THE LIFE OF CHUCK

2025211 min14+ Distopico, Simbolico

Attraverso il racconto della vita del protagonista suddiviso In tre tempi diversi, con l’impiego di un elevato simbolismo, il film vuole essere un inno alla vita da amare nonostante le sue difficoltà. In Sala

La pellicola si struttura in tre atti raccontati a ritroso. Il primo atto, si apre con un’atmosfera da fine del mondo. La civiltà sembra sul punto di collassare, e ovunque campeggia l’immagine di Charles “Chuck” Krantz: cartelloni pubblicitari, finestre delle case, schermi televisivi e digitali lo celebrano con la scritta “39 meravigliosi anni”. Nel secondo atto Chuck durante una trasferta di lavoro, si lascia sorprendere da un momento di leggerezza: scende in strada e balla sulle note di una batterista di strada. Il terzo atto, che coincide con il finale del film ma con l’inizio della vita del protagonista, conduce lo spettatore all’infanzia e all’adolescenza di Charles.


Valori Educativi



Un film che invita a non temere la morte e le contraddizioni della vita, ma ad abbracciarle, perché è proprio da esse che scaturisce la ricchezza dell’esperienza umana.

Pubblico

14+

Linguaggio scurrile. Uno dei protagonisti beve molto. Un tema ricorrente è quello della morte.

Giudizio Artistico



il film riesce a essere delicato e poetico senza cadere nella melensaggine, capace di emozionare e far riflettere senza trasformarsi in un polpettone filosofico.

Cast & Crew

Tom Hiddlestone

Charles 'Chuck' Krantz

Karen Gillan

Felicia Gordon

Regia

Sceneggiatura

Mike Flanagan

Sceneggiatura

Stephen King

Sceneggiatura

Our Review

chuckballo
chuckballo

Per chi conosce il mondo del cinema, l’accostamento di un regista come Mike Flanagan e di uno scrittore e sceneggiatore come Stephen King fa pensare immediatamente a un film horror di grande impatto. Eppure, nel caso di The Life of Chuck, la sorpresa è forte: pur attraversando momenti di buio, inquietudine e mistero, il film non si colloca propriamente nel genere horror, ma si rivela un racconto poetico, a tratti persino intimo, che riflette sul senso della vita e sulla sua fragilità.

La pellicola si struttura in tre atti raccontati a ritroso, come se la vita del protagonista venisse “sfogliata” pagina dopo pagina fino a tornare alle sue origini. Questa scelta narrativa insolita – speculare rispetto al tradizionale sviluppo biografico lineare – diventa la chiave di lettura del film. Lo spettatore è chiamato a compiere un viaggio all’indietro che, paradossalmente, illumina il presente e conferisce significato a ogni esperienza vissuta.

Il primo atto, che corrisponde al terzo del racconto originale di King, si apre con un’atmosfera da fine del mondo. La civiltà sembra sul punto di collassare, e ovunque campeggia l’immagine di Charles “Chuck” Krantz: cartelloni pubblicitari, finestre delle case, schermi televisivi e digitali lo celebrano con la scritta “39 meravigliosi anni”. In un contesto apocalittico, questo culto della personalità assume toni inquietanti ma anche enigmatici: perché festeggiare la vita di un uomo comune mentre tutto il resto crolla? L’imminente catastrofe diventa occasione per riscoprire legami sopiti, come quelli che riavvicinano il professore interpretato da Chiwetel Ejiofor e l’infermiera interpretata da Karen Gillan. La fine del mondo, dunque, non è solo distruzione, ma anche pretesto per un ritorno all’essenziale, per un recupero dei rapporti umani, come se la morte di un singolo e la fine di tutto fossero due facce della stessa medaglia.

Il secondo atto vira su toni completamente diversi. Qui Chuck, incarnato da un intenso e misurato Tom Hiddleston, appare in una dimensione più quotidiana. Durante una trasferta di lavoro, si lascia sorprendere da un momento di leggerezza: scende in strada e balla sulle note di una batterista di strada. È una scena che spezza la tensione, quasi un intermezzo musicale capace di restituire vitalità e spontaneità. In questo episodio il film assume i toni di un inno alla libertà, mostrando come la vita possa racchiudere attimi di pura gioia, anche quando tutto sembra già scritto.

Il terzo atto, che coincide con il finale del film ma con l’inizio della vita del protagonista, conduce lo spettatore all’infanzia e all’adolescenza di Charles. Qui il tono si fa intimo, quasi lirico. Attraverso i ricordi e le prime esperienze del giovane Chuck, emerge una riflessione universale: la vita non è mai lineare né priva di contraddizioni, ma è proprio nella sua complessità che risiede il suo valore. Questo concetto viene esplicitato dalla citazione di Walt Whitman: “Mi contraddico? Benissimo, allora mi contraddico. Sono vasto, contengo moltitudini.” Versi che diventano la chiave interpretativa dell’intera pellicola. Whitman suggerisce che l’essere umano non è mai riducibile a un’unica identità coerente, ma è una somma di frammenti, emozioni e possibilità: proprio come i tre atti della vita di Chuck, apparentemente slegati, ma in realtà connessi da un filo rosso invisibile.

La struttura tripartita, dunque, non ha la funzione di raccontare cronologicamente una vita, bensì di restituirne l’essenza. Vita, danza, morte, amore, amicizia, solitudine: tutte queste sfumature diventano come pennellate su un ritratto. Lo spettatore assiste così a un’opera che mescola generi e tonalità: l’euforia e il dolore, la paura e la gratitudine, la leggerezza e la malinconia. Ogni atto porta con sé un colore diverso, che contribuisce a illuminare la tela finale.

Ciò che lega i tre episodi è il tema dell’attesa della fine. Una fine inevitabile, che incombe senza mai manifestarsi in maniera definitiva, e che tuttavia insegna a guardare con occhi diversi il presente. Questo paradosso – la morte come possibilità di riscoprire la vita – costituisce il cuore del film. È un’idea che richiama altre opere che hanno saputo mescolare realismo e poesia, come Big Fish di Tim Burton, dove il confine tra realtà e immaginazione diventa lo spazio stesso in cui si custodisce il senso dell’esistenza.

Nonostante questa dimensione poetica, Flanagan non rinuncia del tutto alla sua cifra stilistica. Alcune atmosfere cupe, l’uso calibrato della musica incalzante e la sensazione di minaccia che aleggia costantemente mantengono viva una sottile venatura horror, quasi a ricordare allo spettatore le radici comuni dei due autori. Tuttavia, l’obiettivo non è quello di spaventare, ma di suggerire: l’angoscia, più che mostrata, è evocata, e diventa parte integrante della riflessione sulla fragilità umana.

Molti critici hanno definito The Life of Chuck un inno alla vita. In effetti, il film riesce a essere delicato e poetico senza cadere nella melensaggine, capace di emozionare e far riflettere senza trasformarsi in un polpettone filosofico. È un’opera che stimola il pensiero ma non rinuncia all’intrattenimento, alternando momenti di leggerezza ad altri di commozione profonda. Un film che invita a non temere le contraddizioni della vita, ma ad abbracciarle, perché è proprio da esse che scaturisce la ricchezza dell’esperienza umana.

Autore

Autore:

Details of Movie

Paese  USA
Tipologia
Tematiche (generale)
Be the first to review “THE LIFE OF CHUCK”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

There are no reviews yet.

chuckposter