ROOM
Jack è un bambino di 5 anni. Ogni mattina appena sveglio, va a dare il buon giorno alla sedia, al lavandino, alla cucina. Saluta in questo modo tutto il mondo che conosce da quando è nato. Lui e sua madre vivono infatti in una stanza di pochi metri quadrati e l’unica luce proviene da un lucernaio posto sul soffitto. La porta che dà verso l’esterno resta sbarrata tutto il giorno. Si apre solo verso sera quando un uomo, che Jack chiama il Vecchio Nick e che non ha mai visto in faccia (la sera la mamma rinchiude il piccolo nell’armadio), si mette a dormire con la donna….
Il piccolo Jack crede che il mondo sia costituito solo dalle quattro mura che conosce da quando è nato. Un tema angoscioso trattato con sensibilità. Oscar 2016 alla protagonista
Element Pictures
NO TRACE CAMPING
IN ASSOCIAZIONE CON DUPERELE FILMS
Valori Educativi
Una mamma, costretta a vivere in condizioni estreme, riesce a proteggere il suo bambino facendolo vivere in un mondo di favola
Pubblico
18+Il tema narrato, il sequestro di una donna e di un bambino, costituiscono una tematica adatta ai soli adulti
Giudizio Artistico
La protagonista Brie Larson ha giustamente meritato l’Oscar 2016 come migliore protagonista. Una sceneggiatura sensibile che manifesta qualche discontinuità
Cast & Crew
Produzione
Element Pictures
NO TRACE CAMPING
IN ASSOCIAZIONE CON DUPERELE FILMS
Regia
Lenny Abrahamson
Sceneggiatura
Emma Donoghue
Our Review
Il sequestro di una donna e di un bambino per anni è qualcosa di assolutamente odioso, per il quale non varrebbe la pena spendere un solo metro di pellicola. Ogni film che voglia approfondire una storia di questo genere finisce facilmente e giustamente per venire accusato di giocare sporco con i sentimenti dello spettatore, cercando di emozionarlo con soluzioni a buon mercato (il sospetto si insinua proprio nella sequenza culminante del film, quando lo spettatore tifa per la liberazione del bambino). Alcune scene sgradevoli non ci vengono risparmiate: il condizionamento psicologico a cui è soggetta la donna, costretta a mostrare nei confronti dell’uomo un ossequio servile, per garantirsi la fornitura regolare di alimenti per se e per il bambino; il suo essere strumento muto dei piaceri sessuali dell’uomo, il subire violenza fisica, appena mostra qualche cenno di ribellione.
In effetti, chi è sensibile a questi aspetti, farebbe bene a non andare a vedere questo film.
Per fortuna sono due le soluzioni adottate dal regista per trasfigurare artisticamente quella cruda realtà La prima è quella di porsi in soggettiva sul bambino. Quelle quattro mura sono viste attraverso i suoi occhi, costretto a discernere fra ciò che è reale (la mamma, la sedia, il topo che si è infiltrato) e un mondo lontano, percepito attraverso la foglia che si è poggiata sul lucernaio o quello che gli appare dallo schermo televisivo, dove tutto è indistintamente artificiale, sia i personaggi di un cartone animato che quelli di un film. Qualche critico ha giustamente fatto notare l’esistenza di molte analogie con la caverna di Platone.
Il secondo espediente è stato quello di aver posto il cuore del film nel dialogo interrotto fra il bambino e la madre, fra l’interpretazione che dà Jack di quel mondo chiuso ma tranquillizzante perché semplice e la madre che lo asseconda nel restare nel suo mondo di favola, proteggendolo in questo modo dall’odiosa verità. Qualcosa di molto simile agli espedienti escogitatati da Roberto Benigni per proteggere suo figlio in La vita è bella.
Nella seconda parte, quando madre e figlio sono ormai liberi, il tono cambia. La coppia subisce tutto l’impatto di un mondo complesso, dall’assalto senza rispetto dei media ai sottili giochi dialettici degli avvocati. La regista ha tanto messo a fuoco la situazione narrata nella prima parte quanto, nella seconda sembra smarrirsi anche lei, nella complessità del mondo moderno. Per un momento lo spettatore ha la sensazione che la sceneggiatrice (anche autrice del libro da cui è tratto il film) abbia voluto imbastire un confronto paradossale e provocatorio per denunciare che il mondo in cui viviamo è meno umano di quello che si può vivere stando imprigionati in una capanna per anni. Verso la fine il baricentro si sposta di nuovo sulla coppia mamma-figlio ma il lieto fine appare sbrigativo e analizzato con molta meno intensità e partecipazione di quanto era stata raccontata la convivenza in sole quattro mura.
Autore: Franco Olearo
Details of Movie
Titolo Originale | Room |
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Paese | Irlanda Canada |
Etichetta | Non classificato |
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