GIURATO n 2
Un uomo nominato giurato per un processo di omicidio scopre che potrebbe essere lui il vero colpevole. Un sempre bravo Clint Eastwood al servizio di un avvincente dilemma etico. In sala
Justin Kemp (Nicholas Hoult) viene selezionato come giurato per un caso di omicidio: il giovane James Synthe sembra aver ucciso la propria compagna. Il dispiegarsi del processo, però, lo porta alla scoperta di una notizia sconvolgente: potrebbe essere lui stesso il vero colpevole, non l’imputato. Il protagonista, ex alcolista e in attesa di diventare padre (dopo un aborto spontaneo della moglie), deve affrontare un dilemma morale: far condannare un innocente, con un passato torbido e violento, o farsi avanti come vero colpevole (seppur per errore) e quindi compromettere definitivamente la sua vita familiare andando in carcere?
Clint Eastwood
Jonathan A. Abrams
Valori Educativi
Il film imposta con chiarezza i termini di un dilemma etico ma resta problematico nelle conclusioni
Pubblico
10+Qualche scena con cadaveri potrebbe impressionare i più piccoli
Giudizio Artistico
Clint Eastwood conferma il suo stile registico asciutto e essenziale, il continuo ricorrere a campi e contro-campi, le riprese quasi esclusivamente di interni tolgono alla narrazione tanti fronzoli o ridondanze
Cast & Crew
Regia
Clint Eastwood
Sceneggiatura
Jonathan A. Abrams
Our Review
Alla veneranda età di 94 anni Clint Eastwood ha dato nuovamente dimostrazione della sua grandissima bravura alla regia di un film per niente semplice e ancor meno banale.
Il suo stile registico asciutto e essenziale, il continuo ricorrere a campi e contro-campi, le riprese quasi esclusivamente di interni (gli esterni sono quasi sempre “di passaggio”) tolgono alla narrazione tanti fronzoli o ridondanze e danno un sentore vagamente claustrofobico al tutto. Nonostante ciò, e nonostante il fatto che tornino diversi elementi della sua filmografia precedente, la pellicola non manca certo di originalità.
Un secondo elemento che aiuta ad andare al cuore del lungometraggio è la scelta di sceneggiatura di strutturare una narrazione circolare: il film comincia e termina a casa del protagonista. Sono presenti numerosi flashback che rimandano alla notte dell’omicidio: questa opzione coinvolge molto lo spettatore perché, rispetto ai personaggi che scoprono alcune cose mano a mano che le indagini proseguono, lui invece si trova nella stessa condizione del protagonista e ne condivide così i dilemmi morali. E proprio questi sembrano essere il vero centro della pellicola. Infatti, se la domanda che arrovella il protagonista è quella che ha a che fare con la propria colpevolezza, sotto questa ne alberga nascosta una ancora più importante e radicale: che rapporto c’è tra giustizia, verità e individuo? E, quindi se ne potrebbe ricavare una seconda: quale relazione tra politica e etica/morale?
Molto interessante, poi, il fatto che tanti dei numerosi personaggi sullo schermo in qualche modo sono rappresentativi delle “anime medie” dei cittadini statunitensi (e non solo): il poliziotto in pensione desideroso di provare di nuovo l’ebbrezza delle indagini, le minoranze etniche in diverso modo vittime di soprusi e quindi desiderose di vendetta (anche se in questo caso le vittime non sono loro), i padri ossessionati dalla sicurezza nei luoghi pubblici, i benestanti che desiderano solamente chiudere il processo per tornare ai loro impegni. Emerge sugli altri, però, il pubblico ministero Faith Killebrew (Toni Colette).
L’evoluzione di quest’ultima e del protagonista, infatti, sembrano seguire una parabola narrativa inversa. Il primo, inizialmente intenzionato a far scagionare il presunto colpevole, dal momento in cui intuisce di poter restare incastrato nel processo fa una brusca marcia indietro nel dibattito con il resto dei giurati. La seconda, invece, inizialmente decisa a far condannare Synthe, nel susseguirsi dei fatti si convince della sua innocenza. Anche per lei, la domanda pressante resta la medesima: fin dove può arrivare la giustizia? In che relazione è rispetto alla verità?
Fotogramma dopo fotogramma, nello spettatore cresce una sorta di pensiero: la disillusione. Il mondo in cui l’umanità vive è un mondo imperfetto e, per quanto ciascuno possa darsi da fare, non ci sono molte possibilità di cambiare le cose. La speranza che qualcosa succeda non può che essere riposta e radicata altrove: proprio la scritta che campeggia nel tribunale riferisce la risposta In God we trust (noi confidiamo in Dio). Se sia scritta per retorica o per convinzione, non è dato saperlo. Per il credente, però, è una certezza.
Autore:
Details of Movie
Paese | USA |
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Tipologia | Film |
Valori Educativi | 6 |
Titolo Originale | Juror #2 |
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