X-Men – Il film nelle recensioni di Claudio Siniscalchi e Luisa Cotta Ramosino è un riuscitissimo prequel del franchise Marvel dedicato ai Mutanti. La pellicola è estremamente godibile nonostante la sua lunghezza ed ha come nocciolo tematico la riflessione sull’identità dei Mutanti e il senso di responsabilità nei confronti dei “semplici” umani
In un’epoca antica, in cui gli dei vivono sulla terra governando gli uomini (da cui si distinguono per la maggiore statura e gli straordinari poteri, oltre che per la longevità), dopo il pacifico regno di Osiride, in Egitto sta per essere incoronato suo successore il valente Horus, signore dell’aria. Seth, però, signore del deserto, ha altri piani e, dopo aver assassinato il fratello Osiride, priva Horus dei suoi occhi e dei suoi poteri e stabilisce sul paese un governo crudele. Sarà Beck, un giovane ladro spinto dall’amore per la dolce Zaya, a sconvolgere i terribili piani di Seth e ad aiutare Horus a riprendere il suo posto salvando il mondo dalla distruzione.
Ella cresce amata da sua madre e da suo padre, anche se quest’ultimo, che esercita il mestiere di mercante, deve assentarsi per lunghi periodi. La madre muore presto e il padre si sposa nuovamente con una vedova che viene ad abitare in casa loro con le sue due figlie. Durante un viaggio muore anche il padre e Ella si ritrova in balia delle tre donne che la isolano da loro, relegandola al ruolo di serva e chiamandola con l’appellativo di Cenerentola, perché ha il volto sempre sporco di fuliggine. Ella non serba loro rancore, ubbidiente alla madre che le aveva chiesto di essere sempre gentile e coraggiosa. Un giorno, cavalcando per i boschi, incontra un giovane che si qualifica come apprendista di corte ma il realtà è il principe ereditario. Fra i due nasce subito un’intesa e quando tutte le ragazze del reame sono invitate a un ballo di corte, Cenerentola spera di poterlo incontrare di nuovo.Le sue speranze restano deluse perché la matrigna le impedisce di uscire…
La trama segue abbastanza fedelmente il film originale del '33: New York vive ancora in pieno gli effetti della Grande Depressione e Ann Darrow (Naomi Watts), interprete di vaudeville, si trova da un giorno all'altro senza una scrittura. Incontra casualmente Carl Denham (Jack Black), regista visionario e non può non accettare il progetto un po' folle di salire sulla nave da lui noleggiata per raggiungere il sud di Sumatra dove ritiene esista un'isola abitata da animali preistorici. Durante il viaggio Ann conosce lo sceneggiatore Jack Driscoll (Adrien Brody) di cui è grande ammiratrice e i due non tardano ad innamorarsi, quando all'orizzonte compare fra le nebbie un'isola non segnata dalle carte....
Harry, Ron ed Ermione sono alla ricerca degli horcrux dove sono nascosti I pezzi dell’anima di Voldemort per distruggerlo. La loro ricerca si conclude proprio nel castello di Hogwarts, dove i futuri maghi studiano ora sotto il controllo di Piton e dei Mangiamorte. L’arrivo di Harry scompiglia le carte e risveglia la resistenza, ma l’ultima battaglia si avvicina e per salvare il mondo e i suoi amici il giovane mago dovrà compiere un sacrificio…
Artemis Fowl è un ragazzo irlandese di 12 anni dalle doti eccezionali, sempre il primo della classe, figlio di un agiato commerciante d’arte. Questa sua superiorità intellettuale lo ha portato a non avere amici ma a lui piace stare soprattutto con il padre, con il quale condivide una passione: i racconti di fate, elfi, goblin di cui è ricco il folklore irlandese. Ma il padre si assenta spesso verso destini misteriosi, lasciandolo in custodia alla sua fidata guardia del corpo, Domovoi Leale. Un giorno Artemis riceve la telefonata di un essere misterioso: lo avvisa che suo padre è stato rapito e verrà liberato solo se in cambio lui riuscirà a consegnare Aculos. Data la situazione eccezionale che si è creata, Domovoi apre lo studio del padre perché il ragazzo possa cercare ciò che è stato richiesto. Artemis scopre così che fate ed elfi esistono realmente, e vivono nel cuore della Terra in una città tecnologicamente evoluta chiamata Cantuccio, capitale del Regno Fatato. E’ da qui che è stato rubato Aculos, un artefatto di grande potere per chi riuscirà a impossessarsene. Anche Tubero, il comandante degli elfi, lo sta cercando così come la fata Spinella Tappo, che ha perso il padre proprio nella ricerca di Aculos…
Il colonnello della Wermacht Claus von Stauffenberg, di nobile famiglia e cattolico bavarese, è convinto che Hitler vada fermato. Si unisce a un gruppo di cospiratori militari ma anche politici che stanno cercano di riportare la democrazia in Germania. Dopo che il colonnello riesce a far esplodere una bomba nella sala riunioni dove si trova anche Hitler, l'operazione Valchiria sembra all'inizio avere successo ma realtà Hitler è rimasto illeso...
