AMORE PENSACI TU
Luigi, Marco, Francesco e Jacopo sono quattro uomini alle prese con i problemi della vita quotidiana e con la gestione delle loro particolari situazioni famigliari. Luigi convive con Gemma, dalla quale ha avuto una bambina, ma ha anche altre due figlie, frutto di due relazioni precedenti. Una delle due, Camilla, adolescente, è ora incinta di un ragazzo poco più grande di lei e molto immaturo. Il padre, dapprima totalmente assente nella vita della figlia, accetta di farsi carico della ragazza in quella nuova, delicata condizione. Marco è sposato con Paola e fa “il mammo”, ovvero gestisce la casa e i figli per permettere alla moglie di fare carriera, tuttavia si trova in bilico tra il desiderio di accontentare la moglie e quello di tornare a lavorare. Poi c’è Jacopo, calciatore molto noto, che per via dei suoi impegni ha vissuto molto tempo lontano da casa e, anche a causa del suo scarso senso di responsabilità, ha sempre trascurato la famiglia. Tornato da Londra per riallacciare i rapporti con la moglie e i suoi tre bambini – due gemellini di sei anni e una neonata -, scopre che la donna si è accompagnata con quello che lui riteneva il suo migliore amico. Con l’aiuto di Chiara, figlia di Luigi - che con il padre lavora per il cantiere che ha preso a carico i lavori di ristrutturazione della nuova casa di Jacopo -, quest’ultimo cercherà di riconquistare la moglie, ma finirà, invece, per innamorarsi di Chiara. Infine c’è Francesco, accompagnato con un uomo, Tommaso. Ai due è stata affidata la nipote di Tommaso, figlia della sorella defunta. La fiction presenta questa coppia gay e la bimba che accudiscono a tutti gli effetti come una “famiglia”…
Quattro uomini si trovano a fare i padri, i mariti, i conviventi nelle modalità più disparate. Un serial ideologico costruito sugli stereotipi più retrivi dove conta solo la libertà individuale mentre la famiglia è un puro costrutto individuale
Valori Educativi
Non si propone un’idea chiara di famiglia: la famiglia è concepita come somma di relazioni più o meno stabili, che mutano al cambiare di fattori esterni, sentimenti, desideri personali. La serie, seguendo la scia del relativismo post-moderno, mostra che il valore più importante in una società è la libertà e non ci sono parametri oggettivi per scegliere.
Pubblico
DiseducativoPer l’deologia sottesa nella fiction, che propone amori egoistici senza responsabilità mentre la famiglia è un puro costrutto culturale
Giudizio Artistico
La fiction non è particolarmente accattivante, scorre lentamente e propone dei cliché scontati. Le famiglie e le figure genitoriali sono perlopiù stereotipate: sembrano costruite su misura sulla base dei luoghi comuni più ricorrenti nella nostra società
Cast & Crew
Produzione
RTI e PUBLISPEI
Sceneggiatura
GIULIO CALVANI
SIMONA GIORDANO
FRANCESCA PRIMAVERA
FEDERICO FAVOT
MASSIMO RUSSO
FABRIZIO CESTARO
Our Review
Il tema principale della fiction è la famiglia, ma non la famiglia vista come istituzione naturale e sociale, con delle caratteristiche precise e ben definite… bensì la famiglia concepita come somma di relazioni più o meno stabili, che mutano al cambiare di fattori esterni, sentimenti, desideri personali.
La serie rispecchia, infatti, la mentalità diffusa secondo cui “la famiglia” non esiste in quanto tale, ma è un costrutto culturale: perciò si può creare, modificare o rifare completamente a proprio piacimento, senza con ciò snaturarla.
Ecco allora che gli autori, in perfetta sintonia con questa visione tipicamente post-moderna, ci presentano – mettendoli sullo stesso livello – modelli famigliari molto differenti tra loro: accanto alla famiglia tradizionale (marito, moglie, figli), c’è la famiglia allargata (compagno, compagna, figli in comune e figli di precedenti relazioni). Accanto alla famiglia tradizionale divisa (due divorziati alle prese coi figli da gestire insieme), c’è la “famiglia gay” unita (due uomini che si trovano ad accudire una bimba).
Anche per quanto riguarda le figure genitoriali ce n’è per tutti i gusti.
L’uomo “all’antica” potrà ritrovarsi in Luigi, che si dedica al lavoro, mentre a casa e con i figli non muove neppure un dito. Lui stesso, nella prima puntata, si definisce il classico “maschio latino”, il cui compito è procacciare i viveri per la famiglia, non fare faccende domestiche o accudire la prole. Tuttavia, la serie ci mostra che questo tipo di uomo non è più ben accetto dalle mogli e dalle compagne odierne, che vogliono “più spazio per se stesse”. E infatti la compagna di Luigi, Gemma, lo mette alle strette e lo minaccia di lasciarlo se non accetta di prendersi più cura delle figlie.
