BARBIE (NICOLO’ PEDEMONTI)

114 min10+ ,

In viaggio nel mondo reale Barbie-stereotipo esplora la differenza tra finzione (dove tutto è perfetto per le donne) e realtà, tra comunicazione pseudo-femminista e condizioni di vita delle donne reali. Il film è diventato un grande successo di pubblico ma parla di troppi temi e non accenna ad andare in profondità in nessuno di essi. Su Prime Video

Barbie stereotipo (Margot Robbie) vive a Barbieland, una sorta di paradiso terrestre dove, insieme alle altre Barbie, ogni giorno fa le stesse cose, preoccupandosi solo di vivere una vita meravigliosa, perfetta e felice. Barbie stereotipo è la Barbie classica, bianca, bionda e bellissima. Insieme a lei vivono tutte le altre Barbie: al giorno d’oggi una donna non può limitarsi ad essere bella, per cui ecco Barbie Giornalista, Barbie presidente, Barbie Medico, Barbie scrittrice, ecc. Le Barbie sono convinte di aver sconfitto il patriarcato e che, grazie al loro esempio virtuoso, ogni bambina nel mondo reale possa scegliere il tipo di donna che vuole essere, e poi, da donna, abbia l’autorità e il potere per autodeterminarsi e vivere una vita felice come quella che si vive a Barbieland. Ma anche in questo mondo dorato esistono delle ombre: a Barbieland vivono anche i Ken, i quali vivono solo in funzione delle Barbie, per impressionarle ed ottenere i loro sguardi e le loro attenzioni. Improvvisamente in questo mondo patinato si rompe qualcosa. Una mattina Barbie si sveglia e i suoi piedi sono piatti: poggiano a terra, e non sono sollevati come quelli delle altre Barbie. Come se non bastasse, le è comparso un accenno di cellulite e il suo sonno è tormentato da pensieri di morte. Barbie rivuole indietro la sua vita perfetta, e si rivolge e Barbie Stramba, una Barbie imperfetta che, nel mondo perfetto di Barbieland, vive emarginata. Barbie Stramba le dice che il suo problema deriva da un’inusuale interazione tra mondo reale e Barbieland: una bambina dal mondo reale sta influenzando Barbie attraverso i suoi pensieri negativi. L’unico modo che ha per tornare come prima è andare nel mondo reale e trovare la bambina. Barbie parte così verso il mondo reale insieme a Ken (Ryan Gosling), che la accompagna, anche se indesiderato, con l’obiettivo di conquistare la sua considerazione. I due trovano però qualcosa di molto diverso da quello che immaginavano: il mondo reale non è perfetto, e non lo è neanche la vita delle donne. Barbie si scontra con il maschilismo e con le difficoltà della vita di tutti i giorni, mentre Ken scopre che gli uomini, nel mondo reale, non solo contano qualcosa, ma dettano legge: sono forti, potenti, importanti. Mentre Barbie è catturata dai dirigenti della Mattel (la casa produttiva di Barbie), i quali vogliono evitare i contatti tra Barbie e il mondo reale, Ken riesce a tornare a Barbieland. Barbie fugge dai dirigenti, che vogliono “rimetterla in scatola”, con l’aiuto di Gloria, la donna (non bambina) del mondo reale che entrando in contatto con lei ha rovinato la sua perfezione. Barbie, insieme a Gloria e sua figlia (una ragazzina che odia Barbie in quanto simbolo del maschilismo), torna a Barbieland, dove però troveranno una realtà sociale stravolta: i Ken hanno instaurato il patriarcato, e le Barbie sono ridotte a delle serve sexy senza intelletto. Aiutata da Gloria e sua figlia, Barbie dovrà cercare di riportare le cose in equilibrio. In ogni caso, il contatto con il mondo reale ha cambiato sia Barbie che Ken, e nulla potrà più essere come prima…


Valori Educativi



L’autocritica di Mattel (l’azienda che ha distribuito nel mondo la bambola e che è anche produttrice del film) finisce nella demenzialità, senza assumere davvero una dimensione etica. L’enorme operazione di marketing e re-branding che si cela alle spalle del film non può fare altro che annullare il suo potenziale di critica e riflessione per renderlo nient’altro che ciò che denuncia: l’ennesima operazione commerciale che professa femminismo e libertà al solo scopo di vendere qualcosa.

Pubblico

10+

Alcune allusioni sessuali, situazione di acceso conflitto fra uomini e donne

Giudizio Artistico



Il film funziona molto bene come commedia satirica, le performance di Margot Robbie e Ryan Gosling sono ottime e non a caso è diventato un grande successo di pubblico ma parla di troppi temi e non accenna ad andare in profondità in nessuno di essi.

Cast & Crew

Regia

Sceneggiatura

Greta Gerwig

Sceneggiatura

Noah Baumbach

Sceneggiatura

Our Review

Barbie è una commedia satirica brillante e tematicamente molto densa. Attraverso il viaggio nel mondo reale Barbie esplora la differenza tra finzione (dove tutto è perfetto per le donne) e realtà, tra comunicazione pseudo-femminista e condizioni di vita delle donne reali. Il viaggio di Barbie mette in luce un enorme divario tra queste due dimensioni. Ed è un divario che Barbie e la Mattel hanno contribuito a creare, anche se il film non è privo di forti contraddizioni etiche: la Mattel sembra perlomeno non celare le proprie responsabilità, inserendo auto-ironicamente nel film la caricatura goffa di sé stessa, una società di uomini che crea prodotti per donne al solo fine di fare soldi (con amara ironia, lo stesso film “Barbie” è annoverabile tra questi prodotti: mentre il pubblico pensa di prendersi gioco della Mattel, la Mattel si prende gioco del pubblico). Purtroppo, l’autocritica finisce nella demenzialità, senza assumere davvero una dimensione etica. L’enorme operazione di marketing e re-branding che si cela alle spalle del film non può fare altro che annullare il suo potenziale di critica e riflessione per renderlo nient’altro che ciò che denuncia: l’ennesima operazione commerciale che professa femminismo e libertà al solo scopo di vendere qualcosa. 

