CREED III
Terzo capitolo della saga Creed e nono della saga Rocky in cui, però, sparisce la figura di Balboa. In continuità con i precedenti, ancora una volta, il giovane campione deve fare i conti con il passato che si ripresenta nelle vesti di un vecchio “amico”. Questa volta si tratta di combattere con un mostro nascosto nel fondo dell’anima: la paura. Disponibile su Chili, Amazon Prime, Apple tv, Google Play Movies.
Il film inizia con il flashback del passato del giovanissimo Adonis Creed che accompagna un amico ad un incontro di boxe e vince il Golden Gloves: si tratta di Damian “Diamond Dame” Anderson. Subito dopo, ritornati al presente e all’apice della sua carriera, Adonis che oramai ha appeso i guantoni ai chiodi per dedicarsi interamente alla famiglia, alla palestra e ai nuovi talenti, si ritrova a dover fare i conti con quell’ombra del passato che pensava di aver cancellato e che si ripresenta alla sua porta. Il figlio di Apollo Creed dovrà, per mettere a tacere gli inutili sensi di colpa che si porta dentro, scontrarsi con quello che pensava essere un fratello e che, invece, si dimostra essere uno spregiudicato nemico…
Valori Educativi
Coraggio, determinazione nel compiere il proprio dovere, capacità di assumersi la responsabilità dei propri errori per imparare ad affrontarli. Il dialogo aperto e sincero con la moglie come possibilità di mettersi in discussione. Alcune scene di violenza, non solo quelle sul ring, appaiono poco educative.
Pubblico
14+Scene di combattimento violente.
Giudizio Artistico
Ottimo per gli amanti della saga di Rocky, da cui la scenografia riprende non pochi elementi. Un pochino lento e privo di particolare originalità anche nei combattimenti sul ring.
Cast & Crew
Michael B. Jordan
Tessa Thompson
Jonathan Majors
Phylicia Rashad
Regia
Michael B. Jordan
Recensore
Enzo Vitale
Our Review
Come dice lo stesso Adonis, anche se non c’è nel film «…tutti ancora parlano di Rocky». E in effetti siamo, con questo, al nono capitolo della saga di Rocky. Ovviamente chi è cresciuto con Rocky Balboa, non potrà non godere della riproposizione di messaggi e, perché no, stereotipi, del vecchio capolavoro iniziato nella seconda metà degli anni ’70. In questo film la parte dell’underdog tocca a Jonathan Majors che interpreta un pugile appena uscito di galera, Dame, che combatte come un moderno Mike Tyson (somiglianza e stile, probabilmente, sono state ricopiate).
Uno schema già visto, anche se ben rimescolato, con metafore sull’automiglioramento nell’allenamento, frasi a effetto, un finale da favola, il combattimento con le proprie paure e inadeguatezze e altro ancora. Non vogliamo affermare che sembra di vedere la brutta copia di Rocky III (perché il film, tutto sommato, merita) ma ne cogliamo diversi adattamenti: la morte della mamma in parallelo con quella dell’allenatore di Rocky, la mancanza di una seria motivazione che deve essere pian piano riconquistata, la paura di non essere all’altezza, la ripresa di allenamenti che richiamano (neanche velatamente dato che nel film si fa riferimento alla «vecchia scuola di allenamento») quanto abbiamo visto nei precedenti Rocky. Solo ad un cieco non ritornerà alla mente la scalata in corsa sulla fredda montagna russa di Balboa quando Adonis lancia il suo urlo contro il moderno Ivan Drago sulla collina che sovrasta Hollywood.
Solo dopo la metà del film è dato allo spettatore di capire quale fosse la vicenda che aveva legato (in modo infelicemente drammatico) i due personaggi principali. Andando a ritroso, in un flashback, il nostro campione mostra la sua “macchia”, quella della paura, che credeva essere riuscito a cancellare e, invece, era ben nascosta nel fondo del suo animo: un avvenimento traumatico fatto di violenze subite ed esercitate.
