CAROL
New York, 1952. Therese è la giovane commessa di un grande magazzino addetta al reparto giocattoli; indossa, come tutte le commesse, un cappello da babbo Natale perché siamo nel pieno del fervore degli acquisti prima della grande festa. Si avvicina al suo banco una signora molto elegante, Carol, che sta cercando una bambola particolare da regalare a sua figlia. Nell’andar via, dimentica i guanti sul tavolo. Therese, conoscendo il suo indirizzo, glieli restituisce tramite un pacco postale. Carol, per ringraziarla, la invita a raggiungerla a una tavola calda durante l’intervallo di pranzo. Le due donne iniziano a conoscersi…
In una New York anni ’50 ricostruita perfettamente, una donna abbandona figlia e marito per assecondare la sua attrazione verso un’altra donna. Ricostruzione realista senza sottofondi ideologici
Valori Educativi
Carol decide di abbandonare il marito per seguire le sue inclinazioni omosessuali ma ha almeno l’onestà di comprendere che è più giusto che la figlia venga affidata al marito.
Pubblico
18+ Una scena con nudità nell’ambito di un rapporto omosessualeGiudizio Artistico
Accuratissima ricostruzione dei costumi e delle ambientazioni degli anni ’50. Ottima interpretazione di Cate Blanchett; molto curate la regia e la sceneggiatura
Cast & Crew
Produzione
Number 9 Films
Killer Films
IN ASSOCIAZIONE CON STUDIOCANAL
HanWay Films
GOLDCREST
DIRTY FILMS
INFILM
LARKHARK FILMS LIMITED
Regia
Todd Haynes
Sceneggiatura
Phyllis Nagy
Our Review
Film importanti sul tema dell’omosessualità (ultimamente tutti al femminile) stanno arrivando nelle sale al ritmo di uno al mese. Dopo Freeheld e Io e lei, ecco arrivare Carol. Occorre riconoscere che quest’ultimo lavoro è meno ideologico degli altri: non è fatto per convincere lo spettatore di qualcosa (l’accettazione definitiva dell’omosessualità) ma per analizzare, il più intimamente possibile, una situazione.
Il regista è Todd Haynes, già autore, con Lontano dal Paradiso, di una storia ambientata negli anni ’50. Si trattava, anche in quel caso, di un amore fuori dalle regole: quello fra una bianca della higher class e il suo giardiniere di colore. Haynes torna a ricostruire, con una cura che sfiora la perfezione, gli anni ’50 nelle ambientazioni, nei costumi, anche se questa volta non riprende i toni saturi del Technicolor di allora come nel film precedente, ma lascia che predomini una dominante grigia che avvicina le inquadrature ai quadri di Edward Hopper. Un impegno stilistico che non ha l’obiettivo di realizzare un’opera estetizzante e astratta, ma al contrario, di far calare lo spettatore, con il massimo realismo possibile, nello spirito e nella mentalità dell’epoca.
Cate Blanchett è perfetta, ancora una volta, nell’interpretare il suo ruolo di donna elegante della medio-alta società newyorkese. La sua villa in un quartiere residenziale, l’ampia disponibilità di domestici e baby sitter, i suoi multiformi impegni mondani, fanno da contrasto al piccolo appartamento dell’impiegata Therese, con un telefono condiviso nel pianerottolo e una vita solitaria di immigrata con i parenti rimasti in Europa.
Carol ha una figlia che ama ma anche un marito con il quale ha avviato una pratica di divorzio: cerca di destreggiarsi al meglio nella sua difficile situazione (a causa delle sue tendenze omosessuali ha avuto in passato una lunga relazione con una sua amica d’infanzia) per cercare di preservare almeno l’affido condiviso della figlia. Therese è invece una giovane immatura a cui piace restare tale: non prende mai nessuna decisione (non accetta ma neanche respinge il fidanzato che ha già chiesto di sposarla); preferisce piuttosto lasciarsi trascinare dagli eventi e da chi ha più carattere di lei. L’incontro con una donna forte e risoluta come Carol non poteva che destare un interesse reciproco per un rapporto che possiamo tecnicamente definire di tipo pederastico. Bisogna dare atto al regista e allo sceneggiatore di non esser scivolati nella facile condanna dell’oscurantismo degli anni ‘50 ma di aver impostato delle figure maschili intorno alle protagoniste che, pur dispiaciute, non sono ottusamente reazionarie, come accade in tanti film di Ferzan Ozpetek o di Pedro Almodovar, ma si sforzano di comprendere ciò che è accaduto e soprattutto Richard, il fidanzato di Therese, cerca di metterla in guardia sulla precarietà di quel tipo di relazione. In una sequenza centrale, Therese chiede a Richard se sia possibile avere attrazione per una persona dello stesso sesso. Ovviamente non c’è risposta da un ragazzo che sta cercando soprattutto di sposarla mentre Therese continua a lasciarsi trasportare, acriticamente, dalle sensazioni del momento.
In tutto il film, la dichiarazione “ti amo” viene pronunciata tre volte. Da parte del marito di Carol a sua moglie, il quale, nonostante tutto, vorrebbe che tornassero insieme; da parte del fidanzato di Therese alla ragazza, perché vorrebbe sposarla; infine da parte di Carol nei confronti di Therese.
Le prime due hanno un senso più pieno e fecondo, perché sottendono il confermare o il voler costruire una famiglia insieme; l’ultimo denota il puro soddisfacimento di un desiderio individuale. “Sei un angelo venuto dal cielo”, esclama Carol nei confronti di Therese, che in questo modo rende manifesto come lei, donna forte e matura, si sia avvicinata a quella ragazza così fragile, per soddisfare egoisticamente un proprio ideale di relazione.
Carol ha almeno l’onestà di riconoscere che se continua a perseguire quel tipo di relazione, è giusto che sua figlia resti affidata al padre.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Titolo Originale | Carol |
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Paese | USA |
Etichetta | Non classificato |
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