GRAND BUDAPEST HOTEL
Un immaginario paese della Mitteleuropa all’inizio del XX secolo. Il giovane immigrato Zero Moustafa viene assunto come lobby boy nel prestigioso Grand Budapest Hotel e preso sotto l’ala protettrice del mitico Mr. Gustave H, concierge impeccabile con un ascendente sulle clienti anziane. Quando una di queste, la ricchissima Madame D., muore in circostanze misteriose lasciandogli in eredità un prezioso quadro, si scatena una serie di eventi destinati a cambiare per sempre la vita di Mr Gustave e del giovane Zero…
Anni trenta in un immaginario paese Mitteleuropeo: il film ricostruisce divertendo un’epoca indimenticabile sull’orlo del tracollo. Un film ottimamente diretto che gioca sulle apparenze e le illusioni
Valori Educativi
Un film sulle apparenze e le illusioni, il bisogno di mantenerle e i sacrifici che impongono, sulla disillusione ma anche e nonostante tutto, sul valore del ricordo e il potere della narrazione. Amoralità di alcune situazioni.
Pubblico
18+Qualche scena di nudo e a contenuto sessuale, linguaggio a volte volgare.
Giudizio Artistico
Cast & Crew
Produzione
Wes Anderson
Scott Rudin
Steven Rales
Indian Paintbrush
Scott Rudin Productions
Studio Babelsberg
Regia
Wes Anderson
Sceneggiatura
Wes Anderson
Our Review
Ha aperto con il botto il sessantaquattresimo Festival di Berlino, quest’'ultima fatica di Wes Anderson, che a Berlino era già passato con Le avventure acquatiche di Steve Zissou e per questo sontuoso ritorno raduna un cast stellare infinito, tra cui diversi dei suoi attori feticcio: Edward Norton (capo scout in Moonrise Kingdom e qui ufficiale di polizia dall'impeccabile educazione mitteleuropea), Bill Murray e Owen Wilson in due memorabili camei.
Ispirandosi molto liberamente, più nelle atmosfere che negli specifici contenuti, ai racconti di Stefan Zweig, Wes Anderson costruisce una storia ilare quanto stralunata, mescolando con evidente godimento generi cinematografici, formati di ripresa (differenziati per ciascuno dei tempi in cui si svolge la storia, dalla doppia cornice a quello del racconto principale), ruoli e elementi narrativi. Il risultato è un miracoloso equilibrio di toni, illuminato dalla solita cura maniacale che il regista dedica ad ambiente e inquadrature, riuscendo a ricreare un mondo con una sua incredibile consistenza, ma sempre impercettibilmente “sfasato” rispetto al reale.
Siamo negli anni Trenta e Monsieur Gustave H., oltre che dirigere la vita del l'hotel secondo standard che farebbero ottima concorrenza alla servitù di Downton Abbey , intrattiene relazioni non solo professionali con le facoltose e anziane frequentatrici dell'albergo.
La morte di una di loro, l’eredità inaspettata toccata al concierge (e da lui prontamente sottratta) scatenano le ire della famiglia della defunta, capeggiata da un perfidissimo rampollo, Dimitri (Adrien Brody), che spedisce sulle sue tracce l'assassino psicopatico Jopling (Willem Defoe).
Tra una fuga da una prigione di massima sicurezza (che fa il verso a tanti film sull'argomento, ma è gestita, ovviamente, secondo uno stile impeccabile), un assurdo scambio d’informazioni tra funivie in quota e un inseguimento in slittino dalla cima di una montagna, il giovane Zero fa a tempo a innamorarsi della bella pasticciera Agatha (Saoirse Ronan), che prepara dolci sublimi e all'occorrenza li usa anche per contrabbandare lime in prigione…
A completare il quadro un'invasione (in perfetto stile nazista) dell'immaginario Stato dei Sudeti dove si svolge la storia e un provvidenziale intervento della società segreta dei concierge…
La trama prosegue su toni mirabolanti, cui si alternano momenti d’improvvisa meditazioni e altri di surreale ilarità (come quando un colpo di pistola scatena una sparatoria alla messicana tra gli occupanti ).
Le ispirazioni del regista forse più cinefilo di Hollywood sono al solito infinite: da Vogliamo vivere di Lubitsch, a The Good fairy di William Wyler, al cinema espressionista tedesco, per non parlare di Stanley Kubrick, dopo Shining una citazione d'obbligo quando si parla di hotel…
Anderson gioca sistematicamente con le aspettative del pubblico, mescolando in un raffinato gioco di scatole cinesi una riflessione sul senso della narrativa e delle sue fonti, con una meditazione nostalgica su un passato più innocente e perduto, senza dimenticare l’omaggio al cinema classico.
Per una volta, però, non si potrà accusare Anderson di aver sacrificato la sostanza alla forma: tra i mille giochi di citazioni, il divertimento continuo dello scambio di ruoli e la calcolata amoralità di certe situazioni, emerge palpabile il senso profondo di lutto per un mondo tanto bello quanto vicino alla fine, una società che vive sull’orlo del tracollo, che le belle maniere possono tentare di tenere illusoriamente in piedi, ma che sarà presto vittima della violenza e dell’ideologia.
Un film dunque sulle apparenze e le illusioni, il bisogno di mantenerle e i sacrifici che impongono, sulla disillusione ma anche e nonostante tutto, sul valore del ricordo e il potere della narrazione.
Autore: Laura Cotta Ramosino
Details of Movie
Titolo Originale | Grand Budapest Hotel |
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Paese | Gran Bretagna/Germania |
Etichetta | Non classificato |
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