TILL – IL CORAGGIO DI UNA MADRE
La storia vera di Mamie Till-Mobley e di come ha combattuto per ricercare la verità sulla barbara uccisione del figlio quattordicenne, Emmett Till. Uno spaccato, drammatico, del razzismo imperante nello stato del Mississippi (USA) a metà degli anni ’50, dell’indifferenza generale a riguardo di una piaga che ha segnato gli Stati Uniti per decenni e di come, grazie alla forza di una sola donna, si è potuta approvare una legge solo nel 2022. Su Amazon Prime e Google Play
Agosto 1955: il simpatico ed esuberante quattordicenne afroamericano Emmett Till, figlio unico di Mamie Till, va in visita al resto della sua famiglia nel Mississippi per trascorrere del tempo con i suoi cugini. Non essendo abituato alla situazione di pressione con cui vivono gli afroamericani in quello stato, commette la leggerezza di rivolgere la parola ad una ragazza bianca. A causa di questo insignificante episodio, nel cuore della notte, è prelevato da un gruppo di uomini che lo massacra e lo uccide barbaramente. Il suo corpo sarà ritrovato dopo qualche giorno nel letto del fiume Tallahatchie. Da quel momento la madre, Mamie Till, che si farà fotografare accanto al corpo massacrato del figlio, cerca giustizia per il figlio crudelmente ucciso.
Valori Educativi
Il coraggio nel testimoniare la verità. L’invito a non essere indifferenti al male altrui
Pubblico
10+Anche se non si vedono i particolari del volto massacrato del ragazzo, potrebbe impressionare la crudeltà che, volutamente, il regista mostra in modo diretto.
Giudizio Artistico
Il film è particolarmente lento nella narrazione e nelle scene. La colonna sonora aiuta a cogliere il dramma rappresentato.
Cast & Crew
Regia
Chinonye Chukwu
Sceneggiatura
Chinonye Chukwu
Michael Reilly
Keith Beauchamp
Our Review
Cosa è il razzismo? In che modo ha segnato la storia degli Stati Uniti? A queste domande risponde il film Till – Il coraggio di una madre dedicato alla memoria e al lascito della Signora Mamie Till-Mobley, protagonista principale della pellicola.
Siamo nel 1955 e un ragazzino, Emmett, in visita ai parenti nel Mississippi, dopo che si era trasferito da piccolo con la madre a Chicago (per evitargli quanto subivano gli afroamericani nel Stati del Sud), viene linciato a morte perché rivolge la parola ad una ragazza bianca. Inoltre, il film racconta anche del processo-farsa imbastito al fine di evitare la galera ai carnefici e oltraggiare ulteriormente la memoria di un ragazzino colpevole solo di avere la pelle scura.
Certamente non è facile capire la sofferenza raccontata da altri e non vissuta sulla propria pelle: questo l’obiettivo del regista. Ed è questo che spiega l’apparente lentezza dello scorrere della trama che, in qualche modo, vuole aiutare lo spettatore a ben focalizzare l’assurdità dell’odio messo in campo da uomini che si comportano come animali impazziti ed interiorizzare il messaggio del film.
Il film prova a far comprendere la paura che guidava le scelte dei poveri malcapitati costretti a dure giornate di lavoro, in una società che li tratta come degli appestati: significative, al riguardo, le scene in cui tutti entrano in tribunale (e dove solo agli afroamericani sono perquisiti) e quella successiva in cui, con grande sprezzo, lo sceriffo (un tutore della legge) si rivolge loro con l’appellativo: «Buongiorno negri».
E sono altre due le scene del film che aiutano, in qualche modo, a comprendere il senso di tutto.
La prima è quella in cui la madre del ragazzo incontra lo zio che, in preda alla paura, non era stato in grado di difendere il figlio evitando che fosse portato via in piena notte: «Non c’erano solo due uomini bianchi con un’arma quella notte, c’era ogni bianco che preferirebbe vedere un negro morto piuttosto che respirare la stessa aria; ogni sceriffo, ogni giudice di questa città era alla mia porta: stavo affrontando molto più che due uomini con un’arma…». Al gesto di vigliaccheria (causato dalla paura) seguirà, poi, il coraggio di andare a testimoniare nella consapevolezza che «nessun negro al mondo ha mai parlato contro un bianco ed è rimasto vivo».
E poi le parole della madre di Emmett: «Quando capitava qualcosa ad un negro al Sud dicevo: “beh, sono affari loro, non miei!”. Adesso so quanto mi sbagliavo! Il linciaggio di mio figlio mi ha dimostrato che quanto capita a chiunque di noi, in qualunque posto del mondo, è meglio che siano affari di tutti noi».
Il film, in se, sembra lasciare l’amaro in bocca per il modo in cui finisce ma è nei titoli di coda – che nessuno è invitato a perdersi – che si comprende l’importanza di quanto è stata capace di fare questa donna con il suo coraggio e il suo esempio. Il coraggio di farsi fotografare assieme al corpo martoriato del figlio oltre all’essere presente al processo a rischio della propria vita sono stati un segnale forte per gridare a tutta l’America la brutalità della violenza razziale negli stati del sud. Tenendo in conto, infine, che solo nel 2022 la legge contro il linciaggio è stata convertita in legge: ben 67 anni dopo l’omicidio di Emmett.
Autore: Enzo Vitale
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