QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE

Roma, 1971. In fuga da una manifestazione per la pace finita male, Andrea, studente di architettura a Valle Giulia proveniente da Centocelle, incontra per caso in un bar Giulia, studentessa di liceo della Roma bene. È amore a prima vista e da quel momento, tra difficoltà causate dalle diverse estrazioni e le prevedibili piccole incomprensioni, la loro storia si sviluppa al ritmo delle canzoni di Baglioni. Poi però Andrea è costretto a partire per il militare e la lontananza dà il colpo di grazia a un sentimento già fragile.

Valori Educativi



Il sentimento è assoluto, ma un assoluto effimero, la cui fuggevolezza non ha la pretesa di insegnare nulla, perché perso un una ciclicità senza senso.

Pubblico

14+

Una scena sensuale con nudo parziale

Giudizio Artistico



La materia narrativa, che segue passo passo le canzoni del cantautore romano è veramente modesta, sia come quantità che come livello

Cast & Crew

Our Review

Forse ispirati dal successo di Across the Universe (storia d’amore sessantottina al ritmo dei Beatles , vedi recensione in Scegliere un film 2008) e dal rinnovato successo dei teen movies di produzione italiana e straniera, anche i produttori italiani provano a sbancare il botteghino con una storia d’amore a tempo di musica. Ci si ispira  al concept album che porta il titolo del film e della canzone forse più famosa di Baglioni, protagonista da quasi quarant’anni di serate in spiaggia e in discoteca e punto di riferimento intergenerazionale.

Il risultato, va detto, è talmente deludente, anche per un’operazione commerciale da San Valentino, che a criticarlo nel dettaglio sembra di sparare sulla Croce Rossa. La materia narrativa, che segue passo passo (spesso in modo imbarazzantemente didascalico) le canzoni del cantautore romano tra nascita e fine di un amore, è veramente modesta, sia come quantità che come livello. La rappresentazione della Roma della contestazione a dir poco semplificata, nei toni pastello che una certa retorica radical chic, priva ormai da vent’anni del riferimento politico comunista, ha rielaborato a uso del consumismo culturale contemporaneo.

Le manifestazioni sono contro il nucleare, per costruire un mondo di pace e di amore (non si vede un libretto rosso e una falce e martello, la polizia, in stile dittatura sudamericana, carica gratuitamente una mandria di hippy danzanti per pura volontà di sopraffazione), la partenza per il militare (un rito di passaggio al mondo adulto che oggi molti rimpiangono) è dipinta con i tratti apocalittici della spedizione di una recluta in Vietnam (forse qui ci sarebbe stato bene un bel Morandi d’annata), la descrizione della famiglia borghese rientra nel cliché codificato di ipocrisia e conformismo, la borgata in quello del poveri ma buoni dalle aspirazioni confuse ma comunque colorate e positive.

Tutto questo, come pure la retorica ipercolorata della magia del primo amore (e, of course, nella “necessaria” prima esperienza sessuale tra pioggia e controluce), del suo assoluto fragile ed egoista, sarebbe anche comprensibile, se non proprio originale.

Che questi amori, per loro stessa natura, siano spesso destinati a durare lo spazio di un anno o di un’estate (nonostante le loro immature pretese di eternità, vedi l’imbarazzante e anche un po’ fastidiosa scena in chiesa- Gesù predicava l’amore universale?!- e il pezzo Io ti sposo davanti a Dio), è cosa nota. E tuttavia, come dimostrano alcuni piccoli cult generazionali, come Dirty dancing, la forza di questi film è nella loro qualità di  bildungsroman,  cioè nella capacità di rappresentare il passaggio all’età adulta e con una maggiore consapevolezza della realtà e del mondo.

Qui, invece, non solo l’amore nasce e finisce senza un senso e una vera ragione, ma il finale, in ossequio al cinismo ormai imperante nella cultura italiana, cinematografica e non, si sente in dovere di svelare l’illusione dietro la magia effimera del sentimento.

Andrea e Giulia, ormai lontani, ritornano sul Lungotevere dove il loro primo bacio era stato gloriosamente celebrato da coppie danzanti e fuochi d’artificio, e si rendono conto che la scritta che celebrava l’unicità della loro esperienza è contornata e superata da quelle di tanti altri, mentre un’altra coppia scende le scale ripetendo le loro stesse parole. In fondo (non è un caso che Ivan Cotroneo sia la penna dietro entrambe le pellicole) il musicarello baglioniano non è altro che la riproposizione in toni pastello della stessa triste e nichilista filosofia dei sentimenti de L’uomo che ama : il sentimento è assoluto, ma un assoluto effimero, la cui fuggevolezza non ha la pretesa di insegnare nulla, perché perso un una ciclicità senza senso.

Non stupisce che gli adolescenti, piuttosto che doversi subire questa trista morale pure a San Valentino, si rifugino nel romanticismo forse un po’ semplicistico ma pieno di slancio di ideale dei vampiri di Twilight.

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE
Paese Italia
Etichetta
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