L’ARTE DI VINCERE

2011133 min14+  

Campionato americano di baseball. Fine della stagione 2001. L’Oakland, una squadra di seconda fila, non può competere con le offerte economiche dei team più forti: come ogni anno sarà costretta a vendere i suoi migliori giocatori e a ricominciare tutto da capo. Ma Billy Beane, il direttore sportivo della società, un ex giocatore oppresso dal rimpianto per la carriera andata male e per un matrimonio finito, decide che questa volta le cose andranno diversamente. Con l’aiuto di un assistente esperto di “sabermetrica” – la statistica applicata al baseball – il manager allestirà una formazione fatta di rincalzi messi in condizione di rendere al meglio. Smentendo lo scetticismo di tutti, nella stagione seguente l’Oakland sarà capace di un’incredibile striscia: 20 vittorie consecutive. Per Beane, un invito a riconciliarsi con il suo destino: dovrà scegliere se accoglierlo.

Un film sportivo umanamente profondo, che mescola divertimento e malinconia, anche grazie alla regia di Bennett Miller che ha il gusto del cinema indipendente


Valori Educativi



La vita è fatta di scelte da cui non si può tornare indietro, bisogna imparare ad essere felici anche quando poi le cose vanno diversamente da come si sarebbe voluto

Pubblico

14+

Giudizio Artistico



Un film sportivo umanamente profondo, che mescola divertimento e malinconia grazie alla mano sapiente dello sceneggiatore Steven Zaillian e agli ottimi dialoghi di Aaron Sorkin.

Cast & Crew

Our Review

  La vita è fatta di scelte da cui non si può tornare indietro, bisogna imparare ad essere felici anche quando poi le cose vanno diversamente da come si sarebbe voluto. È il messaggio di un film sportivo umanamente profondo, che mescola divertimento e malinconia, anche grazie alla regia di Bennett Miller che ha il gusto del cinema indipendente. Chi ha amato Jerry Maguire, amerà anche L’arte di vincere.

Ispirandosi alla storia vera di Billy Beane raccontata in un libro da Michael Lewis (già autore della biografia sportiva all’origine di The Blind Side), regista e sceneggiatori (i pesi massimi Steven Zaillian e Aaron Sorkin) hanno costruito una trama di redenzione sensibile e virile. “Arrivi a una certa età, e ti chiedi: è davvero questa la vita che volevi? E se fossi stato fatto per qualcosa di diverso? Come faccio ad uscirne?”. Il protagonista interpretato da Brad Pitt (bello e bravo) incarna queste domande esistenziali. La sua crisi è quella che, quando se ne esce, porta chi l’ha vissuta a trovare la sintonia con il proprio mondo. Come Dorothy in Il Mago di Oz, dice il regista Martin.    

La sceneggiatura sviluppa il tema calando il protagonista in una serie di contrappassi.

Da ragazzo, Beane è stato convinto dagli osservatori di una società di baseball a lasciare una prestigiosa borsa di studio universitaria per imboccare la strada dello sport professionistico; ma la giovane promessa non è mai sbocciata, così, anni dopo, si ritrova a lavorare proprio al fianco di coloro che ritiene colpevoli di averlo illuso – gli osservatori – dentro un meccanismo che lo condanna a perdere – vincono sempre e solo le squadre ricche –.

Per far saltare questo meccanismo fondato sul primato dei soldi, Beane si affida ad una strategia che seleziona i giocatori sulla base di dati misurabili e calcoli statistici; ma per implementare il metodo deve licenziare alcuni giocatori, cioè scartarli come lui stesso è stato a suo tempo (Beane insegna al delicato assistente a licenziare nel modo più diretto, perché più indolore).

Quando infine il metodo ha successo, più che la vittoria, a Beane arriva una gigantesca offerta in denaro dai Red Sox, la squadra più forte e ricca: come a dire che il sistema sa assimilare anche il corpo più estraneo alle sue leggi.

In questo continuo ritrarsi della realtà da ciò che si vorrebbe che fosse, la mano sapiente dello sceneggiatore Zaillian.

Da attribuire al cosceneggiatore Sorkin i dialoghi. Si deve alla loro brillantezza se le questioni tecniche che innervano la vicenda non ostacolano il coinvolgimento del pubblico. Percentuali, tabelle, trattative per lo scambio di giocatori in funzione del ruolo che ricoprono: roba che in mani meno capaci avrebbe ucciso la pazienza del pubblico. Qui, invece, le questioni da addetti non ostano, perché condite di battute o trattate a rimorchio di altri elementi più apertamente conflittuali e comprensibili. Per esempio, la scena della riunione con gli osservatori che discutono di baseball vive della tensione comica dovuta alla presenza del timido neoassistente di Beane, catapultato nella fossa dei leoni.        

Ci sono i tipici ganci emotivi da film sportivo: l’underdog che sfata i pronostici, il coach (qui il team manager) che sa strigliare e motivare gli uomini. Il film, però, non approda al lieto fine in gloria, l’epilogo più ricorrente in questo genere cinematografico. Nell’ultima scena, la commozione di Beane, solo con se stesso mentre ascolta la canzone dedicatagli dalla figlia, dice che in lui si è sciolta la resistenza ad accettare ciò che ha. Nel pianto dell’uomo, però, c’è anche tutta la consapevolezza dei desideri irrealizzati.

La vita dà, la vita toglie. That’s life. Nonostante questo – o, forse, proprio per questo – come invitano le parole della canzone, enjoy the show.

Autore: Paolo Braga

Details of Movie

Titolo Originale Moneyball
Paese USA
Etichetta
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