L’EREDITA

2003107\'18+   Lavoro e Societa'

Christoffer ha rinunciato ad occuparsi dell'acciaieria di famiglia in Danimarca per andare a vivere in Svezia  con la sua bella moglie Maria, attrice di teatro ed occuparsi di cose più amene come la ristorazione. Il padre muore e la volitiva madre lo convince a tornare per prendere le redini della fabbrica, sull'orlo del fallimento. La moglie è assolutamente contraria ma lo ama e potrebbe accettare qualche accomodamento....

Valori Educativi



Un amore sincero resta soffocato dall’incapacità di rinunciare alle proprie posizioni

Pubblico

18+

Per una scena di sesso (ma senza nudità) ed una di tentato stupro

Giudizio Artistico



Alcune carenze nella sceneggiatura

Cast & Crew

Our Review

Non so se è una caratteristica del cinema scandinavo: le protagoniste donne (in questo caso la brava Lisa Werlinder) sono appassionate, espressive, la mobilità del  volto  offre cento sfumature. I protagonisti uomini sembrano che si siano mangiati una scopa e riuscire a distinguere fra quando sono arrabbiati, sono allegri, ubriachi o esprimono libidine,  è un vero dilemma.
Superato questo scoglio, il soggetto è estremamente interessante. Un uomo ha trovato la sua felicità ed il suo equilibrio occupandosi della gestione di un ristorante alla moda e passando le serate accanto a sua moglie, attrice teatrale,  aiutandola a ripassare  la parte . Improvvisamente il padre muore e lui, complice una madre molto volitiva, tenace paladina della continuità del patrimonio familiare, sente il richiamo delle sue radici, la  responsabilità della fabbrica di famiglia. Christoffer, uomo tranquillo e comprensivo, si sente ora stretto nella morsa delle fredde regole del capitalismo:  per risanare la fabbrica deve  licenziare un centinaio di operai ed  eliminare i collaboratori che non approvano la sua linea mentre la moglie, che si accorge che il marito sta pericolosamente cambiando pelle,  cerca ancora il compromesso venendo ad abitare in Danimarca e rinunciando temporaneamente al teatro. Inizia così per lui un pendolo incerto e doloroso, fra l’amore per sua moglie ed il sottile piacere che  prova, nonostante tutto,  nel gestire la fabbrica e cercare di portarla al successo.

Vi sono alcuni sostanziali difetti in questo film.

Innanzitutto l’ambiente di fabbrica: anche se il regista volutamente privilegia l’aspetto privato della vicenda, la fabbrica con i suoi operai ha un peso significativo  e avremmo gradito conoscere qualcosa di più sulle reazioni degli operai, i loro problemi. La dinamica della fabbrica è vista in modo semplicistico: la necessità di trovare una soluzione che concili  il rigore di una corretta gestione con  l’attenzione umana verso i dipendenti non viene risolta ma tutto si riduce a porre i cattivi da una parte ed i buoni dall’altra.

Il rapporto fra marito e moglie é molto interessante, perché fra loro non si frappone il classico, banale,  terzo incomodo, ma si tratta di risolvere i problemi di una vita in comune: assistiamo con  ansia ai loro incontri scontri, sperando che lui diventi meno egoista e lei meno rigida.  Anche in questo caso difetta la sceneggiatura: dove sono i magnifici dialoghi  di Scene da un matrimonio (1973) di Ingmar Bergman?
Maria e Christoffer si scambiano battute banali, non scavano nelle loro ragioni,  non si mettono totalmente in gioco. 

Il film si fa comunque apprezzare  per la  cura nell’impianto e la scorrevolezza del racconto.

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale Arven
Paese Danimarca/Svezia
Etichetta
Tematiche (generale)
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