DHEEPAN – UNA NUOVA VITA

Jacques Audiard è ormai un regista-sceneggiatore di tutto rispetto. Già vincitore del Festival di Cannes nel 2009 con Il profeta, ha fatto il bis nel 2015 vincendo la palma d’oro con questo Dheepan. Nel 2012 aveva portato sugli schermi Sapore di ruggine e ossa, altro film di successo, a nostro avviso il migliore dei tre.

La violenza organizzata come sottofondo ambientale e il linguaggio del corpo dei protagonisti costituiscono l’alfabeto del grammatica di Jacques Audiard.

Se il Profeta era un racconto di iniziazione alla violenza di un giovane carcerato per sopravvivere in un contesto di bande rivali, Alì, il protagonista di Sapore di ruggine e ossa non riusciva a sottrarsi al piacere di partecipare ai combattimenti clandestini perché riusciva a realizzare se stesso solo in quel tipo di lotta. Allo stesso tempo la sua compagna di avventure Stephanie (una magnifica Marion Cotillard) tentava un faticoso recupero del suo corpo violato (aveva perso la parte inferiore delle gambe per il morso di un’orca) proprio cercando di ripristinare quel desiderio che gli uomini avevano un tempo avuto verso di lei.

Ora, in questo Dheepan, le guerre sono due: il conflitto fra i governativi e le Tigri Tamil nello Sri Lanka (conclusasi faticosamente solo nel 2009) e le lotte fra bande rivali per il traffico della droga in una  banlieu parigina (un accostamento operato dal regista non privo di un’amara ironia, nei confronti di un occidente considerato saggio e pacifico, rispetto a tanti teatri di guerra mondiali). Il linguaggio del corpo viene in un certo senso esasperato, perché i dialoghi sono scarni (i componenti della  finta famiglia tamil parlano un francese approssimativo) e anche fra di loro c’è scarsa comunicazione perché Dheepan è un uomo rigido, abituato ad agire e a parlare poco.

A dispetto di queste difficoltà, la storia d’amore che si sviluppa fra Dheepan è Yalini è bella e intensa (l’aspetto più interessante del film) anche se così poco probabile (come d’altronde era insolita l’intesa fra Ali e Stepahnie in Sapore di ruggine e ossa), perché lei è solo desiderosa di raggiungere sua cugina in Inghilterra mentre lui si sente a tutti gli effetti ancora un guerriero Tamil). Alla fine ognuno si esprimerà sinceramente per quello che è;  proprio in questo modo farà breccia nell’altro. Yalini, con i suoi modi estroversi è più propensa  a gesti affettuosi mentre lui saprà a dimostrare nei fatti di saperla difendere quando si trova in pericolo. Verso la fine si sviluppa una sparatoria che avrebbe dovuto costituire l’acme del film ma che risulta invece confusa e pasticciata  e non fa onore al regista: niente a che vedere, nonostante le evidenti analogie, con il finale di Cane di paglia (1971) o con la sparatoria risolutiva di Taxi Driver (1976). Un film intenso per la sua capacità di toccare temi di attualità ma riuscito a metà