MIA MADRE
Margherita è una regista molto impegnata, che fatica a mettere insieme lavoro e vita privata. Di giorno lavora sul set, affrontando una difficile gestione del cast e della troupe; di sera si reca all’ospedale, dove è ricoverata sua madre anziana e gravemente malata. Lì incontra Giovanni, suo fratello maggiore, un ingegnere che ha chiesto dei mesi di aspettativa per poter meglio accudire la madre. La sera si ritrova sola a casa: è divorziata, ha cessato la sua convivenza con un attore del film e la sua unica figlia tredicenne vive con il padre
Nanni Moretti riflette sul dolore che gli ha arrecato la recente morte della madre e realizza un film intimista e sensibile. Un film ben realizzato con i limiti claustrofobici di ogni autobiografia
Valori Educativi
Due fratelli accudiscono amorevolmente la madre morente. Non è chiaro se il loro atteggiamento sia sinceramente altruistico oppure se si affliggono perché quella perdita ferisce soprattutto loro stessi
Pubblico
TuttiGiudizio Artistico
Nanni Moretti si rivela ancora una volta molto bravo nel dirigere gli attori (bravissime Margherita Buy e Giulia Lazzarini) e nel raccontare ciò che vuole raccontare. Peccato che racconti solo se stesso.
Cast & Crew
Produzione
SACHER FILM
FANDANGO
Rai Cinema
LE PACTE
Arte France Cinéma
Regia
Nanni Moretti
Sceneggiatura
Nanni Moretti
Francesco Piccolo
Valia Santella
Our Review
Il quest’ultimo film di Nanni Moretti tutto appare ordinario e prevedibile. Due fratelli, Margherita e Giovanni, hanno una madre anziana che vanno a trovare a turno all’ospedale; il resto della giornata viene trascorso da Margherita sul set del film di cui è regista. Quando può si occupa della figlia tredicenne che vive a casa del padre, da cui Margherita ha divorziato. Intanto il fratello Giovanni, ingegnere, si è preso qualche mese di aspettativa per stare più vicino alla madre. La struttura del film è tutta qui: dopo la parte iniziale, necessaria per presentare i personaggi e gli ambienti, c’è solo il naturale, prevedibile sviluppo degli eventi. Eppure è proprio questa ordinarietà a creare ansia e un profondo senso di inadeguatezza nei due protagonisti. Margherita continua le riprese del film ma è insoddisfatta delle tante imperfezioni da correggere, incomprensioni da superare. Le visite quotidiane alla madre in ospedale sono occasione per lei di accendere bei ricordi del passato ma al contempo, le prove che la memoria della madre sta svanendo, le diagnosi pessimiste dei dottori le danno un senso di impotenza di fronte a una vita che sta inesorabilmente scivolando via.
Il fratello (interpretato da Nanni Moretti) è più fatalista: la morte è un male inevitabile e reagisce con una cura meticolosa (sono le nevrosi del Moretti di sempre) nell’organizzare il pranzo per la madre, preciso nel mescolare gli ingredienti e nel fare il modo che il sugo sia caldo al punto giusto. Al contempo la sua crisi è peggiore di quella della sorella, perché decide di licenziarsi dall’azienda in cui lavora, senza avere nessuna seria prospettiva per il futuro.
Nanni Moretti si conferma bravissimo nella direzione degli attori: Margherita Buy esprime con grande intensità tutta la sua inadeguatezza nel vivere, soffrendo, arrabbiandosi con gli altri ma sopratutto con se stessa. Giulia Lazzarini, nella parte della madre, riesce a essere svagata e profonda al contempo; John Turturro, nella parte dell’attore americano protagonista del film di Margherita, gigioneggia irrefrenabile, forza vitale che contrasta con la fragilità indifesa della Buy.
L’argomento del film è ancora una volta, solo e soltanto il Moretti stesso, anche se questa volta ha assunto delle sembianze femminili. In questo film è se stesso in modo più radicale: ha abbandonato qualsiasi istanza politico-sociale presente nei precedenti lavori (anche se il film che sta girando Margherita riguarda il mondo operaio, il tema dei colletti blu pare ridotto a routine astratta, senza agganci alla realtà, come esclama il protagonista venuto oltreoceano), non inserisce commenti pseudo-filosofici sul senso della vita ma soprattutto evita di dare al film qualsiasi interpretazione psicoanalitica. Il Nanni di sessantun’anni (nella realtà come nel personaggio che interpreta) è nudo di fronte a un sentimento filiale (vissuto realmente pochi anni fa) che lo coinvolge sotto forma di languida tristezza.
Lo sviluppo del racconto è molto simile a quello presente nel precedente La stanza del figlio (2001): anche in quel caso un lutto (la morte di un figlio, sicuramente molto più straziante) non innescava eventi esterni eccezionali ma veniva metabolizzato tutto all’interno della famiglia, l’unica, con i suoi forti legami, in grado di sostenere l’urto del dramma. Nanni Moretti è in grado di raccontare solo se stesso, ma lo fa molto bene.
Si potrebbe concludere che il film è pieno di messaggi positivi, soprattutto per il modo con cui i due fratelli si prendono cura della madre morente. Ciò è assolutamente vero ma c’è qualcosa di troppo limitato, di infecondo nel loro sentimento. Hanno paura di perdere la propria madre ma questo sembra coincidere con il timore molto privato di perdere un altro sostegno alla loro instabile esistenza. In effetti Giovanni non ha famiglia e Margherita è divorziata. Sono entrambi soli. “Tu pensi solo a te stessa” esclama l’ultimo convivente di Margherita, deluso per essere stato abbandonato. E forse ha ragione.
Nanni Moretti non è come Woody Allen che ha concluso che viviamo in balia di un fato insensibile ai nostri destini; Nanni non ha una conclusione da proporre, anzi, a un certo punto Margherita afferma: "non capisco più niente"; Nanni si sente però sensibile, sopratutto agli affetti familiari. Sa che noi viviamo sentendo la gioia e il dolore ma poi "è subito sera".
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Titolo Originale | Mia madre |
---|---|
Paese | ITALIA |
Etichetta | Non classificato |
There are no reviews yet.