziché la possibilità della Grazia, che raggiunge anche l’uomo più peccatore nell’ultimo istante della vita, la condanna al senso di colpa e alla privazione. E così la rinuncia di Julia a Charles, che è il climax della sua crescita morale (per capirlo non ci vuole nemmeno il catechismo, basterebbe riguardarsi Casablanca) diventa il sigillo estremo della sua incapacità di liberarsi della sua pesante eredità familiare.

Forse la pellicola, nelle intenzioni degli autori, voleva «modernizzare» un genere classico come l’adattamento letterario, ma di fatto ha i numeri per finire su un manuale di «come non fare un adattamento»: non soltanto la voluta e arbitraria falsificazione del concept originale, ma anche le interpretazioni manieristiche,l’impostazione calligrafica, le ambientazioni eleganti ma piene di cliché, si tratti della campagna inglese, delle vie di Oxford, di una Venezia da cartolina o dell’Africa in cui si rifugia Sebastian. Lasciamolo pure ad impolverarsi sugli scaffali di una videoteca, meglio optare per qualche sanguigna americanata, quelle che gli intellettuali snobbano come anacronistiche ma che alla fin fine sono molto meno sleali verso le loro fonti.

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale Brideshead Revisited
Paese Gran Bretagna USA
Etichetta
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