MELANCHOLIA
Claire, che grazie al ricchissimo marito John vive in una magione sontuosa circondata addirittura da un campo di golf, ha organizzato un sontuoso ricevimento per il matrimonio della sorella Justine con l’innamoratissimo Michael. Ma alla festa, tra le tensioni familiari che riemergono e il disagio mental-esistenziale di Justine che esplode di fronte alla prospettiva di un legame permanente, va tutto storto al punto che alla fine Michael rinuncia e se ne va. Nel frattempo nel cielo è comparsa una strana stella che verrà ben presto identificata con un pianeta, Melancholia, la cui rotta si avvicina pericolosamente alla Terra…
I preparativi per la festa di matrimonio e il prossimo impatto di un pianeta sulla terra sono i due poli su cui Lars Von Trier sviluppa un racconto ben confezionato ma pervaso di un cupo nichilismo
Valori Educativi
Lo sfondo filosofico è quello di un sostanziale nichilismo anche se mitigato da espressioni d’amore
Pubblico
18+Diverse scene di tensione, una scena a contenuto sessuale e una di nudo.
Giudizio Artistico
Una pellicola suggestiva, anche se animata da una visione cupa ma molto ben confezionata
Cast & Crew
Produzione
Zentropa Entertainments
Memfis Film
Slot Machine
Zentropa International Köln
Bim Distribuzione
Eurimages
Trollhättan Film Ab
Arte France Cinéma
Regia
Lars Von Trier
Sceneggiatura
Lars Von Trier
Our Review
Accompagnato da un codazzo di polemiche legato più alle inaccettabili dichiarazioni del regista (circa Hitler e gli ebrei) che alla sostanza del suo contenuto, il nuovo film di Lars Von Trier è (a distanza di due anni dal discutibile Antichrist) una disperata riflessione sull’essere umano, miserabile e solo nel suo quotidiano come di fronte alla prospettiva della fine del mondo. Una pellicola suggestiva, anche se animata da una cupezza di visione che rischia di prosciugare le forze dello spettatore; più vicina alla poetica eccessiva de Le onde del destino o Dancer in the dark che agli esercizi un po’ formali di opere come Dogville, Melancholia richiede più che la fatica della visione la resistenza a un carico di negatività decisamente ben confezionata.
Si comincia con una sontuosa ouverture sulle note di Wagner che accompagnano immagini suggestive che altro non sono che la prefigurazione, più o meno simbolica, di quanto verrà raccontato per poi passare a un racconto in due parti (intitolate alle due sorelle protagoniste Justine e Claire).
La prima parte sembra gettarci, per tipologia di caratteri e stile di regia (disturbantemente a ridosso dei personaggi) in uno dei tanti (e diversamente riusciti) ritratti di famiglia in salsa scandinava.
La famiglia disfunzionale e piena di ipocrisie celebra il matrimonio dell’instabile Justine con l’illusione di un’ultima scommessa sulla felicità, alla quale, però, solo l’innamoratissimo Michael sembra credere davvero. L’assurda formalità del tutto, del resto, è ben incarnata dal “gioco dei fagioli”, parte a quanto pare indispensabile del complicatissimo programma messo in piedi da Claire forse nelle speranza di ancorare la sorella alla sua decisione.
Ma non ci sono fagioli (o romantici doni di nozze) che possano porre rimedio a un’inquietudine che sarebbe troppo facile liquidare come malattia mentale…
O forse invece Justine, con la sua disperazione e la sua crudeltà nei confronti di chi la ama, è solo una sorta di “cassandra” che, con l’unica ferma certezza dell’impossibilità di essere felici, prima degli altri intuisce l’oscura minaccia portata dalla stella comparsa nel cielo, che il cognato John (perfetta incarnazione di un’ottusa certezza borghese e positivista che Von Trier liquida con un fulminante finale) prima identifica erroneamente con Antares e poi riduce a un fenomeno celeste da tenere sotto controllo a colpi di telescopio.
Il fallimento del matrimonio, del resto, è solo l’inizio di un altro inquietante capitolo. Il crollo psico-fisico di Justine e la crescente ansia di Claire nei confronti di quel pianeta sempre più incombente sono i due poli della visione apocalittica del regista danese. Che non ha bisogno e non è interessato alle proporzioni globali dell’Armagheddon, né a ipotetici piani di evacuazione, ma si sofferma invece sulle implicazioni esistenziali di quanto si prepara.
È abbastanza evidente che lo sfondo filosofico è quello di un sostanziale nichilismo (non viene fatto alcun accenno a una domanda metafisica, spontanea di fronte all’incombere di un tale disastro, una domanda che è stata invece la protagonista di una pellicola dello scorso anno Tree of Life), ed è proprio in questo ambito che si polarizzano le posizioni delle due sorelle.
In qualche modo, infatti, Justine sembra ad un certo punto rifiorire nella certezza della fine, come se quella vaga inquietudine vissuta tutta la vita avesse trovato finalmente un punto su cui ancorarsi, una ragione profonda, che proietta la ragazza in una dimensione di quasi sovrumana tranquillità, condensata nell’immagine (tra il poetico e il kitsch) del suo bagno di luce blu in mezzo alla foresta nella notte illuminata dal pianeta minaccioso.
Claire, invece, sentendo che nessuna delle sue certezze materiali e borghesi potrà salvarla, incarna un tormento forse più concreto e incomprensibile che si proietta con credibile pur se irrazionale spontaneità sul destino del figlio piccolo…
Così Von Treir apparecchia un finale in qualche modo solitario e certamente definitivo (come acutamente sottolinea la repentina chiusura al momento dell’impatto, che sottrae allo spettatore persino la prospettiva di un universo privato della Terra) in cui, però, vale la pena cogliere un momento se non di ripensamento almeno di trasgressione rispetto al compiacimento di un nichilismo assoluto.
Di fronte alla paura del nipotino (la cui madre è talmente schiacciata dalla paura e dall’impotenza per essere d’aiuto) Justine finisce per abbandonare l’intransigenza della sua posizione e sceglie la strada del racconto magico per accompagnare il piccolo verso la fine.
In un universo in cui l’uomo è solo (come specie, ma soprattutto come individuo, separato dai suoi simili, ma, verrebbe da dire, soprattutto dal suo Creatore di cui non contempla nemmeno l’esistenza…) se non si può cercare (o dare) la speranza, resta però la tentazione dell’amore. Un amore che si traduce nel tradire la propria volontà di guardare in faccia l’abisso senza “raccontarsi storie” (come farebbe volentieri Claire “arrangiando” la scena su cui attendere l’evento) per alleviare le paure di un bambino e dargli se non la speranza del futuro almeno la certezza di essere amato.
Autore: Luisa Cotta Ramosino
Details of Movie
Titolo Originale | Melancholia |
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Paese | Danimarca Svezia Francia |
Etichetta | Non classificato |
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