“X-Men – L’inizio” diretto Matthew Vaughn, quinto episodio della fortunata serie cinematografica, dimostra come il fumetto rappresenta una vena pressoché inesauribile per il cinema contemporaneo americano. Quando finirà questa serie? Quando la barra degli incassi penderà verso il basso. Se ciò non accadrà, più o meno ogni ventiquattro mesi verrà sfornata una nuova puntata, focalizzata sul prima, sul durante e sul dopo la vita del gruppo di mutanti con poteri straordinari, in perenne lotta per far trionfare il bene sul male. In “X-Men le origini: Wolverine” veniva spiegato come all’eroe spuntarono gli artigli. Adesso in “X-Men – L’inizio” Wolverine (interpretato dall’attore Hug Jackman) appare pochi secondi. Sta bevendo al bar e rifiuta di unirsi alla compagnia. Lo rivedremo in futuro. Stavolta apprendiamo come il Professor X e Magneto, in gioventù erano Xavier e Erik. Amici inseparabili, hanno prestato servizio per la CIA, nella missione di reclutamento e costituzione di una compagnia di mutanti. Xavier incarna la faccia dell’integrazione umana del mutante; Erik la diffidenza, poiché convinto che gli uomini li considereranno una risorsa in caso di necessità, e poi un pericolo. La quasi totalità dell’intreccio narrativo serve per inseguire il cattivo Sebastian Shaw (Kevin Bacon), prima ripreso in apertura in un campo di concentramento nazista intento a torturare prigionieri ebrei. La scena poi, con un bel salto di tempo, si sposta in Unione Sovietica. Sebastian adesso è impegnato a scatenare la terza guerra mondiale nel corso della crisi missilistica di Cuba. Quindi l’ambientazione visiva del film è tipica dell’età di Kennedy, gli anni Sessanta del secolo passato. Maniera astuta per attenuare lo scenario fantascientifico e aumentarlo di veridicità. Abbiamo così un film realistico di eroi al servizio di una buona causa (bloccare la distruzione del pianeta causata dalla scontro atomico, un fatto storico realmente accaduto, poiché la decisone di installare missili sovietici a Cuba e americani in Turchia, si arrestò ad un passo dalla catastrofe). Ma dietro la storia c’è la fantasia. Ecco allora che i destini dell’umanità sono retti dai mutanti, i soli in grado di dare un senso benefico agli eventi. Ormai il cinema hollywoodiano realizza film con uso infinito di effetti speciali (film predisposti per un pubblico globalizzato, pronto a recepirli innanzitutto sul grande schermo e, successivamente, nelle svariate modalità della fruizione), semplici e schematici, che almeno da un trentennio abbondante dominano l’immaginario collettivo. La storia dell’umanità è immancabilmente alla fine. Stanno per schiudersi le porte dell’apocalisse. L’Armageddon è prossima. Chi ci salverà? I mutanti, gli X-Men. La condizione di solitudine e disprezzo nel mutante era stata esplorata attraverso un sentiero complesso in “Blade Runner” (1982) di Ridley Scott. Gli eroi tragici di quel film crepuscolare e geniale, oscuro e notturno, piovoso e maestoso, per continuare a vivere
sullo schermo avevano bisogno di una semplificazione. I mutanti di “X-Men” sono appunto questo. Il laboratorio creativo della Marvel, marchio di culto per l’universo giovanile e perno dell’industria culturale, tra fumetto, giocattoli, videogiochi e cinema, è riuscito nel miracolo della semplificazione. Il primo film della serie “X-Men” venne diretto da uno dei più creativi talenti affermatisi nell’ultimo ventennio a Hollywood, il newyorkese Bryan Singer (classe 1965, autore de “I soliti sospetti”, “Superman Returns”, “Operazione Valchiria”, che in “X-Men – L’inizio” ritroviamo in veste di produttore), e si rivelò inaspettatamente un capolavoro di un nuovo genere ibrido, mescolanza di fantascienza e strisce di carta disegnate. Gli appuntamenti successivi, per cause di forza maggiore, hanno perso un po’ di smalto. Gli spettatori ideali della serie “X-Men” sono rappresentati, nella stragrande maggioranza, dalle giovani generazioni: adolescenti e ventenni. La “X-Men mania” è un misto di sogno, tecnologia, malinconia, videogiochi, eroismi, incertezza del presente e paura del futuro, trionfo della positività senza definitiva cancellazione della negatività. A molti interpreti questi film di successo appaiono come il logico risultato della decadenza, della perdita di ogni contatto con la realtà, della regressione della condizione umana adulta a quella infantile, del culto della violenza e del combattimento, della crisi di creatività artistica rimpiazzata dal ricorso a universi simbolici erroneamente ritenuti. Certo questa innegabile superficie la si ritrova anche in “X-Men – L’inizio”. Ma è solo la superficie di una galassia culturale molto più complessa. Se la serie di “X-Men” ha avuto un così ampio e stratificato successo vi sono anche altre ragioni. Un tempo gli eroi a Hollywood alla fine erano felici, gratificati del loro lavoro. La differenza tra gli eroi di ieri e quelli di oggi di “X-Men”, sta nella malinconia di quest’ultimi. Sono supereroi d’acciaio, indistruttibili, ma tutto sommato preferirebbero somigliare agli uomini e vivere con le loro debolezze.
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