IL FIGLIO PIU’ PICCOLO

2010100'10+  

Baietti, un affarista spregiudicato, sembra aver messo la testa a posto: ha deciso  di sposare Fiamma, con cui convive e dalla quale ha già avuto due figli. In realtà la manovra è tutto un pretesto per  ipotecare due case della donna che sono utili per alcuni suoi intrallazzi poco puliti. Sono passati 15 anni e Baietti rischia di veder fallita la sua azienda: ancora una volta, il suo astuto socio, Sergio, un ex-monaco, gli propone di cedere l'azienda, debiti ccompresi, a suo figlio Baldo, ormai maggiorenne...

Valori Educativi



Avati porta sullo schermo una parabola sulla cattiveria umana contrapposta alla infinita bontà.
Il film non è pessimista ma esalta la grandezza dei piccoli, degli ingenui, dei puri di cuore.

Pubblico

10+

La rappresentazione di genitori cattivi o indifferenti verso i propri figli potrebbe dispiacere ai più piccoli

Giudizio Artistico



Eccellente scrittura, semplicità della narrazione, assenza di volgarità e scemenze, uso sapiente degli attori

Cast & Crew

Our Review

Ad un anno di distanza dai “vitelloni” anni Cinquanta sotto i portici di Bologna, dell’elegante e delizioso “Gli amici del bar Margherita”,  Pupi Avati torna  con un  film terribile e perfetto, un ritratto dell’Italia di oggi, ma anche di ieri, e forse di domani: “Il figlio più piccolo”.
Protagonista del film è uno spregiudicato affarista (Christian De Sica). Potrebbe piazzare le azioni della Parmalat al collasso in cambio dei risparmi di una vita, sfruttando la fiducia malriposta di un’onesta famiglia. Potrebbe speculare sulle lucrose commesse della sanità regionale, rispettando l’intero spartito della corruzione. Potrebbe evadere il fisco, servirsi del lavoro nero, riciclare denaro sporco, vendere merce contraffatta. Potrebbe anche ridere per il devastante terremoto abbattutosi su una città, godendo al solo pensiero delle commesse legate alla ricostruzione sicuramente in arrivo.
Si limita alla bancarotta. Un personaggio così, ad una prima impressione, sembra uscito dalla cronaca quotidiana legata al malaffare, poiché il linguaggio delle intercettazioni in fin dei conti è il suo linguaggio. Ma Avati non casca nella trappola della sociologia spicciola, colante abbondante dalle mille bocche di fuoco dei programmi dell’informazione televisiva.
 “Il figlio più piccolo” è un grande, severo apologo morale, naturalmente centrato sull’Italia, ma ha la statura metafisica della meditazione sulla condizione umana. Da una parte ci sono i padri che non solo hanno e stanno depredando tutto, lasciando un deserto economico e morale; dall’altra ci sono i figli, che dai genitori non hanno ricevuto nulla, e l’unica cosa che ricevono è il frutto avvelenato di una fregatura.
Ad Avati non interessa l’insieme delle attività ruotanti attorno alla bancarotta economica; a lui interessano i segni inequivocabili della bancarotta morale. Il padre affarista non si è mai occupato del figlio appassionato cinefilo, che sogna di realizzare film come Quentin Tarantino. Per lui non ha mai provato nulla. E l’unica volta che va a cercarlo, lo fa per imbrogliarlo, sfruttando ingenuità, onestà, candore e infinito amore per il genitore da parte del ragazzo.
“Il figlio più piccolo” si comprende nel suo pieno significato, solo seguendo la strada della simb
ologia biblica e religiosa. Avati porta sullo schermo una parabola sulla cattiveria umana contrapposta alla infinita bontà.
I grandi dovrebbero aiutare i piccoli. I grandi dovrebbero fornire l’esempio morale alla generazione successiva. Invece ciò non avviene. Anzi, avviene il contrario. Ma il pessimismo cosmico non alberga nel pensiero cinematografico di Avati. Le immagini del suo film servono per esaltare la grandezza dei piccoli, degli ingenui, dei puri di cuore.
A loro è riservata la felicità della vita. Saranno loro a salvare il mondo, poiché in un universo così oscuro e ripugnante, rappresentano la vera, autentica incarnazione della bellezza.  Era da tempo che il cinema italiano non riusciva ad esprimersi a livelli etici e morali così alti.
L’estetica di Avati è la solita. Eccellente scrittura, semplicità della narrazione, assenza di volgarità e scemenze, uso sapiente degli attori (accanto a De Sica si muove con estrema sicurezza Luca Zingaretti, come  Laura Morante e la vera sorpresa del film, il giovane Nicola Nocella, il “figlio piccolo”).
Dopo una sequela ininterrotta di commedie belle e brutte, ricche e povere, fortunate e sfortunate, per adolescenti o per maturi travestiti da adolescenti, arriva sullo schermo una gemma preziosissima. Da non perdere.   

Autore: Claudio Siniscalchi

Details of Movie

Titolo Originale IL FIGLIO PIU' PICCOLO
Paese Italia
Etichetta
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