IL SIGNORE DELLE FORMICHE
Anni ’60. Si svolge il primo e unico processo per plagio realizzato in Italia, ai danni di un intellettuale di sinistra che intratteneva una relazione con uno dei suoi alunni. La realtà di un’Italia spaccata in due, fra Democristiani e Comunisti, il disprezzo, a quel tempo largamente diffuso verso chi ha inclinazioni omosessuali, la presunzione della medicina del tempo di risolvere il problema con pesanti “interventi psichiatrici” viene portata a galla da questo doloroso film, che finisce per non offrire significativi spunti di riflessione se non in negativo, cioè ciò che non va fatto, per il tempo presente. Su YouTube
Anni ’60, provincia di Piacenza. Aldo Braibanti, un intellettuale di sinistra, ex partigiano, poeta e drammaturgo, gestisce un centro culturale: molti giovani si recano da lui perché amanti della scrittura e della pittura ma il “popolo mormora” che in realtà il Braibanti abbia inclinazioni omosessuali e che sfrutti il suo ascendente su quei giovani per scopi poco nobili. I genitori di Ettore, uno di questi giovani, ferventi cattolici, riescono a trascinare in tribunale il Braibanti sotto l’accusa di plagio nei confronti del ragazzo e di aver praticato su di lui violenza psicologica e fisica. Ettore intanto deve subire un percorso di “guarigione psichiatrica” su imposizione dei genitori. Il quotidiano L’Unità manda il giornalista Ennio Scrivani a seguire il processo. Ennio riesce ad avere un colloquio con Braibanti: lo esorta, per il suo bene, a uscire dal suo sdegnoso mutismo e a difendersi perché ha notato che il pubblico è fortemente ostile nei suoi confronti…
Valori Educativi
Il film trascura la complessità della materia trattata, semplificando il tutto come il racconto di un amore contrastato ma si tratta in realtà di un caso di pederastia. Sviluppa poi due attacchi generalisti: verso la fede cattolica, attribuendo a essa soltanto dei valori negativi e verso lo stesso giornale L’Unità che spese pagine in difesa dell’imputato, contrariamente a quanto traspare nel film.
Pubblico
14+I temi e la messinscena a volte cruda non sono adatti ai più piccoli.
Giudizio Artistico
Il signore delle formiche è un buon film dal punto di visto di tecnico. Il problema della pellicola è riscontrabile nella scrittura, troppo didascalica, approssimativa e esasperata, in alcuni punti poi non coincide con la realtà dei fatti. Ottima interpretazione di Luigi Lo Cascio
Cast & Crew
Regia
Gianni Amelio
Our Review
Le formiche hanno due intestini, uno per loro e uno per chi ha fame, sono quindi sempre pronte a mettere da parte l’io in favore del bene collettivo, una sorta di famiglia ideale in cui scomparse le gerarchie esistono soltanto i bisogni e i bisogni sono sullo stesso piano d’importanza per tutti. Ecco quindi che la questione familiare traspare metaforicamente fin dalle prime inquadrature di Il signore delle formiche, fin dalla scelta della vicenda narrata e dal suo protagonista, il mirmecologo intellettuale ex partigiano e ancora compagno Braibanti.
Il regista del film Gianni Amelio mostra chiaramente il suo atteggiamento polemico nei confronti di una famiglia italiana costruita su fondamenta patriarcali, intrise indissolubilmente con il nucleo cattolico del nostro paese, che si mostra sicura nei suoi ideali, estranea alla trasformazione e che avanza compatta proprio come una colonia di formiche anteponendo al bisogno di un individuo i bisogni normalizzanti, pedagogici e illusori di una classe sociale intera.
I protagonisti di Il signore delle formiche sono tre, e se visti come tre formiche di tre diverse colonie, è divertente scoprire come non siano in grado, a differenza loro, di ritrovare casa ma anzi siano altre tre formiche a riportarli all’ovile e a ricordargli di far parte di una famiglia: Braibanti dalla madre, Ettore dalla madre, il cronista fittizio dell’Unità Ennio dalla cugina.
