DON JON

201390 minDiseducativo  

Il vero amore di Jon Martello, casanova di bassissimo cabotaggio che ogni sera va a letto con una donna diversa, sono i filmati porno, che consuma senza soluzione di continuità anche dopo essersi innamorato per la prima volta di una vera donna. Barbara, questo il nome della ragazza, talmente carina e affascinante da entrare nelle grazie degli amici e della famiglia di Jon, non riuscirà a fargli mettere la testa a posto. Ci riuscirà, guarda tu il destino, una donna che potrebbe essere sua madre, con cui il bulletto scopre cosa sia il vero amore.

Jon Martello, casanova di bassissimo cabotaggio consuma senza soluzione di continuità filmati porno. Riuscirà a riscattarlo una donna che potrebbe essere sua madre. Un film inutile


Valori Educativi



il film cade nella solita contraddizione: mostro quanto la pornografia è brutta e intanto per un’ora e mezzo la spargo a piene mani. Una Chiesa Cattolica vista come dispensatrice automatica di assoluzioni

Pubblico

Diseducativo

Turpiloquio, bestemmie, scene di sesso e di nudo, immagini porno.

Giudizio Artistico



Si consiglia caldamente al neoregista Joseph Gordon-Levitt di tornare a fare l’attore

Cast & Crew

Our Review

Non sono pochi gli attori che decidono, dopo aver lavorato su parecchi set e aver rubato il mestiere ai maestri del cinema che li hanno diretti, di testarsi dietro la macchina da presa come registi. Clint Eastwood, per esempio, nel 1971 realizzò l’apprezzabile giallo Brivido nella notte, lanciandosi in una magnifica cavalcata il cui culmine – il trionfo nella notte degli Oscar de Gli spietati (1992) – produsse una svolta che diede inizio a una seconda parte di carriera in cui le presenze dietro la macchina da presa sarebbero state più numerose e memorabili di quelle davanti. Tra i più brillanti esordi di attori reinventatisi registi non si possono non citare Balla coi lupi (1990) di Kevin Costner, L’uomo senza volto (1993) di Mel Gibson e Gone Baby Gone (2007) di Ben Affleck. Don Jon, scritto, diretto e interpretato da Joeph Gordon-Levitt – apprezzato giovane interprete di pellicole come Inception, Lincoln, 500 giorni insieme – non appartiene certamente a questa categoria.

Gordon-Levitt ha la pretesa di essere intelligente (ma le cartucce che spara vanno a finire tutte molto lontane dal bersaglio) e non si preoccupa di confezionare un buon film. L’addiction del titolo originale è la dipendenza ai filmati erotici che il protagonista consuma a dosi da elefante, teorizzandone addirittura la superiorità rispetto ai veri rapporti sessuali. Gli altri, per lui, fossero anche le donne più belle del mondo, sono una seccatura: molto meglio fare tutto da soli. Il film ci mette novanta interminabili minuti per portare questo personaggio verso una presa di coscienza rispetto alla dipendenza che lo domina (“smetto quando voglio”, dirà come da programma prima di ricaderci per l’ennesima volta) e poi verso una vera e propria redenzione attraverso l’amore vero (che è a doppio senso, cioè vissuto nella reciprocità, e non a senso unico, come ha sempre creduto vedendo nelle donne solo degli oggetti a cui dare un voto da 1 a 10 in base alla loro carrozzeria).

Che questo insegnamento gli venga da una donna molto più matura di lui, che potrebbe essere sua madre, e che con l’idillio tra i due la storia si concluda, la dice lunga sull’irriverenza di cui il film è farcito. Volutamente sopra le righe ed esagerato in ogni presa in giro dei luoghi comuni (siano quelli delle famiglie di italoamericani con i maschi in canottiera che divorano spaghetti inveendo contro quello che vedono in tv, o quelli delle sdolcinate commedie romantiche che Hollywood produce come in catena di montaggio vendendo sentimenti fasulli), il film vorrebbe raccontare una parabola di redenzione attraverso una dinamica assolutamente vera – un uomo che soffre di dipendenze smette di fare del male a se stesso quando viene amato per davvero e guardato dentro per la prima volta – che potrebbe perfino farci essere indulgenti con il film se non fosse sgradevole per almeno due motivi.

Il primo, è che ogni trenta secondi c’è un’immagine tratta da un filmato porno (e quindi il film cade nella solita contraddizione: mostro quanto questa cosa è brutta e intanto per un’ora e mezzo la spargo a piene mani. Sicuro che non c’era altro modo di raccontare questa storia?). Il secondo motivo è che, nel calderone dei luoghi comuni, ci finisce anche la Chiesa cattolica (poteva mancare?). Da bravo italoamericano, Jon è cattolico praticante. Va a messa tutte le domeniche e una volta alla settimana si confessa. Inginocchiato nel confessionale, elenca tutte le sue malefatte con il sorriso soddisfatto di chi sa che, per quanto potrà andare avanti, se la caverà con qualche Pater Ave Gloria da sgranare per qualche minuto, senza che il sacerdote che c’è dall’altra parte della grata (un robot, più che altro, un dispensatore acritico e asettico di assoluzioni) gli dia la minima indicazione su una via diversa da seguire. Nessuna contrizione e nessun pentimento da una parte della grata e il massimo dell’ipocrisia e dell’indifferenza dall’altro. Vedere alternate, e distribuite in egual misura, le scene dei video porno e quelle ambientate in chiesa (con tutto il corredo di vetrate, messali, particole, acqua santa e miserere e, naturalmente, guantiere delle offerte rigurgitanti dollari) ci sembra una soluzione di bassissima lega da parte di un regista a cui consigliamo caldamente di tornare a fare l’attore.

Autore: Raffaele Chiarulli

Details of Movie

Titolo Originale Don Jon
Paese USA
Etichetta
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