Il problema, però, è che lui è segnato da un errore (tutti siamo marchiati dai nostri errori), ma gli errori rischiano di diventare drammi quando non si è capaci di elaborarli: il senso del film sta in un incontro che più che puntare alla riconquista di un titolo, tende a sconfiggere i fantasmi del passato. Non bastano, infatti, le parole del suo allenatore a fermarlo: «Tu, a quello, non devi niente». Troppo forte in lui il senso di colpa. È vero, comunque, che non deve nulla al vecchio Dame, che, pur dichiarandosi fratello, si dimostra fratellastro, un Caino mosso dall’invidia e che non lesina cattiveria nei confronti di chi, nella vita, si è costruito una dignità. Adonis deve, invece, qualcosa a sé stesso, perché la sua dignità sia integra. Una dignità mostrata in due momenti: all’inizio del film, nel suo primo incontro, al termine, va all’altro angolo per salutare e incoraggiare il suo avversario, perdente e al termine del film, si reca nello spogliatoio del suo avversario, per chiudere una faccenda sospesa. E lo fa nel modo migliore possibile: chiedendo scusa. Qui leggiamo l’umiltà di chi non si monta la testa, qualità rara ai nostri giorni, soprattutto tra chi è convinto di non dover mai dire «mi dispiace» solo perché su un gradino più alto. Per vincere nella vita, bisogna sapere molto più che dare qualche pugno.
Qualche altra nota prima di chiudere.
Interessante il rapporto di coppia: l’aiuto reciproco che sta anche nello sforzo di saper superare le proprie paure e i propri punti di vista, andando incontro all’altro, per aprirsi e parlare. Non è semplice quando si tratta di mettersi a nudo, dichiarare le proprie vergogne, ammettere la propria vigliaccheria e gli sbagli commessi in modo che chi ci ama possa ripulire le nostre ferite.
Invece, riteniamo che un’americanata un po’ scaduta sia la scena dell’ingresso di Felix al suo combattimento (una carnevalata che richiama, anche se molto lontanamente, l’uscita di Apollo Creed, in Rocky IV, che resta inarrivabile, lui, rivestito dalla bandiera americana sulle note di Living in America di James Brown), sia la stessa possibilità che un uomo possa competere al titolo mondiale dei pesi massimi dopo quasi due decenni di galera. Inoltre, esagerata – diciamo pure troppo impattante – la presenza di un rinomato marchio televisivo sportivo che ci fa pensare abbia contribuito alla realizzazione del film.
Non si giustifica, infine, la troppa violenza, pur prevedibile per un film sulla boxe: nel caso del primo incontro l’essersi trattenuti sui particolari che un paradenti, a seguito di un colpo ben piazzato, faccia saltare qualche incisivo, è un’immagine che certamente dà fastidio allo spettatore.
Autore: Enzo Vitale
Details of Movie
Etichetta | FamilyVerde |
---|---|
Paese | USA |
Pubblico | 14+ |
Tematiche (generale) | Onestà Sport |
Marco
Bellissimo film. È vero che la trama rispecchia non poco il classico Rocky, ma questi film hanno sempre un qualcosa che ti attira. Interessante anche che non vi siano scene negative e soggette al pensiero dominante. Grazie per la segnalazione.
Bellissimo film. È vero che la trama rispecchia non poco il classico Rocky, ma questi film hanno sempre un qualcosa che ti attira. Interessante anche che non vi siano scene negative e soggette al pensiero dominante. Grazie per la segnalazione.
Mary
Non ho mai visto i film di Rocky Balboa e non credo Che ne vedrò mai di simili, ciò non toglie che la recensione è fatta così bene da quasi convincere gli irriducibili come me. Complimenti all’autore
Non ho mai visto i film di Rocky Balboa e non credo Che ne vedrò mai di simili, ciò non toglie che la recensione è fatta così bene da quasi convincere gli irriducibili come me. Complimenti all’autore
Piera
Il pugilato non è sicuramente uno sport che mi piace. La violenza in genere non è bella da vedere, ma leggendo questa recensione sono andata con la memoria indietro negli anni. E chi non ha seguito le vicende di Rocky Balboa? Ciò che mi appassionava andava oltre i pugni, e credo che anche in questo film ci sia tanto altro da tirare fuori. E l’autore, Enzo Vitale, è stato molto bravo a descrivere il significato profondo che emerge dal contenuto del film ponendo l’attenzione sull’aspetto umano che è quello che sempre mi colpisce maggiormente. Grazie.
Il pugilato non è sicuramente uno sport che mi piace. La violenza in genere non è bella da vedere, ma leggendo questa recensione sono andata con la memoria indietro negli anni. E chi non ha seguito le vicende di Rocky Balboa? Ciò che mi appassionava andava oltre i pugni, e credo che anche in questo film ci sia tanto altro da tirare fuori. E l’autore, Enzo Vitale, è stato molto bravo a descrivere il significato profondo che emerge dal contenuto del film ponendo l’attenzione sull’aspetto umano che è quello che sempre mi colpisce maggiormente. Grazie.