L’uomo “moderno”, invece, potrà ammirare la disponibilità di Marco, che ha messo da parte per molto tempo le sue ambizioni lavorative per permettere alla moglie di rincorrere il successo professionale. Mentre lei, medico, insegue i suoi sogni personali, lui sta a casa a gestire la vita dei figli, a preparare pranzo e merende, con tanto di grembiule avvolto alla vita. E quando, dopo anni, decide di tornare a lavorare per contribuire anche lui al mantenimento della famiglia (perchè dentro di sé inizia a sentire la frustrazione di quella situazione), ecco che la moglie ottiene un lavoro extra (che la porterà a stare più tempo fuori casa), con conseguente aumento di stipendio: “Sono 2200 euro in più netti al mese… – gli dice entusiasta, senza comprendere l’esigenza del marito – Questo significa che puoi tornare a stare a casa”. È lei, insomma, almeno all’inizio della serie, quella che mantiene tutti; è lei che dal punto di vista economico “manda avanti la baracca”, senza comprendere, però, che il marito inizia a sentirsi umiliato per quella condizione.
Un padre immaturo e irresponsabile, che vuole riscattarsi dai suoi errori, simpatizzerà per Jacopo, che, dopo anni di disinteresse, si impegna per riconquistare la ex moglie e per meritare la fiducia e la stima dei figli. Egli diventa così affidabile, dolce, premuroso che invece di far innamorare nuovamente la moglie, finisce per fare colpo sulla sua amica Chiara, la quale afferma di trovare gli uomini con figli particolarmente interessanti.
La persona omosessuale che avverte il desiderio di paternità potrà rispecchiarsi in Francesco o in Tommaso, i quali, nonostante i loro scrupoli, sentono di non far mancare nulla alla bambina che accudiscono per il fatto di essere una coppia gay. La fiction ci presenta questi due uomini nelle vesti di due papà qualsiasi: alle prese con astucci, merende, quaderni, compiti… ce li mostra intenti a giocare con la piccola, a raccontarle delle fiabe, a preoccuparsi che mangi. Ce li presenta così bravi, premurosi e affidabili che la sorella di Tommaso, in punto di morte, ha deciso di lasciare la bambina a loro, anziché alla nonna, ancora giovane e in salute.
Il messaggio che la serie vuole far passare è evidente: non importa se la coppia è formata da genitori uniti o separati, sposati o accompagnati. E non importa neppure se i genitori sono un uomo e una donna, due uomini, o due donne: l’importante è voler bene ai bambini. Tanto è vero che, nel discorso di apertura del primo giorno di scuola, la preside afferma: “Questo, per voi, mamme e papà, mamme e mamme, papà e papà, è un giorno speciale”.
La fiction non si cura del fatto che nel mondo della medicina, della psichiatria, della pediatria è in atto un acceso dibattito in merito alla questione delle adozioni da parte di coppie gay, non si cura del fatto che specialisti di un certo spessore affermano che “non basta l’affetto”, perché il bambino ha bisogno tanto di un papà, quanto di una mamma per crescere bene. Non si cura nemmeno del fatto che in Italia è illegale l’adozione in senso stretto da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso.
La fiction prende una scorciatoia: scavalca la scienza, la discussione legislativa ancora in atto e si serve del potere delle immagini per mostrarci che una “famiglia gay” è una famiglia come tutte; anzi, forse, anche meglio delle altre.
In comune, comunque, queste famiglie e queste figure genitoriali così diverse tra loro hanno il fatto di essere perlopiù stereotipate: sembrano costruite su misura sulla base dei luoghi comuni più ricorrenti nella nostra società.
Gli sceneggiatori, lungi dal proporre un’idea chiara di famiglia e una concezione univoca di paternità, cercano di “accontentare tutti”: ognuno può scegliere qual è il suo ideale di famiglia… D’altronde, tutto può essere considerato famiglia, anche se in questo modo, seguendo l’opinione del sociologo Pierpaolo Donati, nulla in fondo lo è più.
Ma ciò non è importante, per gli autori di “Amore pensaci tu”. Ciò che conta, per loro, è che ognuno sia libero di fare ciò che vuole.
D’altronde, è ancora la preside, nel suo discorso di inaugurazione, che si fa portavoce di questo messaggio, affermando che a scuola non si limiteranno ad insegnare le diverse materie, ma si preoccuperanno di trasmettere il “valore più importante”.
Il rispetto? L’amore? La giustizia? La solidarietà? No… la libertà.
Purtroppo, però, non si sta parlando qui di una libertà autentica, ovvero rispettosa dei limiti, della natura, degli altri… ma di una libertà assoluta, priva di vincoli e restrizioni. Una libertà che vede i desideri del soggetto come unico metro di misura di ciò che è giusto e sbagliato…
Ma questo tipo di libertà difficilmente conduce alla felicità, ad una vera realizzazione di sé e alla costruzione di un progetto famigliare solido, raggiungibili solo con costanza, spirito di sacrificio, fedeltà. E, forse, uno dei pochi pregi della serie è proprio quello di riuscire a mostrare come quelle relazioni in cui il soggetto – e non la coppia – si trova al centro siano tremendamente fragili e inclini alla rottura.
Autore: Cecilia Galatolo
Details of Movie
Titolo Originale | Amore pensaci tu |
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Paese | Italia |
Etichetta | Non classificato |
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