UGLIES

2024100 min10+  

Pur possedendo tematiche profonde quali la critica agli standard di bellezza e la perdita dell’individualità, Uglies tradisce le proprie ambizioni, in “favore” di una narrazione superficiale e prevedibile. Con personaggi poco sviluppati e una trama priva di momenti memorabili, la pellicola soffre di una mancanza di originalità e impatto emotivo, rivelandosi una deludente occasione sprecata. Su Netflix

In un futuro distopico, il mondo è precipitato nel caos a causa dell’esaurimento delle risorse naturali. Per garantire la sopravvivenza dell’umanità, gli scienziati sviluppano due soluzioni radicali: da un lato, orchidee geneticamente modificate capaci di fornire una nuova fonte di energia, e dall’altro, una procedura chirurgica volta a rendere tutti esteticamente perfetti, con l’idea che l’uniformità nella bellezza possa prevenire ulteriori disordini. Questa trasformazione viene effettuata sui cosiddetti “Brutti” al compimento dei 16 anni, permettendo loro di accedere alla Città, un luogo dove si celebra la perfezione fisica e la vita da “Bellezze”.


Valori Educativi



Rilevante riflessione critica sugli standard estetici ossessivi e sulle implicazioni della chirurgia estetica nell’era contemporanea.

Pubblico

10+

Qualche intervento chirurgico e una scena violenta compiuta davanti a dei bambini può impressionare i più piccoli

Giudizio Artistico



Narrazione superficiale e prevedibile. Con personaggi poco sviluppati e una trama priva di momenti memorabili,

Cast & Crew

Our Review

La trasposizione di Uglies, tratta da l’omonimo romanzo distopico di Scott Westerfeld, appare oggi più che mai attuale, visto il contesto culturale che continua a glorificare standard di bellezza irrealistici. Tuttavia, risulta profondamente deludente vedere come il film, distribuito in esclusiva su Netflix, fallisca clamorosamente nel tradurre l’intensità tematica dell’opera originale in una narrazione cinematografica che potesse davvero lasciare il segno.

A gravare sull’esito disastroso del film non è solo l’uso di CGI scadenti o una sceneggiatura prevedibile e piatta, ma soprattutto una totale mancanza di anima e di carattere. Questa debolezza narrativa emerge come un affronto ironico, considerando che il progetto era stato concepito con passione dall’attrice protagonista Joey King, che ha anche rivestito il ruolo di produttrice esecutiva. Eppure, ciò che poteva essere una rilevante riflessione critica sugli standard estetici ossessivi e sulle implicazioni della chirurgia estetica nell’era contemporanea, si dissolve in una messa in scena insipida e priva di profondità.

La premessa distopica su cui si fonda il mondo di Uglies – un futuro in cui, al compimento dei sedici anni, tutti devono sottoporsi a interventi di chirurgia estetica per aderire a un modello di bellezza universale – è straordinariamente ricca di potenzialità per un discorso sociale potente. Qui, Westerfeld immaginava una società dove i giovani sono chiamati “Brutti” fino alla loro trasformazione in “Belli”, un rito di passaggio che rappresenta non solo il raggiungimento di uno status estetico superiore, ma anche la totale negazione dell’individualità. La promessa di una vita perfetta tra i Belli, popolata da volti impeccabili e corpi scolpiti, maschera l’inquietante verità di un mondo che ha sacrificato la diversità sull’altare dell’armonia superficiale. Questo sistema totalitario, che vende la pace globale in cambio della conformità estetica, avrebbe dovuto essere un terreno fertile per una critica affilata e tagliente sui pericoli della società contemporanea.

Il film, tuttavia, non riesce a sfruttare appieno questo immaginario provocatorio. Dove ci si aspetterebbe un’esplorazione incisiva degli standard di bellezza imposti dai media, della crescente dipendenza dalla chirurgia estetica e dell’impatto psicologico di App che modificano i volti in tempo reale, Uglies offre solo vaghe allusioni e accenni fugaci. Le questioni scottanti, come i pregiudizi legati a corpi giudicati “imperfetti” o il ruolo che razza, genere e sessualità giocano nella costruzione della bellezza, vengono appena sfiorate, lasciando lo spettatore a desiderare una trattazione più audace e profonda. L’opportunità di dare una lettura socioculturale critica al culto contemporaneo dell’apparenza viene sprecata, e il film finisce per appiattirsi su una narrazione banale e priva di verve.

La protagonista, Tally, incarnata da Joey King (che abbiamo già conosciuto in The kissing Booth), si avvicina ai sedici anni credendo fermamente nell’inevitabilità della sua trasformazione estetica. La sua fede cieca nel sistema è il risultato di un indottrinamento pervasivo, ed è qui che il film avrebbe potuto offrire un interessante studio psicologico sull’alienazione e sulla ribellione. Tuttavia, anche la dinamica di questo risveglio risulta indebolita da una rappresentazione eccessivamente diluita del conflitto interiore di Tally. Il suo viaggio verso la consapevolezza si perde in una rappresentazione blanda del classico tropo dell’eroe riluttante. La sua lotta personale appare monotona e poco credibile, rendendo difficile simpatizzare con lei o sentire il peso delle sue scelte.

In parallelo, la relazione amorosa tra Tally e David manca di autenticità e coerenza. La disparità emotiva tra i due personaggi rende difficoltoso investire nella loro storia d’amore: Tally si comporta come una ragazza immatura, mentre David appare troppo maturo e distante per poter generare una vera connessione con lei. Questo squilibrio mina una delle dinamiche centrali del film, che avrebbe potuto fornire un ulteriore livello di complessità alla trama.

Infine, Uglies si rivela una delusione anche sul piano tecnico e narrativo. La trama procede attraverso una narrazione espositiva e frammentata, priva di momenti di vera azione o intensità emotiva. Anche le interpretazioni di Joey King e Keith Powers, per quanto sincere, non riescono a salvare un copione privo di profondità e un contesto sociale tanto interessante quanto mal sviluppato. La superficialità generale, insieme all’incapacità di esplorare con coraggio i temi più provocatori della storia, trasforma Uglies in un’occasione persa, dimenticabile e trascurabile, un prodotto finito che tradisce completamente le ambizioni della fonte originale.

Autore: Davide Amenta

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