L’UFFICIALE E LA SPIA

2019126 min14+  

Nel gennaio del 1895, nella corte d’onore della Scuola militare di Parigi, di fronte a tutti gli allievi schierati, il capitano Alfred Dreyfus di origine ebrea, condannato all’ergastolo per esser stato accusato di esser stato un informatore dell’esercito tedesco, viene sottoposto all’umiliante cerimonia della degradazione e poi confinato sull’isola del Diavolo della Guyana francese. Un mese dopo il colonnello George Picquart viene nominato capo dello spionaggio militare. Nel suo nuovo incarico scopre che il flusso di informazioni riservate verso i tedeschi non è cessato e si accorge che il nuovo sospettato, il maggiore Esterhazy, ha una calligrafia identica a quella con cui è stato redatto quel borderò che costituì la motivazione principale dell’arresto di Dreyfus. Il colonnello si affretta a informare i suoi superiori ma tutti lo invitano a non dare seguito alle indagini…

Il caso Dreyfus, l’ufficiale ebreo che fu ingiustamente accusato di spionaggio e che scosse la Francia a fine ‘800, è noto a tutti. Il film di Polànky ricostruisce con passione e precisione gli avvenimenti, mostrando che il pregiudizio e l’intolleranza posso essere sempre in agguato


Valori Educativi



Il colonello Picquart ed Emile Zola dimostrano di avere il coraggio di lottare per dei principi che ritengono assoluti come la giustizia, rischiando in proprio e finendo anche in prigione

Pubblico

14+

Presenza di una relazione extraconiugale

Giudizio Artistico



La qualità eccezionale del film è dovuta alla ricostruzione rigorosa, nelle ambientazioni e nei costumi, della Parigi di fine ‘800, alla sapiente regia di Polànsky che riesce ad appassionare lo spettatore immergendolo in una vicenda di pregiudizi e di intolleranza ancora attuali. Nella bravura degli attori a partire da Jean Dujardin

Cast & Crew

Our Review

La ricostruzione delle strade, degli interni dei palazzi della Parigi di fine ‘800, è semplicemente impeccabile. I costumi femminili, le divise, i volti maschili con molti baffi e molte barbe, sono ricostruiti con cura meticolosa. Manca il commento musicale, se non per brevi tratti durante il passaggio da una scena all’altra, manca un subplot romantico (tipico espediente per alleggerire i film ricavati dalla storia, a parte qualche fugace cenno alla relazione di Picquart con una donna sposata): tutto insomma concorre a far sì che lo spettatore resti concentrato su un solo tema: le peripezie giudiziarie del caso Dreyfus, che agitò la coscienza della Francia di quel tempo e che in prospettiva, getta una luce profetica sul giorno d’oggi. La bravura di Roman Polànski sta proprio nel ricostruire con rigore i fatti accaduti e nel farlo in un modo che lo spettatore non riesca a distrarsi un secondo dallo schermo: le ragioni frettolose e pregiudiziali della condanna di Dreyfus, le indagini del colonello Picquart per accertare la verità e che comportarono il suo arresto ma anche le reazioni dell’ala più radicale del paese che culminarono con il J’accuse!, la lettera dello srittore Emil Zola indirizzata al Presidente della Repubblica, apparso sul giornale L’Aurore, diretto da Georges Clemanceau..
Polànsky evita il rischio di semplificare la narrazione, contrapponendo i buonissimi che combattono per la giustizia e i cattivissimi che vi si oppongono. Il tema dibattuto è più complesso, perché tutti i protagonisti, da qualunque parte si trovino, sono convinti che la giustizia sia un bene ma il punto sta nel definire se essa sia un valore assoluto o relativo (tema molto vicino a quello dibattuto ai tempi nostri, se la vita sia un bene assoluto o relativo alla felicità attesa). E’significativo il dialogo fra il maggiore Henry e Picquart: “voi mi ordinate di uccidere un uomo? Io lo faccio. Mi dite che è stato un errore? Mi spiace ma non è colpa mia. Questo è l’Esercito”. Picquart è pronto a ribattere: “questo sarà il suo Esercito ma non il mio”. Il tema sul tappeto va quindi al di là della pura correttezza investigativa per scoprire se le prove addotte per la condanna siano vere o false ma se l’onore di un’istituzione come l’Esercito sia un valore comunque superiore all’onore di un uomo, tanto più se questi è un ebreo. La risposta di Picquart è iluminante: l’onore dell’Esercito sussiste solo se viene rispettato quello dei suoi singoli componenti. In questo senso il caso Dreyfus non ha sapore di stantio ma conserva l’odore acro di un tema sempre attuale, quello del pregiudizio verso ciò o chi non si conosce. In varie scene (durante la cerimonia della degradazione di Dreyfus, all’ingresso del tribunale per il processo, Polansky non manca di mettere in scena una folla fanatica che urla contro Dreyfus perché ha già emesso la sua condanna: è un’ebreo, un’estraneo al loro tessuto sociale e solo da lui ci si poteva aspettare un tradimento simile. In un’altra sequenza Polansky sembra direttamente alludere alla situazione attuale, quando fa dire a un ufficiale che ormai Parigi si è riempita di stranieri e che non ci si può più fidare di nessuno.
Questo film mette in evidenza un’altra verità universale: quando il mondo riesce a fare passi avanti nella direzione di una maggiore giustizia, di una maggiore rispetto nei confronti della dignità di qualsiasi uomo, non è sufficiente che ogni singola persona (ipotesi già di per se difficile), nel suo piccolo faccia il suo dovere: il mondo avanza solo quando c’è qualcuno disposto a sacrificare se stesso per dei principi universali e a dare l’esempio per tutti. Nel caso Dreyfus è il colonello Picquart che sacrifica anni della sua vita, va anche in prigione per far liberare un innocente ed Emile Zola che dice con coraggio ciò in cui crede e viene condannato a un anno di prigione.

Autore: Franco Olearo

Details of Movie

Titolo Originale J'accuse
Paese Franca Italia
Etichetta
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