MARIE ANTOINETTE

La quattordicenne Maria Antonietta D’Austria viene data in sposa al giovane delfino di Francia, Luigi XVI. Piegandosi alla ragion di Stato, la giovane cerca in tutti i modi di adattarsi a una corte che non la ama e alle difficoltà di un matrimonio che tarda ad essere consumato. Esasperata dal rigido protocollo di Versailles, Maria Antonietta combatte la solitudine e la noia con il lusso, i divertimenti, la passione. Intanto, fuori dalla reggia, la Francia sta cambiando. Ma la giovane regina se ne accorgerà troppo tardi…

Le adolescenti della Coppola si consumano nella solitudine e nell’impalpabile malinconia di chi non sa che fare della propria libertà, né della propria vita, vissuta in un perenne esilio dalla realtà


Valori Educativi



Le adolescenti della Coppola si consumano nella solitudine e nell’impalpabile malinconia di chi non sa che fare della propria libertà, né della propria vita, vissuta in un perenne esilio dalla realtà.

Pubblico

14+

una scena sensuale, qualche accenno di nudo

Giudizio Artistico



In mancanza di un vero contenuto, è inevitabile che la forma prenda il sopravvento. La regista punta tutto sulla bellezza delle immagini, la suggestione delle atmosfere, l’eleganza dei passaggi registici, dai favolosi costumi, dalla consistenza pittorica della messa in scena

Cast & Crew

Our Review

C’era molta attesa tra il pubblico, e soprattutto tra i critici, per l’ultima prova di Sofia Coppola, figlia del celebre  Francis Ford e giovane promessa della Hollywood smart. Dopo due raffinati film “di interni” come Il giardino delle vergini suicide e Lost in Translation, che hanno messo in luce le sue innegabili doti registiche, ecco per Sofia l’occasione di cimentarsi  con un personaggio della Storia con la S maiuscola. E come una lente di ingrandimento, il budget da grande produzione ingigantisce i pregi e i difetti del personalissimo stile della Coppola, una miscela di eleganza, estetismo e rarefazione narrativa. Un cinema per palati fini, ricco di suggestioni soprattutto visive, che tuttavia sembra nascondere, sotto la sua vocazione elitaria, alcune importanti debolezze strutturali. 

Al centro la storia di Maria Antonietta, regina di Francia finita sulla ghigliottina e travolta dall’incalzare della Storia, insieme a ogni residuo dell’ancien régime. La vicenda della giovanissima principessa austriaca, andata in sposa a un altrettanto giovane (e molto sprovveduto) Luigi XVI, è oggetto di una rilettura personalissima, la cui parzialità è subito dichiarata da una irriverente confezione “pop”, volutamente antistorica e anti-filologica. Ma il pop – che per la verità si limita a una colonna sonora dalle tinte punk e al rosa shocking dei titoli di testa – e dunque l’assimilazione di Maria Antonietta alle adolescenti di tutte le epoche, non fornisce fino in fondo la chiave di lettura del film, una chiave di lettura che continua a sfuggire.

Se le musiche, da una parte, avrebbero potuto rappresentare un interessante espediente per accedere in modo più diretto ed emotivo all’interiorità del personaggio, in fin dei conti a rimanere imperscrutabile è proprio l’animo di Marie Antoinette. E così restano solo accennati, ma non veramente indagati, i suoi sentimenti più profondi, i moti interiori che hanno caratterizzato la sua evoluzione da adolescente prima intimidita, poi annoiata, a madre e donna, una donna che solo nel finale diventa finalmente consapevole delle proprie responsabilità, e nel contempo, della propria tragica inadeguatezza di fronte all’incedere della Storia.

Kirsten Dunst è molto brava a regalare alla sua Marie Antoinette sfumature sempre diverse di innocenza, ironia, malinconia, a seconda delle varie fasi della vita a Versailles: ma la pur ottima interpretazione della Dunst non può supplire alle mancanze di una sceneggiatura che pecca nell’affidare troppe cose all’intuizione e alla sensibilità dello spettatore, finendo invece per tagliarlo fuori. È come se i passaggi di questa particolare “storia di formazione” rimanessero intrappolati nelle intenzioni dell’autrice. O forse è proprio questo l’effetto ricercato.

e guardiamo alle altre adolescenti ritratte dalla Coppola, dalla stessa Kirsten Dunst de Il Giardino delle Vergini suicide, alla studentessa indecisa sul proprio futuro interpretata da Scarlett Johansson in Lost in Tranlsation, ecco che emerge un evidente filo rosso: l’impossibilità di entrare nel cuore di queste ragazze, l’impossibilità di capire fino in fondo le motivazioni delle loro scelte. Perché si uccidono le cinque sorelle Lisbon? Che cosa sussurra Scarlett Johansson all’orecchio di Bill Murray, nell’inquadratura finale di Lost in Translation? Perché Marie Antoinette tradisce il marito per un’avventura con un giovane ufficiale? E perché poi decide di restargli accanto nel momento più tragico, mostrando una nuova e dolente consapevolezza del proprio ruolo? È evidente, da parte della regista, una reticenza a svelare il “segreto” delle sue giovani protagoniste. Forse perché è impossibile definire il male di vivere, è impossibile definire la noia, vera grande protagonista a Versailles, motore di molte azioni di Maria Antonietta, almeno dopo l’esaurirsi del suo primo e unico obiettivo (dare un erede al marito).

Le adolescenti della Coppola si consumano nella solitudine e nell’impalpabile malinconia di chi non sa che fare della propria libertà, né della propria vita, vissuta in un perenne esilio dalla realtà. Che sia la reggia di Versailles, o una linda cittadina della provincia americana, o ancora lo spazio neutro di un albergo, il mondo è sempre rappresentato come una gabbia fatta di convenzioni sciocche, che nasconde dentro di sé soltanto un vuoto profondo.

Sofia Coppola, in questo interessante interprete del nostro tempo, prova a raccontarci questo vuoto, che, sebbene rivestito di crinoline e lusso, rimane sempre, inesorabilmente, vuoto. Sarà per questo che, alla lunga, il film risulta noioso e ripetitivo come i rituali di Versailles: e noi, come Marie Antoinette, se all’inizio siamo affascinati e intimoriti da tanta magnificenza, a poco a poco, proprio come lei, ad essa ci abituiamo, e finiamo per annoiarci… finché la Storia non arriva a lambire il balcone della reggia, costringendoci a guardarla in faccia.  

In mancanza di un vero contenuto, è inevitabile che la forma prenda il sopravvento. In Marie Antoinette si ripresenta al massimo grado la tentazione estetizzante tipica del cinema della Coppola. La regista punta tutto sulla bellezza delle immagini, la suggestione delle atmosfere, l’eleganza dei passaggi registici, qui amplificata dalla straordinaria cornice visiva della reggia di Versailles, dai favolosi costumi, dalla consistenza pittorica della messa in scena (che nelle inquadrature “sospese”, immobili e perfette come quadri, ricorda molto Barry Lindon di Kubrick).

Ma tanta sovrabbondanza estetica non dà la risposta all’unica vera domanda che ci ha spinto ad andare al cinema: chi era Marie Antoinette?

Autore: Chiara Toffoletto

Details of Movie

Titolo Originale MARIE ANTOINETTE
Paese USA
Etichetta
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