È curioso notare come sia sempre una donna a recuperare il maschio, come le regine delle formiche, che dopo aver perso le ali prendono il posto che è stato dato loro: ovvero quello a guida di tutta una colonia.
Se i pregi del film sono per la maggior parte riscontrabili nel comparto tecnico (fotografia e regia) e recitativo (Lo Cascio su tutti), questo intento di ridare nuova vita a una storia dimenticata degli anni sessanta, presta il fianco a molte perplessità e a domande irrisolte.
In una delle sequenze iniziali del film vediamo Braibanti ed Ettore che si incontrano di sera e recitano a turno delle poesie che hanno composto, l’uno per l’altro. L’intesa intellettuale è evidente.
Nel prosieguo del film questa intesa è confermata: sono due intellettuali, un insegnante e un alunno, alla ricerca del bello (faranno assieme anche una trasferta a Roma per questo) ma al contempo veniamo a scoprire che fra di loro c’è anche un’intesa sessuale.
Il film non evita che la figura del Braibanti risulti controversa: lo vediamo dare soldi a un giovane perché gli consenta di soddisfare le proprie voglie; durante il processo altri giovani, interrogati, confermano che Braibanti ha approfittato della sua influenza su di loro, per richiedere prestazioni sessuali.
Ci troviamo di fronte a un caso di pederastia, aggravato dal fatto che Braibanti si presenta come docente e i ragazzi come discenti.
Una situazione che in alcun modo può essere giustificata al di là dell’alone romantico che Gianni Amelio ha voluto imbastire intorno ai due protagonisti.
Altro aspetto polemico che ha sviluppato Gianni Amelio, è l’accusa ai genitori di Ettore, visti come cattolici per i quali l’omosessualità è una disgustosa depravazione.
In realtà, negli anni ’60 prendere in giro, se non peggio, le persone con inclinazioni omosessuali costituiva, purtroppo, un atteggiamento molto diffuso e questo film non manca di sottolinearlo dal momento che anche persone che si classificano di sinistra non hanno intenzione di porsi in difesa del Braibanti.
C’è infine l’aspetto doloroso della medicina: a quel tempo si riteneva che l’omosessualità potesse venir mitigata con elettroshock e altri pesanti interventi sulla psiche.
Un altro film, molto bello, è The Imitation Game, che ha raccontato la storia di Alan Turing, il geniale matematico inglese che in tempo di guerra riuscì a decifrare il codice Enigma dei tedeschi ma poi, condannato per la sua omosessualità, fu sottoposto a devastanti cure ormonali che lo portarono al suicidio.
Ci sono infine delle inesattezze in questo film rispetto alla vera storia, che riguardano la presa di posizione de L’Unità.
In fase di sceneggiatura, per inserire il cronista Ennio, si è dovuto sacrificare il reale abbandono di Braibanti, lasciato completamente solo in fase processuale dai compagni e dalla stampa, solo in seguito alla condanna supportato dagli stessi e in primis dal direttore dell’Unità, nel film descritto come ostile alla penna rivoltosa del cronista.
Il finale è l’esatta sintesi della continua propensione a una drammaticità abbastanza esasperata, se è comunque coerente con l’impianto del film, l’ultimo incontro di Braibanti e Ettore risulta artificiale e romanzato dove invece si aveva bisogno di una chiusa più dura e meno enfatizzata.
In conclusione un film che ha rievocato una dolorosa storia del passato (non ci saranno più altri processi per plagio), dove tutti hanno sbagliato o hanno messo a rischio qualcosa: i genitori che non hanno saputo trattare amorevolmente il loro figlio nella sua delicata posizione, Braibanti che ha messo a rischio la sua dignità di educatore per soddisfare desideri personali, la derisione di un vasto pubblico, salvo rare eccezioni, nei confronti di chi ha inclinazioni omosessuali, i metodi grossolani e superficiali della medicina del tempo.
Autore: Gianluca Ceccato e Franco Olearo
Details of Movie
Etichetta | Non classificato |
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Paese | ITALIA |
Tematiche-dettaglio | Pederastia |
Tematiche (generale) | Da una storia vera Omosessualità |
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