YOUNG ADULT

Una donna sui quarant’anni, incapace di sviluppare relazioni umane, torna al suo paese di origine, convinta di poter rinnovare l’ amore vissuto  ai tempi del liceo. Una triste storia sull’incapacità di maturare sulle proprie esperienze.
 


Valori Educativi



Pubblico

18+

Una scena di incontro sessuale, linguaggio esplicito con riferimenti sessuali

Giudizio Artistico



Cast & Crew

Our Review

L’adolescenza è il tempo di tutti i futuri possibili: noi ci limitiamo ad assaporare ora l’una ora l’altra delle pietanze presenti sulla tavola imbandita delle nostre possibili vite, rinviandone continuamente la scelta. Nella maturità  viviamo intensamente quell’unica  vita che abbiamo scelto e perdiamo ogni interesse a  guardarci dietro le spalle, perché la responsabilità concreta del  presente rende sfumato e fragile il ricordo di quel tempo dove sperimentavano il nostro  possibile. 

Sembra  essere questo è lo schema di cui hanno fatto tesoro  gli antichi compagni di liceo di Mercury, piccola città di provincia del Minnesota e se ora da adulti, hanno quasi tutti raggiunto il traguardo della maturità, non si può dire lo stesso di Mavis Gary.

Troppo bella e intraprendente per vivere in provincia, aveva scelto di cercare successo a Minneapolis. Ora a quasi quarant’anni  si trova a vivere sola nel monolocale di un omonimo grattacielo, ha un lavoro precario come ghostwriter, un divorzio alle spalle e se qualche uomo  passa per il suo letto, già la mattina non è in grado di lasciare una traccia più intensa di quella sbronza serale a cui  lei non sa mai rinunciare.

Young Adult,  scritto da Diablo Cody (Juno,, Jennifer’s Body)  e diretto da Jason Reitman (Thank You For Smoking, Juno, Tra le nuvole),esperti entrambi in adolescenze incerte e sbandate, non è propriamente  un film sull’adolescenza e la maturità anche se il tema è chiaramente di sottofondo, né l’ennesima rivisitazione, così cara alla cinematografia americana, della contrapposizione fra la  vita semplice e onesta della provincia e quella  competitiva  e spietata della metropoli.  E’ piuttosto l’analisi  di un modo di essere,  di quell’atteggiamento mentale,  che può  diventare una vera e propria patologia, che consiste nel chiudere interamente in se stessi il proprio campo visivo; nell’incapacità  di rapportarsi con gli altri, visti solo come aiuti o come ostacoli alle proprie ambizioni.  Il rapporto con la realtà risulta così alterato o meglio le  immaginazioni  finiscono  per avere la stessa consistenza della realtà e in questo senso si resta perennemente rinchiusi in una eterna adolescenza perché ogni mattina ci si può svegliare con un nuovo desiderio e cercare di realizzarlo.

E’ ciò che decide di fare Mavis: una mattina sale in macchina per tornare a Mercury, convinta che riuscirà a riconquistare con il suo fascino immutato Buddy, il  ragazzo con cui ha avuto una intensa storia d’amore ai tempi del liceo, incurante del fatto che è ormai sposato e che da poco ha avuto una bambina.

Charlize Theron presta corpo ma soprattutto anima a questo personaggio così curato nei dettagli e così realisticamente sgradevole da indurre il sospetto che sia per lei che per Cody ci siano nel film tracce autobiografiche. Molte sequenze sono dedicate a  mostrare il  gesto nervoso di toccarsi i capelli per strappare quelli ormai imbiancati, le lunghe ore  passate dalla manicure o davanti allo specchio a rifarsi il trucco, rivelatrici del  sospetto  che la magia del fascino di un tempo si sia incrinato.

Il film ci porta ad avere reazioni  contrastanti: si ammira la grande performance  di Charlize, per il modo con cui dà vita a un personaggio  così perennemente acido e opaco alle esigenze degli altri e anche l’ottima sceneggiatura di Diablo Cody che ha ben caratterizzato tutti i protagonisti.
Al contempo il film è troppo cattivo per ispirarci un paradigma di verità.

Non si tratta solo dell’eccessiva insensibilità di Mavis (l’incontro con i genitori è per lei  uno sgradevole ritorno al passato, un modo per ricordare il fallimento del suo matrimonio), perché anche la tranquilla   Mercury rivela un insospettato passato di violenza (alcuni ragazzi avevano bastonato un compagno di scuola fino a renderlo storpio): un episodio che viene raccontato come  appartenente alla inevitabile realtà della vita di provincia.

Inoltre non c’è evoluzione in Mavis, che non fa mai tesoro delle proprie esperienze: alla fine ritorna a Minneapolis non certo perché prende atto dei suoi insuccessi ma perché è tornata a pensare che fu giusta la decisione presa anni prima di abbandonare la noiosa e statica provincia. E’ l’eterno messaggio della favola di Esopo perché se la realtà è diversa da come ci piacerebbe, sicuramente l’uva non è ancora matura  e non resta che iniziare ciclicammente daccapo: domani è un altro giorno.

E’ questa la lezione più triste del film.

 

Autore: Franco Olearo

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