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Pubblico

14+ Per qualche scena moderatamente sensuale

Giudizio Artistico



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La sceneggiatura di Se devo essere sincera, scritta dalla stessa protagonista Luciana Littizzetto in collaborazione con Anna Pavignano, autrice del fortunato Casomai di D’Alatri, si ispira ad un romanzo giallo-rosa della scrittrice Margherita Oggero, ma si concentra molto più sugli intrecci sentimentali che sulla trama gialla, che appare, per la verità, poco più di un pretesto per concentrarsi sulle avventure di Adelaide e sulla sua scoperta dei benefici effetti delle bugie e dei tradimenti coniugali.

La brillante professoressa, infatti, si trova ben presto coinvolta, per la sua curiosità e intraprendenza, nelle indagini sulla morte di una collega appena arrivata a scuola, ma soprattutto in una schermaglia amorosa con il commissario incaricato delle indagini, un napoletano sornione e dongiovanni, che si propone da subito per un’avventura a breve termine. E Adelaide, che in vita sua non ha mai mentito, scivola a poco a poco nel mondo della bugia, finendo per far ingelosire il distratto marito (fornito a sua volta di amante esteuropea), incuriosire l’amica del cuore e far arrabbiare la saccente figlioletta.

A parte le prime difficoltà a far incastrare i vari pezzi della sua vita, infatti, Adelaide scopre ben presto che il tradimento può essere l’ingrediente giusto per far ripartire un matrimonio stanco.

Perdonandoci l’ardita analogia hegeliana, alla tesi di un matrimonio stanco, si contrappone, ma solo in apparenza, l’antitesi di un tradimento inteso soprattutto come rottura delle convenzioni, ma destinato ad essere assorbito nella sintesi della coppia nuovamente e più solidamente cementata.

Alla fine Se devo essere sincera si trasforma in un’allegra apologia del tradimento, che si rivela la terapia migliore per risvegliare gli istinti assopiti di due coniugi che, a furia di troppa verità, hanno finito per considerarsi a vicenda scontati. A farne le spese il terzo incomodo, utilizzato come il motore di un rapporto che inevitabilmente lo esclude, così alla fine, non resta nemmeno l’alone romantico del sentimento a consolare l’amante, che è ridotto ad un ricostituente emotivo o a diversivo eccitante in una vita troppo piatta e banale.

Alla fine, insomma, ci si rimette insieme, non tanto perché si è perdonato (grazie alle terapeutiche bugie il momento della verità non arriva mai), ma perché in fondo va bene così. La verità è che, nella società attuale, la fedeltà e una seria e reale permanenza di rapporto tra due persone sposate è considerata così impossibile da non poter essere neppure presa in considerazione come alternativa drammaturgica e da questo punto di vista lo scadimento verso il pessimismo rispetto al precedente script della Pavignano è piuttosto significativo.

Luciana Littizzetto, comunque, dimostra di saper recitare e non è colpa sua se di fatto il suo passato di cabarettista finisca per fa sì che il suo personaggi sia quello meno inserito nella trama del film e corra sempre il rischio di stagliarsi solitario come una gag a teatro sullo sfondo degli altri protagonisti (tutti piuttosto bravi). A dare credibilità alla normalità e all’ambiente in cui Adelaide, la sua famiglia e i suoi amici si muovono contribuisce anche la regia di Ferrario e la fotografia di Torino, capace di rendercela familiare e quotidiana come la strada dietro casa nostra, ma nello steso abile a coglierne la bellezza più intima e discreta e quelle sottili differenze di classe e di ricchezza che si giocano nell’esterno di una casa o nell’architettura di un cortile.

Il risultato è una commedia brillante (genere tra i più difficili da scrivere e in genere poco praticato in Italia), che si lascia guardare e offre parecchio divertimento, con una nota di merito anche alle musiche, azzeccatissime, piacevoli e coinvolgenti

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Titolo Originale SE DEVO ESSERE SINCERA
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