RICETTE D’AMORE
Cosa può accadere quando la vita (o il Destino o qualcun Altro, forse…) decide di sconvolgere un’esistenza in apparenza perfettamente organizzata e autosufficiente?
Sandra Nettelbeck
Sandra Nettelbeck
Valori Educativi
La sicurezza di una vita perfettamente organizzata e dedita ad una sterile perfezione sul lavoro si infrange di fronte alla bellezza del prendersi cura degli altri
Pubblico
10+Per la tematica di una bambina abbandonata dal padre
Giudizio Artistico
Ottima interpretazione dei due protagonisti, bellezza delle immagini, qualche discontinuità nel racconto
Cast & Crew
Regia
Sandra Nettelbeck
Sceneggiatura
Sandra Nettelbeck
Our Review
Se non altro bisogna fare i conti con il fatto che ordine, controllo e distacco non sono forse una garanzia di felicità né l’unico modo di vivere la propria vita.
È una riflessione che è costretta a fare Martha, la migliore cuoca di una fredda cittadina della Germania settentrionale; è la regina incontrastata della sua cucina superattrezzata e sempre impeccabile, artista di talento nel preparare manicaretti squisiti e bellissimi non solo per i clienti del ristorante, ma anche per i propri pasti solitari; sono proprio questi momenti, in cui domina l’autocompiacimento piuttosto che un sano piacere per il proprio lavoro e il mangiare, i primi indizi di un disagio destinato ad esplodere nel seguito della storia.
C’è poi un altro fatto quanto meno da considerare: Martha è stata obbligata a frequentare ripetute (quanto inutili) sedute dallo psichiatra per conservare il posto. La sua principale, infatti, non tollera che la sua permalosa dipendente insulti i clienti insoddisfatti accusandoli di totale incompetenza se si permettono di criticare uno dei suoi piatti. Le sedute, tuttavia, finiscono per diventare un palcoscenico in cui Martha esibisce la sua arte, soggiogando l’interlocutore con la sua disinvolta e naturale autorevolezza e finendo per capovolgere il rapporto medico-paziente.
Molto più efficace, anche se dolorosa, si dimostra la terapia d’urto imposta dagli eventi: la sorella di Martha muore lasciando la piccola Lina, frutto della relazione con un italiano, un uomo di cui poco o nulla si sa, ma che la bambina vede come sua unica speranza.
La nuova routine imposta dalla convivenza è dura per entrambe (orari diversi e difficili da rispettare, abitudini da imparare, la sofferenza nascosta da entrambe per pudore o paura), ma le cose si complicano ancora di più quando il regno di Martha, la cucina, viene “invaso” da Giuseppe, un cuoco italiano (interpretato da un ottimo Castellitto) assunto per coprire le assenze della titolare.
Il contrasto tra i due non potrebbe essere più stridente ma permette alla regista di sfruttare al meglio le risorse visive collegate al cibo e all’arte culinaria.
Da un lato Martha e il suo tentativo disperato (e destinato al fallimento) di tenere la “sua” cucina sotto controllo mentre bada alla nipote (la quale, tuttavia, rifiuta il cibo e, al contrario degli ingredienti dei manicaretti, è restia a farsi “inquadrare” in una ricetta collaudata); dall’altra il geniale disordine di Giuseppe, che prima provoca la gelosia furiosa di Martha e poi, lentamente, fa breccia nelle difese della donna e della bambina, con costanza, buon senso e disarmante disponibilità.
Questa storia, ben raccontata e recitata, ottimamente illustrata dalle immagini del film (che arrivano, nella loro grazia e bellezza, a far quasi sentire l’odore e il sapore dei piatti prelibati) ha tutta la semplicità e l’efficacia dei racconti esemplari.
Pur con qualche sbavatura e discontinuità (come la presenza di un personaggio – il vicino di casa di Martha, divorziato con figli pieno di disponibilità – che risulta alla fine una falsa pista di cui non cogliamo lo scopo) si tratta di una pellicola che, senza avere l’ambizione di fare grandi discorsi esistenziali, suggerisce spunti e approfondimenti interessanti ed autentici.
Perché riesce a dirci, con la metafora del cibo e dell’arte di prepararlo, che la vita non è fatta per essere chiusa nella fredda perfezione di una ricetta, soprattutto se essa non è seguita con l’occhio a chi dovrà assaporarne il risultato, ma piuttosto come occasione di conferma della propria bravura.
D’altra parte non si tratta nemmeno della glorificazione di un totale abbandono all’improvvisazione e al disordine: anche il più geniale improvvisatore, infatti, ha bisogno di autodisciplina e dedizione (che è amore per il proprio lavoro e attenzione per quelli che ci circondano), ingredienti anch’essi che permettono di giungere a risultati di meravigliosa bellezza – e bontà-, capaci di conquistare il sorriso di un’orfana e di abbattere le difese di una donna apparentemente irascibile (anche se poi Martha, vedendo la sua cucina ridotta ad un campo di battaglia da Giuseppe, si sente venire meno).
Ma allora il messaggio più profondo di questo racconto è forse che solo il dolore (quello della perdita, ma anche quello nasce dalla scoperta della propria inadeguatezza e fragilità), oppure una gioia imprevista e gratuita (quella che Martha prova nel tentativo frustrante eppure meraviglioso di prendersi cura di Lina così come nello scoprire in Giuseppe non un rivale pronto a rubarle il posto, ma un ammiratore tenace e, infine, il compagno per la vita), possono scuoterci da quella sottile atarassia indurita dall’abitudine che troppo spesso si è pronti a scambiare per felicità.
Per gentile concessione di Studi Cattolici
Autore: Luisa Cotta Ramosino
Details of Movie
Titolo Originale | Drei Sterne |
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Paese | Austria/Germania/Italia/Svizzera |
Etichetta | FamilyOro |
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