DIETRO I CANDELABRI

2013118 min18+  

Il giovane aspirante veterinario Scott Thorson non ci pensa due volte a lasciare la provincia e gli studi quando il celeberrimo pianista e artista di music-hall Liberace gli chiede di andare a vivere con lui, diventando il suo protetto. Affascinato dall’uomo e dal suo talento, e sedotto per certi versi anche dalla solitudine e dalla fragilità che vede di poter compensare, il giovane si trasferisce nella lussuosissima casa dell’artista, diventandone il pupillo e condividendo, oltre al letto, anche una vita vuota costellata di eccessi, sprechi e di piaceri fini a se stessi che diventano ossessivi.

Nel raccontare la storia del pianista  Liberace e del suo pupillo Scott, il film punta il dito contro l’ipocrisia di tutto un mondo dello spettacolo  che censura senza pietà debolezze e limiti degli esseri umani


Valori Educativi



Non c’è consolazione in questa storia di eccessi, piccolezze e tormenti, in cui alla fine il palcoscenico sembra essere davvero una sorta di altare scintillante e kitsch e il successo stesso diventa una droga – come il potere e il denaro – capace di dare alla testa fino alla distruttività

Pubblico

18+ Scene di sesso a contenuto omosessuale, consumo di droghe, turpiloquio, una scena di operazione chirurgica molto cruda

Giudizio Artistico



Cast & Crew

Our Review

Un incubo fatto di lustrini e paillettes. Dieci anni, dal 1977 al 1986, nella vita del talentuoso pianista italo polacco Władziu Valentino Liberace (1919-1987) e del suo pupillo Scott Thorson. Il film è tratto dal libro scritto da quest’ultimo e dal giornalista Alex Thorleifson, Behind the Candelabra. My Life With Liberace, memorie che ristabiliscono la verità sulla vicenda umana dell’artista (uno dei più popolari e in vista del mondo dello show-business di Los Angeles degli anni tra i Cinquanta e i Settanta) e sulle sue preferenze sessuali. Chi però si aspettava da questo film un nuovo manifesto della cultura omosessuale troverà altro. La sceneggiatura – scritta da Richard LaGravenese, validissimo autore di script come La leggenda del Re Pescatore, I ponti di Madison County, Freedom Writers – non sposa nessuna ideologia. Fa riflettere, certo, su come fino agli anni Ottanta fosse un tabù dichiararsi omosessuali, ma senza piagnistei e retorica sulla discriminazione. Piuttosto, punta il dito contro l’ipocrisia di tutto un mondo dello spettacolo che dipende dalla luce dei riflettori e che censura senza pietà debolezze e limiti degli esseri umani, in nome di un dio denaro cui asservire corpi e anime. È in nome di una fragilità, confessata solo in privato da entrambi, che si stabilisce un primo legame, che diventerà sempre più profondo, poi morboso e infine esploderà, tra l’egocentrico artista e l’affascinato pupillo, in cui con cinico senso pragmatico il manager (interpretato da un irriconoscibile Dan Aykroyd) è un ago della bilancia puntato sempre verso se stesso e il proprio tornaconto.

Il film, prodotto per la televisione americana da HBO e solo in un secondo momento distribuito nelle sale, è limpido nella descrizione dei rapporti tra persone dello stesso sesso (senza lesinare scene in cui Douglas e Damon si scambiano più di qualche tenerezza, motivo per cui è da sconsigliare a un pubblico che non sia adulto e maturo) e non accenna nemmeno a creare aloni di martirio. Anzi, il discorso sull’impossibilità dell’outing cade in secondo piano e lascia lo spazio alla descrizione di una soffocante gabbia dorata, dove il successo stesso diventa una droga – come il potere e il denaro – capace di dare alla testa fino alla distruttività (e che non cambierebbe, sembra dire lo sceneggiatore, se certe abitudini potessero uscire dalle camere da letto ed essere vissute alla luce del sole). Emblematico l’episodio in cui Liberace, non riconoscendosi in una trasmissione televisiva per la quantità di rughe, non solo si fa ringiovanire con un’operazione di chirurgia plastica, ma costringe il suo protetto – come se fosse uno schiavo o un oggetto – a sottoporsi, ancora giovane, a un’uguale operazione che ne modifichi i connotati, per farlo somigliare il più possibile a sé, senza che il diretto interessato abbia non solo la forza ma anche la volontà di rifiutare.

Insomma, una storia dai molti carnefici in cui le poche vittime si trasformano presto in altrettanti carnefici, prima di tutto di se stessi. Un film sarcastico e un po’ pessimista, ben recitato, professionalmente diretto e confezionato (molto riuscita la ricostruzione delle atmosfere anni Settanta), e che si serve di un mito logoro per abbattere una serie di altari con i loro idoli (sesso, potere, denaro, fama, droga). Non c’è consolazione, però, in questa storia di eccessi, piccolezze e tormenti, in cui alla fine il palcoscenico sembra essere davvero una sorta di altare scintillante e kitsch (fa testo l’ultima scena del film, dove il funerale dell’artista si trasforma in un’ultima grottesca esibizione) dove consumare, insieme alla realtà, anche i sogni.

Autore: Raffaele Chiarulli

Details of Movie

Titolo Originale Behind the Candelabra
Paese USA
Etichetta
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