Lasciando da parte le questioni produttive e di marketing, il film funziona molto bene come commedia satirica, e mette in luce maschilismo e schemi di genere in maniera brillante e divertente. Non a caso è un grande successo di pubblico, mentre scrivo ha già incassato 800 milioni al botteghino. Le performance di Margot Robbie e Ryan Gosling sono ottime e reggono l’intero film (una menzione per Will Ferrell, che interpreta in maniera splendidamente demenziale il direttore della Mattell). La sceneggiatura di Gerwig e Baumbach, al solito, regala dialoghi brillanti e un ritmo incalzante.  Il meccanismo più riuscito del film è lo scambio della dinamica uomini/donne tra Barbieland e mondo reale: nel mondo di Barbie, i Ken sono fondamentalmente superflui e il loro unico scopo è quello di impressionare e essere apprezzati dalle Barbie. Il viaggio di Ken nel mondo reale, al contrario di quello di Barbie che si configura come un brusco e amaro risveglio, è una versione demenziale ma non per questo meno profonda del mito della caverna. Nel mondo reale Ken prende coscienza del valore della propria maschilità, della possibilità di far sentire la propria voce, di poter essere qualcuno indipendentemente da Barbie. Il mito della caverna ha in Barbie un epilogo diverso di quello platonico, perché tornato a Barbieland, Ken instaura il patriarcato. Da qui in poi inizia la parte più debole del film. Usare i Ken come specchio della condizione femminile nel mondo reale è sicuramente una mossa intelligente, ma è incoerente rendere di punto in bianco gli oppressi in oppressori (portando fino in fondo l’allegoria dovremmo concludere che l’empowerment della donna nel mondo reale sia il male). E così tutto si conclude a tarallucci e vino, con le Barbie che fanno “Woman’s plaining” e spiegano ai Ken come essere indipendenti e vivere la loro vita senza preoccuparsi di ottenere le attenzioni delle donne.

Nel complesso il film è eccessivamente didascalico nell’esprimere i suoi messaggi. Anche nel finale, che punta a toccare il cuore dello spettatore, manca qualcosa: il sentimento. Un film non può essere demenziale e macchiettistico per tutta la sua durata, e poi pretendere di lanciare messaggi profondi. Barbie tratta temi molto complessi (schemi di genere, maschilismo e femminismo, patriarcato, rapporti tra individuo e collettività, tra immaginario e realtà) in maniera estremamente semplice. Parla di troppi temi e non accenna ad andare in profondità in nessuno di essi. La commedia non ha bisogno di un ordine intellettuale e morale alle spalle, ma il dramma si. Ed è quando Barbie passa al registro drammatico, quando prova a suscitare emozione e ad insegnare qualcosa al suo pubblico, che non funziona. In quei momenti tutto appare troppo didascalico, troppo gridato, e proprio per questo non entra nel cuore dello spettatore. Con questo non intendo dire che Barbie non possa suscitare emozioni, perché anche un album di famiglia  può suscitare emozioni per chi è umanamente coinvolto in ciò che è rappresentato. Ma il sentimento è diverso dalle emozioni. Le emozioni parlano alla pancia dello spettatore tramite una logica reattiva, mentre il sentimento integra emozioni e razionalità, e richiede allo spettatore una posizione attiva, lo stimola alla ricerca. L’arte è autentica quando muove il cuore di chi è estraneo a ciò che è rappresentato, e può farlo solo se rimanda a qualcosa di più grande di ciò che è rappresentato. E Barbie questo non lo fa: più che estendere, restringe; più che stimolare verso la ricerca, induce a chiudersi in risposte preconfezionate.

E questi difetti sono tanto più gravi perché Barbie non è solo un film, ma una grande operazione commerciale, e il giudizio sul film non si può fermare ad essere estetico, ma deve estendersi al giudizio etico su un film consumista e di consumo che finge di essere qualcosa che non è, cioè un’opera cinematografica, e nel far questo inganna il pubblico e danneggia il cinema. Non si tratta di una aprioristica avversione verso la popolarità del film e la semplicità dei messaggi: un’opera ha tutto il diritto di provare a raggiungere il maggior numero di persone possibile. Il problema è il fine per cui lo si fa. Se per mandare un messaggio o per vendere magliette. “Barbie” può considerarsi un film popolare solo nell’accezione deteriore del termine, non quale mezzo d’ampia diffusione d’un messaggio culturale, bensì come modaiola cacofonia di spot pubblicitari, un’operazione di pink-washing e rebranding svolta attraverso il medium cinematografico.

Autore: Nicolò Pedemonti

Details of Movie

Etichetta
Paese  USA
Pubblico
Tipologia
Titolo Originale Barbie
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  1. Linda

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