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DIAMANTI

2024135 min10+   sorellanza

Ozpetek ricostruisce molto bene l’ambiente di una sartoria per il cinema ma l’eccesso di melò alleggerisce troppo il racconto che finisce per evaporare rapidamente. In Sala

Roma, anni ’70. In una sartoria specializzata in costumi per il cinema e il teatro arriva Bianca Vega, una costumista già premio Oscar, che ha urgente necessità di stupendi costumi femminili e maschili per un film ambientato nel ‘700. Alberta, proprietaria, assieme alla sorella Gabriella, promette che i costumi saranno completati in tempo. Il lavoro inizia febbrile da parte delle impiegate della sartoria, tutte donne (tranne un ragazzo in funzione di segretario): la sarta, la ricamatrice, la modista, la tingitrice. Alla fine della giornata, tornano alle loro case ma molte di loro non hanno una vita facile: chi ha un marito violento, chi è rimasta sola con un figlio piccolo e pochi soldi, chi ha un adolescente problematico, chi cova un dolore che non riesce  superare…


Valori Educativi



In un ambiente di lavoro tutto al femminile, il diffuso sentimento della sorellanza diventa un aiuto reciproco per tutte. Ma un valore che viene alimentato perché non ci sono altri valori presenti, come quello coniugale o familiare

Pubblico

10+

Appaiono sgradevoli alcune scene di violenza su una donna

Giudizio Artistico



Il regista Ozpetek ricostruisce molto bene l’ambiente di una sartoria. Brave tutte le attrici ma la sceneggiatura scivola troppo nel melodrammatico. Non ci sono storie che si evolvono, non ci sono messaggi da ricevere ma viene costruita una sorta di foto statica, anche se ben fatta.

Cast & Crew

Our Review

Ferzan Ozpetek (Saturno contro, Mine vaganti, Cuore sacro, La finestra di fronte) ama le grandi tavolate dove si compattano tutti i protagonisti e questa volta esordisce proprio in questo modo: un regista (lo stesso Ozpetek) distribuisce il copione del suo prossimo film a ben 18 attrici, riunite intorno alla stessa tavola, confermando che al massimo ci saranno quattro  uomini e promettendo che non ci sarà nel film niente di quello che si potrebbero aspettare (del tipo una  storia d’amore omosessuale, come nei suoi lavori precedenti) , ma tanta sorellanza.

La premessa di trovarsi davanti a una sartoria-gineceo viene pienamente confermata quando il racconto inizia: nell’atelier operano solo donne impegnate in un lavoro che richiede elevata professionalità con obiettivo di cercare la bellezza senza trascurare nessun dettaglio, sotto l’inflessibile supervisione di Alberta. Gli uomini compaiono brevemente, ma c’è qualcosa di peggio che contare poco nel racconto: sono personaggi negativi. Il marito di una delle sarte la picchia continuamente per motivi futili; un altro ha abbandonato la moglie con un figlio piccolo; un altro ancora banalizza i problemi psicologici del figlio senza aiutare la moglie. Al massimo i giovani commessi che frequentano l’atelier sono utili per  risvegliare gli appetiti sessuali di tutte queste donne.

Eliminati i maschi, assenti o poco significativi i valori familiari, resta saldo un solo valore: la sorellanza.

Le donne litigano perché sembrano non comprendersi ma poi si abbracciano; nessuna è indifferente ai problemi della collega che ha un marito violento; Alberta, che comanda tutte a bacchetta e pretende il massimo, è pronta ad aiutare finanziariamente chi ne ha bisogno e accoglie una ragazza che ha problemi con la polizia perché siamo negli anni della contestazione.

Le attrici sono tutte brave, magnificamente dirette da Ozpetek: appare abbastanza evidente come il regista abbia lasciato a ognuna di loro il momento per esternarsi un proprio “a solo”. Ozpetek non sviluppa un racconto ma scatta fotografie: quelle delle singole donne unificate da un unico ambiente lavorativo e dal  sostegno reciproco . Ciò che appare fastidioso è la tendenza continua a scivolare nel melò, non solo per le storie in se (la donna abbandonata, il dolore che non guarisce, il ricordo del bel tempo che fu,..).  ma anche per la ricerca di slogan da appiccicare per mitizzare la sorellanza:

“Siamo delle formiche noi, sembra che non contiamo niente ma tutte insieme lo possiamo fare fuori” (il marito violento).

“Non siamo niente ma siamo tutto”

Anche le sequenze, che interrompono il racconto e vengono ripetute più volte, dove il registra dà istruzioni e suggerimenti alle attrici riunite intorno a una grande tavola, finiscono per annullare un preteso obiettivo femminista dell’opera perché è alla fine lui che comanda

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Details of Movie

Paese ITALIA
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Tematiche-dettaglio
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