LA ZONA D’INTERESSE
La famiglia Hoss, marito, moglie e 5 figli ha una vita serena nella loro villa dotata di piscina ma il marito è l’ufficiale comandante del campo di concentramento di Auschwitz i cui orrori si trovano appena al di là del loro muro. La banalità del male raccontata con maestria anticonvenzionale. In Sala
“La zona d’interesse” racconta la vita quotidiana della famiglia di Rudolf Hoss, comandante in capo del campo di concentramento di Auschwitz. Rudolf vive, insieme a sua moglie Hedwig e i loro cinque figli, in una villetta con giardino direttamente adiacente al campo, dalla quale è separata da un alto muro. Rudolf ed Hedwig hanno costruito qui, a due passi dall’orrore, il loro paradiso in terra, realizzando il sogno di una vita: una famiglia numerosa e un’esistenza serena in mezzo alle meraviglie della natura. Alla notizia del trasferimento di Rudolf, che lascerà Auschwitz per ricoprire il ruolo di ispettore generale dei campi di concentramento, Hedwig decide di continuare a vivere ,con i bambini, vicino al campo, per non abbandonare quel sogno costruito con tanta fatica.
Valori Educativi
Denuncia necessaria del volto pulito del male. Il giardino degli Hoss e la loro “vita perfetta” è metafora folgorante dell’egoismo umano, che conduce a trascurare le nefandezze e il male che ci sta intorno per concentrarci esclusivamente sul nostro tornaconto, che chiamiamo “sogno”, velandolo così di romanticismo. Un sogno che, privo di una forte presa di coscienza morale e civile, è la facciata dietro alla quale nascondere un edificio umano e sociale marcio fin dalle fondamenta.
Pubblico
10+L’orrore che si svolge al di là del muro è percepito attraverso fumo, esplosioni, l’odore di pelle bruciata
Giudizio Artistico
Opera anticonvenzionale, non punta ad intrattenere lo spettatore, ma a farlo pensare. Tutti gli strumenti del regista sono messi al servizio di quest’encomiabile intento, e lo servono con grande efficacia, in particolare fotografia e colonna sonora e montaggio. Con quest’ultimo si eccede talvolta in simbolismi superflui e un poco pretenziosi. Oscar 2024 come miglior film straniero
Cast & Crew
Christian Friedel
Sandra Hüller
Regia
Jonathan Glazer
Our Review
Un’opera spiazzante e necessaria. “La zona d’interesse” di Jonathan Glazer, candidato agli Oscar nella categoria del miglior film straniero e favoritissimo, alla vigilia, per la vittoria finale, è una cruda e anti-spettacolare denuncia verso “la banalità del male” (tema già analizzato nel film Hannah Arendt) . Fin dai primi istanti il film si caratterizza come opera anticonvenzionale: nei primi due minuti una cupamente ritmica musica su schermo nero avvisa lo spettatore che il film, più che guardato, va sentito, con l’udito e con la coscienza storica di ciò che si sta consumando a pochi passi più in là del curatissimo ed idilliaco giardino della signora Hoss. Se Rudolf è il perfetto lavoratore padre di famiglia, solerte esecutore dei più efferati crimini contro l’umanità in nome del dovere, sua moglie Hedwig Hoss (una brillantissima Sandra Huller, che quest’anno è agli Oscar anche con l’acclamatissimo “Anatomia d’una caduta”) è la vera regina (lei stessa si definisce “Regina di Auschwitz con agghiacciante leggerezza) di quel fatato microcosmo che, come una favola, separa l’allegra famiglia dagli orrori dell’Olocausto. Il film è una serie di quadretti in cui la famiglia Hoss, accompagnata saltuariamente da altri residenti tedeschi della zona limitrofa, conduce una vita serena e beata, tra bagni in piscina, gite in canoa e passeggiate a cavallo, in mezzo alla natura. Ma il male, terribile e assordante, anche se mai mostrato pienamente, fa costantemente capolino dietro le quinte, a ricordarci, come quei due minuti iniziali, che qualcosa non va: non si vede, ma lo sentiamo. Glazer cuce intorno alla famiglia Hoss un’atmosfera straniante, perfettamente calzante, che allontana l’empatia dello spettatore dai personaggi per concentrare la sua attenzione sul contesto. Così, tutto quel male dietro le quinte viene alla luce, in primo piano, mostrandosi in tutto il suo orrore, ulteriormente risaltato dal contrappunto con la serena vita degli Hoss. A quest’atmosfera straniante concorrono vari espedienti tecnici, ma in particolare la fotografia, la colonna sonora e il montaggio. L’uso del grandangolo, scelta di per sé straniante, è qui particolarmente azzeccata, perché permette di mostrare, grazie all’ampiezza del campo visivo, tutto ciò che “non andrebbe visto” aldilà del muro: così, ad esempio, nell’inquadratura coesistono i fiori di Hedwig e le torri del campo, da cui esce costantemente un lugubre fumo. Altrettanto onnipresente è la colonna sonora, che introduce nell’armoniosa vita degli Hoss rumori estranei ed inquietanti (per gli spettatori, mentre non sembrano disturbare più di tanto la famiglia) provenienti dal campo: passi, grida, perfino spari. Allo stesso modo agisce il montaggio, inserendo elementi di rottura che però troppo spesso sfociano nel simbolico, denunciando un intento didascalico superfluo, dato che era ampiamente e meravigliosamente già raggiunto con i mezzi più realistici (fotografia e colonna sonora). A mero titolo esemplificativo di questi simbolismi superflui, cito una sequenza in cui dalla ripresa di una rosa si passa ad uno schermo totalmente rosso. Escludendo quindi qualche vezzo di troppo, il film è una denuncia potentissima del volto pulito del male. Proprio perché emerge dal non visto, da ciò che sta sullo sfondo, richiedendo allo spettatore di partecipare attivamente alla costruzione del senso di ciò che vede, questa denuncia si radica fortemente nell’anima di noi che guardiamo, lasciando nelle nostre scarpe (prendendo in prestito una celebre espressione di Lars Von Trier) più di qualche “sassolino” con cui fare i conti, nel segreto della propria coscienza, una volta rientrati a casa, nei “nostri” orticelli.
Autore: Nicolò Pedemonti
Details of Movie
Etichetta | |
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Paese | Polonia U.K. |
Titolo Originale | The Zone of Interest |
Tematiche-dettaglio | Campi di concentramento Nazismo |
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