LA CONCESSIONE DEL TELEFONO – C’ERA UNA VOLTA VIGATA

2020115 min18+  

Vigata 1856. Pippo Genuardi è ufficialmente un commerciante di legnami ma la sua vera fonte di reddito è l’aver sposato Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigata. Ha il pallino delle novità: si è comperato un’automobile e ora ha una nuova ambizione: installare una linea telefonica fra casa sua e il suocero (per motivi che scopriremo). Manda quindi una lettera di richiesta al prefetto Marascianno, di origine napoletana, seguita da altre due lettere di sollecito ma questa sua insistenza è vista con sospetto: il prefetto decide di indagare su di lui nonostante gli inviti alla moderazione del questore Monterchi, un uomo venuto dal Nord. Pippo ha un altro compito da assolvere: scoprire l’indirizzo dell’appartamento dove si è rifugiato a Palermo il suo amico Sasà La Ferlita. E’ un’informazione che sta a cuore al mafioso don Lollò, che deve vendicarsi per una vendita al gioco non pagata. E’ un servizio che Pippo Genuardi svolge con piacere perché pensa che don Lollò potrà, in cambio, aiutarlo ad ottenere l’ambita concessione telefonica…

Un giovanotto falso e vanesio, amante delle donne e delle ultime novità della tecnologia, finisce per mettersi nei guai in una Sicilia di fine ottocento dove i locali poteri forti abusano a loro arbitrio dell’autorità di cui dispongono. Un racconto ben realizzato ma molto amaro


Valori Educativi



Non ci sono personaggi positivi ma ognuno si muove solo per il proprio tornaconto, come mosso da un istinto ingovernabile

Pubblico

18+

La bestemmia di un sacerdote. Dettagli verbali scabrosi di pratiche sessuali

Giudizio Artistico



Perfetta ricostruzione del mondo di Vigata a fine ottocento nel linguaggio, nella costruzione dei personaggi, nella fotografia

Cast & Crew

Our Review

Questo film per la TV, trasmesso su RaiUno e ora disponibile su RaiPlay, completa la trilogia dei romanzi storici di Andrea Camilleri (La mossa del cavallo, La stagione della caccia) e si presenta come un lavoro di ottima fattura. E’ presente tutta l’arguta gradevolezza del racconto di Camilleri, l’uso sapiente dell’immediatezza del dialetto siciliano, il gusto dello stile epistolare forbito e ridondante di quel tempo, il ritratto di personaggi carichi di ironia, gli squarci di una città arroccata sulle colline. Il regista Roan Johnson ha compiutamente trasferito in immagini la ricchezza del testo, ogni inquadratura è impreziosita dalla fotografia di Claudio Cofrancesco e gli interpreti sono maschere perfette di questa farsa comico-tragica.

La simpatia e la perfezione dello stile dell’autore (Andrea Camilleri ha firmato anche la sceneggiatura) ci fanno sorvolare su certe peculiarità del racconto. La trama è complessa e a volte macchinosa (per tre volte l’indirizzo dato da Pippo a don Lollò è sbagliato), la componente del tradimento coniugale sembra aggiunto all’ultimo per dare un colpo di scena finale.  Ciò che colpisce soprattutto è la staticità dei personaggi, bloccati in un “tipo” specifico. Non ci sono evoluzioni, riflessioni di coscienza ma ognuno è quel che è, e collide con l’essere degli altri, tutti spinti da un determinismo ineluttabile.

E’ probabilmente sintomatico della visione tragica della vita, nonostante la forma di simpatico intrattenimento, che ci propone Camilleri.

E’ proprio il protagonista che finisce per essere la persona più odiosa: ha perennemente un atteggiamento falso e mellifluo, quando parla è sempre untuosamente ossequioso verso il potere e si sa già che sta dicendo il falso perché la sua è una recita continua per ottenere, manipolando gli altri, ciò che più gli interessa. E’ anche un quaquaraquà, per usare una terminologia coerente con l’ambientazione, pronto a sottomettersi a qualsiasi richiesta accompagnata da minaccia. Come se non bastasse è un donnaiolo che vive una doppia vita.  

Non ci fanno una buona figura neanche i personaggi femminili, interessati solo a concedersi succosi incontri d’amore e a cucinare saporite pietanze. La critica alle autorità pubbliche locali di quello stato italiano da poco costituito, è inesorabile: il prefetto è un fanatico del complotto, non c’è nessuna sensibilità per le istanze dei neonati fasci siciliani, espressione di disagio della fascia più povera della popolazione, le sentenze di un tribunale possono facilmente essere comprate e, forse cosa più odiosa di tutti, i carabinieri manipolano le prove per avallare certe comode teorie. Il fatto che il questore Monterchi sia l’unica persona di buon senso (legge molti libri, lascia intendere l’autore, quindi si è costruito una coscienza), sposta di poco il quadro negativo perché lui non è “uno di loro” ma un uomo del Nord. Non manca una frecciata diretta alla fede cattolica che si esprime con una satira feroce verso l’etica dei comportamenti sessuali.

Andrea Camilleri in questo lavoro (con l’aiuto di un ottimo staff) si conferma un grande pittore, che sa usare con maestria il pennello e scegliere le giuste tonalità di colore ma il soggetto scelto per il quadro è triste perché privo di speranza e carico di sfiducia nelle capacità trasformanti dell’uomo

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale LA CONCESSIONE DEL TELEFONO - C'ERA UNA VOLTA VIGATA
Paese Italia
Etichetta
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