VIOLA DI MARE

Presentato come la storia di un amore proibito e contrastato in una zona remota della Sicilia di un secolo e mezzo fa, il film  si distingue in primo luogo per l’assoluta incapacità di lavorare sui conflitti che diano corpo e interesse ad una vicenda in cui la caratterizzazione dei personaggi finisce per essere un optional.

Angela è nata e cresciuta su una piccola isola siciliana nel XIX secolo. È vessata da un padre padrone (titolare della cava di tufo da cui dipende il benessere di tutti gli abitanti) che avrebbe voluto un figlio maschio. Insofferente alle regole imposte alla donne, Angela si innamora dell’amica d’infanzia Sara, dapprima spaventata, poi conquistata dalla forza del suo sentimento. In nome di questo amore Angela rifiuta il matrimonio con l’uomo che suo padre ha scelto per lei e per questo viene segregata in una grotta. Ma di fronte alla sua tenacia, la madre, da sempre sottomessa, se ne esce con uno stratagemma: d’ora in avanti Angela diventerà per tutti Angelo, dovrà travestirsi da uomo e così potrà coronare il suo amore. Ma il futuro ha in serbo un crudele destino…

 


Valori Educativi



Sfruttamento morboso di un tema “caldo” analizzato con particolare superficialità

Pubblico

18+

Numerose scene di sesso etero e omosessuale e di nudo.

Giudizio Artistico



Il film si distingue per l’assoluta incapacità di lavorare sui conflitti che diano corpo e interesse ad una vicenda in cui la caratterizzazione dei personaggi finisce per essere un optional

Our Review

Presentato come la storia di un amore proibito e contrastato in una zona remota della Sicilia di un secolo e mezzo fa, il film prodotto da Maria Grazia Cucinotta (anche attrice in un ruolo secondario), tratto dal romanzo di Giacomo Pilati, si distingue in primo luogo per l’assoluta incapacità di lavorare sui conflitti che diano corpo e interesse ad una vicenda in cui la caratterizzazione dei personaggi finisce per essere un optional.

In un contesto in cui sarebbero state mille le occasioni per alzare la posta in gioco di una vicenda tratteggiata in termini melodrammatici, gli autori sembrano credere che basti inquadrare ripetutamente i gran sorrisi di Angela e Sara (da piccole e da grandi) per dare conto di un “rivoluzionario” innamoramento che dovrebbe invece sorprendere e sgomentare prima di tutto loro due.

Anche la differenza di posizione tra la ribelle Angela e la più mansueta Sara (che esita giusto cinque minuti prima di concedersi…) è sfruttata ai minimi termini, come se gli autori temessero di mettere in discussione il loro assunto (per cui l’unico legame d’amore vero messo in scena è quello lesbico tra le due ragazze) lavorando, solo per fare un esempio, sulla relazione tra Sara e Tommaso (un volonteroso Marco Foschi), l’uomo a cui la ragazza sembra felicemente promessa un attimo prima di accettare l’assurdo inghippo che la legherà all’amica/amante.

Egualmente artificiosa, proprio perché così brutale, l’opposizione del padre di Angela, che viene smontata in due minuti dall’improbabile stratagemma della madre di Angela, esso stesso una svolta di plot che risulta poco credibile. Anche qui la rappresentazione piena di cliché del sistema patriarcale in cui a comandare è il padre padrone, che pretende obbedienza e non sa dare amore, capace solo di prendere a botte e tradire, si contrappone in modo troppo semplicistico al legame senza un’ombra tra le due fanciulle, offuscato dalla mancanza di un figlio (per quello ci vuole ancora un maschio, siamo nell’Ottocento), ma dura poco, grazie alla volonterosa collaborazione dell’unico maschio sensibile dell’isola.

A sostegno della sua tesi la regista non si fa mancare numerose scene di sesso appassionato tra le due ragazze, contrapponendovi un po’ rozzamente l’inquadratura tutta animale e priva di passione dell’unico rapporto eterosessuale, quello tra Tommaso e Sara, necessario a dare il coronamento della prole alla famigliola felice.

A peggiorare le cose il racconto procede per scene giustapposte, tanto che in una le protagoniste possono litigare (perché Sara sospetta Angela di averla tradita con la Baronessa, una Lucrezia Lante della Rovere in versione sornion-lussuriosa manco a dirlo anche lei con tendenze lesbo…) e in quella successiva tornare a sorridersi (ancora!!!) come se nulla fosse.

Ma ciò che risulta davvero poco credibile è la descrizione (in più momenti sciattamente indifferente allo spirito dell’epoca, che ci si limita a creare con scene pittoresche di processioni e preghiere) del mondo in cui si muovono questi personaggi-funzione; un’isola povera e sperduta in cui però le barche sono tirate a lucido come in un salone nautico, un popolino che accetta senza nemmeno troppi sussulti la finzione imbastita da Angela e Sara, che appare tanto più grottesca proprio perché priva di reali opposizioni.

Autore: Luisa Cotta Ramosino

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