IN MEMORIA DI ME (Toffoletto)

Andrea, giovane intellettuale in cerca di un motivo per cui vivere, mette alla prova la sua vocazione nel monastero di San Giorgio a Venezia. Ma l’inquietudine aumenta osservando gli altri novizi: Fausto, in piena crisi, abbandona il convento nel cuore della notte; Zanna, insofferente alla disciplina del monastero, insegue un ideale di semplice solidarietà verso il prossimo. 

Valori Educativi



Sentire parlare di amore di Dio a queste persone cupe, senza sentimenti e senza simpatia per il prossimo rende inevitabilmente falso, se non assurdo, qualsiasi loro discorso.

Pubblico

14+

Qualche momento di tensione psicologica

Giudizio Artistico



Film gelido, concepito in vitro senza la preoccupazione di indagare le motivazioni, innanzitutto umane, che generano un’esperienza così particolare

Cast & Crew

Our Review

Saverio Costanzo, si sa, è attratto dalle storie difficili e dall’esplorazione di realtà non immediate né vicine. Nella sua opera prima, Private, cercava di entrare dentro il cuore del conflitto israeliano-palestinese, adottando il punto di vista di una famiglia palestinese costretta a dividere la propria casa con un manipolo di soldati israeliani.

Di nuovo, con l’opera seconda, Costanzo si avventura in un territorio molto lontano dalle sue radici culturali ed esistenziali, e in fondo sconosciuto anche ai più, quello della vocazione religiosa.

Ma se nel caso di Private il giovane regista mostrava di aver svolto un accurato lavoro di ricerca, riuscendo a restituire le dinamiche profonde di un conflitto estraneo al proprio vissuto (anche grazie al lavoro fatto sul set con i membri del cast, scelti tra attori israeliani e palestinesi), ciò che sembra mancare a In memoria di me è la voglia, da parte dell’autore, di mettersi sinceramente in gioco, la disponibilità a conoscere la realtà raccontata senza pregiudizi, in profondità, con la necessaria umiltà, senza quindi delegare tutto al filtro del romanzo di partenza (Il gesuita perfetto di Furio Monicelli).  

Il risultato è un film gelido, concepito in vitro, che si sforza di raccontare il noviziato di un non meglio precisato ordine (una genericità che è appunto spia di scarso approfondimento, o peggio, di pregiudizio ideologico) senza però preoccuparsi di indagare le motivazioni, innanzitutto umane, che generano un’esperienza così particolare. Giustamente, Costanzo sceglie di mettere al centro del suo film temi forti e urgenti come la libertà (con la dialettica tra “libertà vera” e “falsa libertà”) e la ricerca di un senso alla propria vita. Ma questa ansia di significato, che spinge Andrea, il protagonista del film, ad abbandonare una brillante condizione mondana per il convento (o seminario?), non sembra mai accompagnarsi all’esperienza di un incontro, a una chiamata concreta, vissuta dentro una storia, dentro rapporti e legami profondi. Nella fissità monocorde della recitazione di Hristo Jivkov, Andrea appare una persona molto sola, sia fuori che dentro il convento, alla disperata ricerca di una strada. Il seminario, però, è il luogo dove si approfondisce un incontro, non un neutrale terreno di ricerca, per giunta privo di qualsiasi calore umano.

Non c'è gioia, fraternità, amicizia, insomma umanità in questi automi tutti concentrati su se stessi e su un dovere da compiere o a cui prepararsi: questo noviziato è una caricatura esasperata e glaciale di qualche rigidità che forse poteva essere vagamente presente -in modo ovviamente molto più attenuato- in qualche luogo un secolo fa. Sentire parlare di amore di Dio a queste persone cupe, senza sentimenti e senza simpatia per il prossimo rende inevitabilmente falso, se non assurdo, qualsiasi loro discorso.

Questi novizi assomigliano alle giovani reclute di Full Metal Jacket, costrette a un rigore e una disciplina assoluta, di cui non emergono mai le motivazioni. Non stupisce, quindi, che anche il seminario dell’isola di San Giorgio, un edificio dai corridoi grigi e asettici, inesorabilmente diviso dalla vita (che scivola via, dietro la vetrata, al passaggio delle navi e allo scoppio dei fuochi di artificio), abbia il suo “Palla di lardo”: un seminarista che, a furia di compiere gesti senza ragione, giustamente impazzisce e si ritrova, nel cuore della notte, a dare testate contro un muro, nella totale indifferenza dei suoi educatori e compagni.

E se la chiamata di Cristo non è un’esperienza totalizzante, lieta, carica tanto di affezione quanto di ragioni, è inevitabile che durante le tetre sedute dei seminaristi si produca una schizofrenia tra “intelletto” e “sentimento”, ben rappresentata nel film dall’opposta attitudine verso la fede di Andrea e del co-protagonista Zanna. Da una parte, c’è l’intellettuale tormentato da un’inquietudine interiore, disposto, in ultima analisi, a delegare la propria libertà all’istituzione, pur di sentirsi al sicuro; dall’altra il “buono naturale”, insofferente alla disciplina e al rigore, che lascia il convento per vivere un Vangelo più semplice, a contatto con le persone e i sentimenti.

In mezzo, una figura angosciante di “mentore”, l’abate del seminario. Un uomo che esibisce la fine dialettica e il volto tirato del Grande Inquisitore di Dostoevskij: un uomo che ha paura della libertà donata da Dio agli uomini, e che quindi si prende la responsabilità di gestirla per preservarli dal peccato. Quale rappresentazione più sottilmente accusatoria della Chiesa e dell’istituzione?

Dietro un’apparente, neutrale equidistanza tra la scelta di Andrea (restare in seminario, affidando la propria libertà all’istituzione) e quella di Zanna (che invece se ne riappropria, abbandonando il seminario), equidistanza espressa dal sorriso finale di ciascuno dei due, il film nasconde invece un potente atto d’accusa alla Chiesa cattolica, descritta in fondo come un’organizzazione totalitaria che cerca di imbrigliare la purezza originaria del messaggio evangelico. Un attacco ideologico, perché “salta” completamente i fondamenti dell’esperienza che vuole descrivere. Un attacco, però, a cui pochi hanno potuto assistere, visto l’andamento estremamente faticoso del film, penalizzato proprio da quell’“assenza di vita” che dichiara nell'autore, se non una vera e propria disonestà intellettuale, almeno l'incapacità di interrogare veramente chi oggi dona la propria vita a Dio, e la pigrizia mentale di chi va incontro a fenomeni per lui incomprensibili tutto chiuso nell'armatura dei propri preconcetti ideologici

 

Elementi problematici per la visione: qualche momento di tensione psicologica

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale IN MEMORIA DI ME 1 0 Paese Italia 1 0 Pubblico 14+ 0 0 Valori Educativi 2 0 0 Etichetta Non classificato 1 0 Giudizio Artistico 4 0 0 27488 IN MEMORIA DI ME (Olearo) Dramma 14+ Titolo Originale IN MEMORIA DI ME "
Paese Italia
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